Clicca

Frederic Manns "Betlemme, la casa del pane"

stampa la pagina

L'Osservatore Romano 11 dicembre 2021
I racconti della domenica 
Betlemme, la casa del pane

Certi luoghi hanno un destino storico. Sono stati benedetti dal cielo. Non si finisce mai di approfondire il loro messaggio. È il caso di Betlemme, la città di Davide e del figlio di Davide.  Il ciclo dei Patriarchi menziona Betlemme come luogo della morte di Rachele, la moglie di Giacobbe.  Gn 35, 19 ricorda che, durante il viaggio da Bethel a Efrata, per la moglie prediletta di Giacobbe giunse il tempo di partorire. Il parto si rivelò difficile. Poco dopo aver dato alla luce il figlio Beniamino, «Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Efrata, cioè Betlemme». Dopo aver eretto una stele sulla sua tomba Giacobbe piantò la tenda al di là di Migdal Eder (Gn 35, 21). Questa ultima menzione geografica è stata oggetto di una interpretazione messianica nella Sinagoga. «Giacobbe piantò la tenda al di là della torre del gregge, luogo da cui il Re Messia deve manifestarsi alla fine dei tempi». Per l’autore di questa tradizione targumica la storia del popolo israeliano è quella di un grande pellegrinaggio: il popolo è in cammino, in cerca della sua patria. Quando il Messia il pastore del suo popolo pianterà la sua tenda tra gli uomini, troverà la vera dimora. Betlemme viene chiamata anche “Efrata” che significa “fruttuosa, fertile, feconda”. Giuseppe il Patriarca, figura del Messia, è chiamato germoglio fecondo (Gn 49, 22).

Il Libro dei Giudici menziona parecchie volte Betlemme. L’episodio più famoso è senza dubbio l’idillio di Rut e Booz. La parte finale del Libro di Rut è nota perché viene ripresa nella genealogia di Gesù: «Salmon generò Booz, Booz generò Obed, Obed generò Iesse, Iesse generò David». Da notare che l’antenata di Davide è una moabita.

Il Libro di Rut racconta la vicenda di una famiglia ebrea del tempo dei Giudici.  A causa di una carestia, Elime-lech, sua moglie Noemi e i loro due figli lasciarono Betlemme per andare nella campagna di Moab. Dopo la morte del marito e dei figli, a Noemi non rimase altro che tornare a casa. Allora una delle due nuore, Rut, la moabita, decise di accompagnare la suocera nel viaggio verso un paese straniero. Vicino alla città di Betlemme si trovava il campo di Booz, un lontano parente del marito di Noemi. Quando Rut si recò in questo campo per spigolare dietro ai mietitori, Booz si informò su di lei e le venne in soccorso. Poco dopo, Booz decise di sposare la moabita Rut. Ma egli doveva prima riscattare il campo messo in vendita da Noemi. Gli anziani della città, benedicendo la coppia di sposi, fecero a Booz questo augurio: «Procurati ricchezza in Efrata, fatti un nome in Betlemme» (Rt 4, 11).

Il Libro di Rut incomincia parlando di una carestia. I predicatori delle Sinagoghe ricordavano dieci carestie di cui l’umanità ha sofferto: «La decima non sarà una carestia ordinaria. Gli uomini non avranno fame di pane né sete di acqua. Avranno fame della parola di Dio».

Rut 3, 15 contiene un’altra tradizione messianica. Riferisce l’incontro di Booz con Rut nei campi. Il giorno seguente Booz, non volendo che Rut partisse come era venuta, le diede sei misure d’orzo che caricò sulle sue spalle ed ella tornò a Betlemme. L’interpretazione sinagogale delle sei misure d’orzo vi scopre una portata simbolica. Rut vede in quelle sei misure un annuncio dei sei giusti che sarebbero discesi da lei: «Questi giusti sono Davide, Daniele e i suoi compagni e il Re Messia».

Betlemme è celebre per aver dato i natali a Davide. Rut la moabita è considerata come l’antenata di Davide.
1 Sam
 16, 12 descrivendo Davide fulvo aggiunge: «Era bello». La Bibbia greca precisa: «Era bello davanti al Signore». 2 Sam 23 ha conservato le ultime parole di Davide dove il Targum vede una allusione all’era messianica: «Il forte d’Israele che domina tutti i figli degli uomini. Egli giudica con verità. Egli ha deciso di nominare un Re. È il Messia che sorgerà e governerà nel timore del Signore».

Il Vangelo di Matteo 2, 1-6 si rifà alla profezia di Michea 5, 1 per giustificare la nascita di Gesù a Betlemme. Questa profezia ha una forte risonanza messianica nella liturgia giudaica: «E tu Betlemme di Efrata tu eri troppo piccola per essere tra le migliaia della casa di Giuda. Da te uscirà il Re Messia per esercitare il dominio su Israele». Non si dirà mai abbastanza l’importanza di leggere il testo nel suo contesto giudaico.

A sud di Betlemme il Re Erode fece costruire una grande fortezza che doveva custodire la sua tomba. La logica biblica si verifica una volta di più: rovescia i potenti dai troni, esalta gli umili.

Evocare Betlemme significa ricordare la patria del Messia e dei suoi antenati. Dio è fedele alla parola giurata a Davide. Girolamo la chiama la casa del pane che viene dato a chi ha fame della parola.

Nel mondo biblico il pane è l’alimento essenziale per la vita. Elargendo miracolosamente il pane per mezzo del profeta Eliseo e del suo stesso Figlio, Dio si rivela come colui che vuole che l’uomo viva nella verità piena della sua natura corporea e spirituale: «Dacci oggi i nostro pane quotidiano», ripete la preghiera insegnata da Gesù ai suoi discepoli.

Nell’uomo, oltre alla fame fisica e corporea, è presente un’altra fame, il desiderio di un altro pane: «Dobbiamo essere affamati di Dio: dobbiamo mendicare pregando alla porta della sua presenza, ed egli darà  il cibo agli affamati» (Sant’Agostino, En. in Ps., 145, 16).

Replicando alla tentazione del diavolo nel deserto, Gesù, citando Dt 8, 3 dice: «Non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4, 4).

L’uomo ha fame e sete di Dio; meglio: l’uomo è fame e sete di Dio. «Il pane che io darà è la mia carne per la vita del mondo»dice Gesù a Cafarnao dopo aver moltiplicato il pane (Gv 6, 51). E fino a quando non soddisfa questa fame e sete, l’uomo non ha pace. «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Sant’Agostino, Conf. 1, 1).

Betlemme è veramente la casa del pane che viene per salvare l’umanità dalla fame. La sua gloria maggiore fu quella d’aver dato i natali a Gesù e di essere con tutti i suoi dintorni vibrante dei ricordi degli ineffabili misteri in essa compiutisi.

di FREDERIC MANNS

stampa la pagina

Gli ultimi 20 articoli