Massimo Recalcati "Perché odiano le donne"
La Repubblica, 24 agosto 2021
Nel dramma dell’Afghanistan l’odio sessuofobico maschilista verso le donne acquista il valore
programmatico di una politica persecutoria. Le cancellazioni delle immagini delle donne nella città
di Kabul ne sono state una manifestazione eloquente. Ma ancora di più la caccia sistematica, casa per
casa, non solo delle donne che si ribellano al regime non essendo disposte a rinunciare alle libertà
acquisite in questi anni, ma anche di tutte quelle donne non ancora incardinate in una famiglia — né
madri, né mogli — , che vengono dunque braccate semplicemente in quanto donne. Il presupposto
ideologico che sostiene questo programma è sconcertante nella sua evidenza: le donne sono
ontologicamente fonte di corruzione e, come tali, una minaccia pericolosa per l’affermazione di un
sistema di potere governato da soli uomini. Questa persecuzione assume i tratti che l’Occidente ha
conosciuto nel tempo infausto della caccia alle streghe. Al suo fondamento, ora come allora, una
pulsione sessuofobica che non tollera l’esistenza della donna come incarnazione della libertà. La
strega ieri, la donna corrotta dall’Occidente oggi.
Il regime fondamentalista talebano rivela in questa spinta sessuofobica la sua essenza: l’odio nei
confronti delle donne è odio verso il mondo. Se il mondo è luogo dell’aperto, dello scambio, dei
legami, della contaminazione, del pluralismo, della libertà, la donna è per eccellenza simbolo del
mondo.
Ecco perché l’alterità della donna è considerata dai talebani omologa all’anarchismo della
democrazia.
Ogni ideologia, come ha mostrato Hannah Arendt, tende fanaticamente ad abolire la vita particolare
del mondo, nel nome universale dell’Idea. Ogni ideologia vorrebbe piegare il carattere plurale del
reale assimilandolo senza resti al proprio ideale. Per questo ogni ideologia è, nelle sue radici,
prepolitica, tribale, fanatica. Nel caso del regime talebano la persecuzione della donna come simbolo
della libertà del mondo avviene nel nome di una ideologia religiosa retta da un fantasma inossidabile
di purezza. La democrazia, come la donna, è il verme che può corrodere il valore incontaminato
dell’Idea. Il dominio dell’Idea deve infatti imporsi come assoluto. Per questo coloro che si sentono
investiti di un mandato ideologico non conoscono pietas, tenerezza, sensibilità, non hanno,
letteralmente, cuore. La purezza dell’ideologia è minerale, divide il mondo in modo manicheo in puri
e impuri, bene e male. E in questo schema, per il fondamentalismo talebano, le donne stanno,
ovviamente, come la democrazia, dalla parte dell’impurità e del male. Tuttavia, come sappiamo dalla
lezione della psicoanalisi, è l’ideale di purezza ad esigere sempre l’esistenza dell’impuro. Nel caso
specifico la libertà sessuale — si pensi alla condizione altrettanto ferocemente perseguitata della
comunità Lgbtq — condensa l’impurità che il delirio talebano deve poter scongiurare a tutti i costi.
Perché? Perché la furia persecutoria nei confronti delle donne rimuove il suo contrario pulsionale: il
paradiso agognato dai militanti talebani è popolato da donne vergini che si offrono senza alcuna
restrizione. Come la clinica psicoanalitica ha messo in evidenza, in ogni grave fobia si cela
l’attrazione profonda per quello che si respinge con più accanimento. Anche l’Occidente non ha
ancora del tutto superato questa dinamica che contrassegna ogni forma ideologica di razzismo. Se
possiamo considerare il nostro tempo come un tempo politicamente post-ideologico, non si dovrebbe
però mai dimenticare la natura radicalmente pre-politica, pulsionale, dell’ideologia che dà luogo
all’esistenza di fatto di innumerevoli blocchi ideologici di tipo etnico, religioso e culturale. Quello
sessuofobico è uno di questi. Perché, per fare solo un esempio, la Chiesa Cattolica di fronte allo
scempio femminicida dell’Afghanistan non sovverte definitivamente il proprio ordine patriarcale
abilitando pienamente le donne all’esercizio del culto? È un fatto sempre più evidente: il tempo
cosiddetto post-ideologico nel quale siamo preserva l’esistenza di forme ideologiche pre-politiche
nelle quali il giudizio morale anticipa e orienta quello politico. Per questo dovremmo sempre ribadire
che il sesso della democrazia è femminile poiché ricorda a ciascuno di noi, come solo un pensiero
autenticamente femminile sa fare, che non esiste politica degna di questo nome che trascuri nel nome
dell’universale astratto dell’Idea la cura concreta per la vita nella sua singolarità insacrificabile.