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Francesco Cosentino "I Magi. Una meditazione nella pandemia"

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5 gennaio 2021

Si è detto che la pandemia ha in qualche modo fermato la corsa del mondo e ci ha lasciati in un tempo sospeso. 
Da una parte, una certa frenesia delle nostre attività quotidiane, con gli stimoli nervosi che le presiedono e le suscitano, ha subito una battuta d’arresto e si è dovute adeguare a un nuovo modo di abitare gli spazi e di vivere perfino le relazioni; dall’altra parte, guardiamo davanti a noi con occhi incerti, non riuscendo a proiettarci con serenità e con forza d’animo in un futuro che abbia i colori rosei della speranza, della rinascita, della ripartenza. Il tempo si è come fermato. 

Proprio il mistero del Natale, se liberato dalle finzioni esteriori, dal romanticismo puerile e dall’inutilità del consumismo, ci viene incontro per consegnarci una «Parola» alternativa. Natale – secondo il bel commento del grande teologo Karl Rahner – è Dio che entra nella nostra carne e nella nostra vita, assicurandoci che da quel momento la storia del mondo, con le sue ferite, le sue paure, la sua angoscia e le sue speranze, non è più «esterna» e guardata dall’alto, ma è dentro la storia stessa di Dio. 

Rahner afferma che, dal giorno di Natale, cioè dalla venuta del Signore Gesù nella nostra carne, noi siamo stati raggiunti da una Parola capace di trasformare per sempre la nostra vita; questa Parola dice: «io ti amo». Sapere di essere amati è sapere di non essere mai più da soli. È questo che trasforma la notte in luce e dona senso, scopo e meta all’esistenza. E, in questo tempo sospeso, è questa la speranza che può farci guardare alla vita con coraggio ed entusiasmo, nonostante tutto. Rahner allora si chiede: che cosa significa celebrare il Natale, allora? Semplicemente lasciarsi cadere nelle braccia di questo amore. 

Occhi che vedono 

Il problema, anzi il dramma del Natale è tutto qui: siamo disposti a lasciarci cadere nelle braccia di questo amore? 

Possiamo essere sempre tra coloro che continuano a festeggiare un Natale di tradizione e consuetudine, senza lasciarsi toccare; possiamo essere sempre e ancora quei cristiani borghesi che presenziano al rito cattolico senza che la vita ne resti minimamente scolpita e continuando a coltivare l’idolatria di se stessi, della propria immagine, della produzione, del rendimento, del successo e del guadagno; possiamo essere coloro che, pur vivendo nelle tenebre, non accolgono la luce che è venuta nel mondo. 

O, forse, rifacendosi agli stessi racconti evangelici della nascita di Gesù, coloro che pur avendo occhi, non vedono. 
Non si accorgono. Proseguono la loro vita nella monotonia della quotidianità, senza accorgersi dell’evento che sta accadendo attorno a loro, proprio come avvenne in quella notte di Betlemme, quando il vagito di un bambino riusciva a stupire solo gli occhi di umili pastori, mentre il chiassoso mondo attorno restava indifferente all’accaduto. 

Chi sono i Magi? Sono la nostra possibile risposta al Natale del Signore. La loro prima caratteristica non è la bravura, il merito, l’identità religiosa, ma, anzi, al contrario, essi erano pagani e abitanti di terre lontane. Essi si distinguono perché, a differenza di tanti sapienti che pure studiano la Scrittura notte e giorno, sanno alzare il capo, sanno scrutare il cielo e, soprattutto, hanno occhi che vedono. 

La festa dell’Epifania – afferma Angelo Casati – è una questione di occhi che guardano lontano. Alza gli occhi intorno e guarda, è l’esortazione di Isaia in questo giorno. E i Magi affermano: abbiamo visto una stella e siamo venuti per adorarlo. Occorrono occhi capaci di vedere oltre, occhi dilatati, occhi che sono lo specchio di un cuore non rimpicciolito, ma abitato dalla nostalgia di orizzonti sconfinati. Occhi che cercano e che non smettono di cercare perché sanno – ecco la fede nel Natale – che anche nel cuore della notte più profonda, più oscura e più lontana, spuntano stelle luminose. 

Una stella nella notte 

La luce della stella non indica immediate risoluzioni dei problemi della nostra vita, ma intende suscitare nuovi inizi e nuovi cammini. Non si tratta di una luce che di colpo illumina tutta la scena della nostra vita, ma di un segnale apparentemente inutile, che ti consegna alla gioia di trovare la benedizione anche in ciò che vivi come contraddizione e sofferenza. 

Se c’è una stella che spunta anche nella notte più nera, allora significa che nel mistero della nostra vita, dentro le fatiche e le sofferenze che viviamo, c’è un Dio che si fa nostro compagno, che sperimenta le nostre paure, che piange le nostre lacrime, che apre cammini inattesi di vita nuova laddove tutto sembra perduto. O, per riprendere l’immagine usata di recente da Luigi Maria Epicoco: c’è sempre una luce in fondo che dobbiamo cercare. 

I Magi la cercano. Il loro viaggio è quello dei sognatori, che non hanno mai smesso di credere nella luce pur sperimentando la solitudine angosciante della notte. Il loro camminare è il migliore antidoto alla pigrizia accomodante delle nostre anime spente e rassegnate. Il loro cercare è l’arma più potente contro la corruzione dell’immobilismo e del disfattismo. Di una vita che si trascina per abitudine e di una fede che cerca solo una pacifica consolazione. 

I Magi si muovono, cercano, vedono stelle nel cielo per indicarci che un uomo si misura dal suo camminare, dai desideri che coltiva, dalle domande che fa, da come nonostante tutto ha la forza di ripartire perché ha accolto davvero e sul serio il Natale: il Dio che, prima ancora di ogni cercare umano, si è messo in cammino verso di noi. 

Non smettere di cercare 

Magi, dunque, sono il simbolo del cuore che si apre alla fede e si mette in viaggio per cercare quanto il Signore gli indicherà. Essi sono – nel ritratto che spesso ne ha fatto papa Francesco – coloro che, con la nostalgia di Dio nel cuore, rompono i nostri conformismi e ci tirano fuori dai nostri recinti e dalle anestesie del cuore, per donarci il coraggio di metterci alla ricerca di Dio e della verità di noi stessi. 

Così, nella pandemia. Si tratta di cercare le stelle che brillano in questa notte oscura. I segnali di luce che questo evento ci sta indicando, mettendo in crisi alcune nostre certezze – anche religiose – e invitandoci a metterci in cammino come i Magi, per un’altra strada: abbiamo bisogno di strade nuove per la nostra vita personale, per la nostra società, per la nostra Chiesa. E il futuro sarà soltanto di coloro che, inquieti, non smetteranno di cercarle.
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