Enzo Bianchi "Il senso della quaresima"
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
Un tempo la quaresima giungeva destando in molti sentimenti di stizza, a volte di noia, altre di
rigetto. Per pochi era un "tempo favorevole", accolto non per "fare" qualche opera ma per cercare e
ritrovare la verità del proprio essere. Chi viveva la quaresima come digiuno, mortificazione
ascetica, occasione per "fare la carità", non faceva cose cattive ma cose che — per dirla con Gesù
— possono compiere anche quei "religiosi", sempre presenti in ogni comunità umana, che cercano
una ricompensa e non conoscono né l’arte della gratuità né quella dell’autenticità profonda del
cuore.
La quaresima potrebbe invece essere un tempo in cui tutti, credenti o non credenti, possiamo
compiere un discernimento e rafforzare la capacità di dire "sì" e "no" convinti, scaturiti dalla nostra
coscienza e dal progetto di convivenza umana che portiamo nel cuore, disegno che richiede una
realizzazione insieme agli altri nella storia. Tanto più che è la seconda quaresima che viviamo nella
pandemia, abbattutasi inaspettata su di noi. Mi ha impressionato attraversare il giorno di carnevale
due città del Piemonte: non c’erano coriandoli, né maschere, nessun segno di festa: quaresima per
tutti!
In tale situazione molti elementi della quaresima sono richiesti a tutti, uomini e donne, giovani e
anziani, ricchi e poveri: chiamati all’ascolto, alla cura degli altri, alla compassione. Ma la pandemia
non è vissuta da tutti alla stessa maniera. Siamo sulla stessa barca?
No, su barche diverse! Per tutti comporta rinunce, responsabilità che limitano le nostre libertà.
Resta però vero che alcuni, colpiti dal Covid, vanno soli e abbandonati verso la morte, mentre altri
contano su un’assistenza che li salva: lo constatiamo tutti i giorni!
Tuttavia la pandemia, come altre volte nella storia, ci obbliga a un’esperienza comune segnata da
sofferenza, clausura, quarantena, rinunce. Abbiamo assistito, per esempio, a rivolte per la mancata
riapertura delle piste da sci. Eppure è una rinuncia a un divertimento, non a un bene che, se manca,
minaccia la nostra vita. Si tratta di rimandare a domani qualcosa a cui si rinuncia oggi per acquistare
la salute, per ricominciare a vivere in pienezza relazioni e incontri. Del resto, nelle nostre esistenze
quotidiane la rinuncia a volte è necessaria non perché ci mortifica o ci "contiene" ma perché la
presenza dell’altro significa un limite reale per noi.
Alcune limitazioni sono pesanti e causano lo scatenarsi di violenze che non sapevamo ci abitassero.
Anche qui si tratta però di imparare a conoscere sé stessi, lavorare su di sé, esercitarsi in
atteggiamenti che causino relazione, rispetto, amore, e non provochino, al contrario, inimicizia,
cattiveria e violenza.
Questa la quaresima per tutti, 40 giorni all’anno per vigilare su chi siamo e su cosa siamo diventati.
Theodor Adorno ci aveva avvertiti: anche la ragione può diventare folle se non sa interrogarsi sul
cammino percorso e sui giorni che si vivono, se non aiuta a radunare le energie per prevenire e
reagire.