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Enzo Bianchi "Il dialogo giusto tra ebrei e cristiani"

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La Repubblica - 17 gennaio 2022
per gentile concessione dell’autore.

Oggi è la giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei, istituita più di trent’anni fa, come occasione di dialogo tra queste due espressioni di fede, e di discernimento dell’antigiudaismo ancora presente nelle comunità cristiane e nella società.

Nonostante le chiese – e innanzitutto tra loro la chiesa cattolica – abbiano elaborato importanti testi dottrinali sull’identità del popolo di Israele quale popolo di Dio, e nonostante le ripetute condanne dell’antigiudaismo teologico di cui si sono nutriti per secoli i cristiani, resta ancora oggi una forma di “antigiudaismo” che talvolta emerge nella predicazione ecclesiastica. L’occasione viene quasi sempre offerta dalla lettura dei testi del Nuovo Testamento, dove sono testimoniate polemiche tra Gesù e appartenenti a movimenti e gruppi religiosi diversi.

Da sempre c’è stata la consapevolezza di una differenza tra cristiani ed ebrei, sebbene entrambi figli gemelli dell’ebraismo plurale e complesso del tempo dell’intertestamento: i movimenti spirituali dei farisei, dei sadducei, degli esseni, dei qumraniti, e altri, vivevano un grande fermento pur avendo tutti la Torah e le sante Scritture, come ispiranti la loro fede. E mentre i discepoli di Gesù mettevano al centro della loro fede proprio Gesù, confessandolo come Messia promesso dai profeti e Signore, la corrente dei farisei poneva al centro la Torah. Due vie diverse avevano imboccato questi due gemelli (non fratelli maggiori e fratelli minori, come si è giunti a dire, dimenticando forse che nella Bibbia il figlio minore scalza il maggiore!), due testimonianze in concorrenza. Il cristianesimo si è trovato da subito in opposizione all’altra espressione maggioritaria, quella dei farisei, che si è imposta, soprattutto dopo la caduta di Gerusalemme nel 70 d. C. Per giustificare la propria divisione dall’ebraismo, consumatasi con l’apertura ai goijm, alle genti, e l’abrogazione di alcune clausole della Torah, i cristiani fecero ricorso all’apologetica, fino al disprezzo, impadronendosi degli attributi dati da Dio a Israele. Videro nella distruzione di Gerusalemme e del tempio e nella diaspora degli ebrei un castigo di Dio, si sentirono il verus Israel, il popolo di Dio che ha sostituito Israele, e incolparono indistintamente i giudei dell’uccisione di Gesù. E da allora padri della chiesa, papi e concili produssero antigiudaismo teologico che si espresse anche in leggi e persecuzioni, fino a ispirare le radici dell’antisemitismo che realizzerà la Shoah.

Di questa storia papa Giovanni Paolo II ha chiesto perdono  in diverse occasioni, e nella chiesa la svolta c’è stata. Purtroppo però è ancora facile nella predicazione, a partire proprio dalla lettera dei Vangeli e di Paolo, approdare a espressioni che offendono gli ebrei, espressioni che mostrano ignoranza delle Scritture e incapacità di leggerle.
Nello stesso modo, senza misconoscere che tra ebraismo e cristianesimo sono avvenute “rotture” sulla comprensione della legge, del tempo, della terra, della famiglia, si abbia cura di affermare le differenze senza comparativi e senza disprezzo per l’altra posizione.

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