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Enzo Bianchi "Il tempo della lettura"

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La Repubblica - 21 giugno 2021
per gentile concessione dell’autore.

Per molti la grande occasione per leggere viene dalle vacanze, quando riusciamo a "dare del tempo" alla quiete, al silenzio, al fare niente e possiamo dedicarlo anche a leggere un libro. Un libro che abbiamo letto e amato anni prima, che sta sullo scaffale di casa e attende, come un morto nel loculo, di essere risuscitato e reso eloquente. Un libro acquistato prima di partire. Per me, il consiglio di Flaubert — «leggere per vivere» — ha rivestito un significato denso e mi ha spinto a leggere proprio alla ricerca di una vita piena. 

Leggere non è tanto un’attività intellettuale quanto il faticoso ma fecondo sforzo di interrogare e interpretare se stessi e la realtà che ci circonda: si tratta di leggere non un libro ma il mondo, le situazioni, gli eventi attraverso ciò che già "sta scritto" perché altri lo hanno messo "nero su bianco". E, più in profondità, di leggere se stessi: il corpo della persona che legge diviene sovente icona di interiorità, una garanzia di raccoglimento, diremmo quasi che il lettore si fa tutt’uno con il libro e che coinvolge nell’atto del leggere persino l’autore di quelle pagine. La lettura, di fatto, è una conversazione, un dialogo con chi è assente e può essere lontano nel tempo e nello spazio: è un ricevere la parola di un altro e farla propria. Proust, in Alla ricerca del tempo perduto, le apriva nuovi orizzonti asserendo che i suoi lettori sarebbero stati «lettori di se stessi» in quanto il suo libro era solo il mezzo offerto loro perché leggessero dentro se stessi. 

Leggere resta operazione di grande umanizzazione, sorprendente nella sua semplicità: non occorrono tecnologie né iniziazioni perché, come ricordava Pessoa, «l’unica prefazione di un’opera è il cervello di chi la legge». Non a caso i medievali facevano derivare la parola latina intellegere da intus legere, "leggere dal di dentro". 

Purtroppo, oggi si legge ancora poco, adducendo tra le scuse il poco tempo a disposizione. Ma le scelte che operiamo nell’impiego del tempo sono rivelatrici di ciò che per noi conta nella vita. Così leggere può divenire antidoto alla monotonia dei giorni, lotta contro il logorio del tempo: è atto antiidolatrico, gesto di resistenza contro uno degli idoli della nostra epoca, una autentica opzione etica. 

Leggere è abbeverarsi a una sorgente che non si esaurisce quando le ci si avvicina. Chi di noi, di fronte a un libro amato non ha fatto l’esperienza di come questi assuma colori nuovi secondo i momenti? Il libro è un oggetto strano: lo guardiamo, lo valutiamo, lo sfogliamo, lo posiamo, lo ritroviamo. Una frase è riletta, un passaggio familiare è nuovamente decifrato. 

Leggere un libro significa compiere un’operazione tesa a leggere il mondo e la storia e accettare che questo anelito ha già abitato uomini e donne diversi che hanno diversamente vissuto e scritto. 

Leggere è percorrere un itinerario potenzialmente infinito perché «se alla fine ho chiuso il libro — scriveva Virginia Woolf — era solo perché la mia mente era sazia, non perché avessi esaurito il suo tesoro».
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