Massimo Recalcati "La paura dell’antidoto e il senso della comunità"
La Repubblica,
lunedì 28 dicembre 2020
Non aspettavamo altro. Negli ultimi giorni di questo anno terribile le prime dosi di vaccino saranno
distribuite in tutta Europa. Finalmente si può vedere un po’ di luce in fondo al tunnel. Nondimeno,
farsi iniettare nel proprio corpo una sostanza estranea, seppure incaricata di difenderlo dal male, non
è affatto scontato che sia vissuto da tutti come un beneficio. E non solo per problematiche ideologiche
come è accaduto nel nostro Paese con i cosiddetti No-vax. E nemmeno per una valutazione razionale
sugli eventuali effetti collaterali che il vaccino potrebbe, anche se in percentuali minime, determinare.
Esiste una componente psicologica “irrazionale” nel rifiuto a farsi vaccinare che non bisogna
sottovalutare. Non è molto diversa dall’angoscia che rende impossibile viaggiare in aereo o
frequentare luoghi affollati, sottoporsi ad una anestesia o attraversare in auto un lungo tunnel. Il
comune denominatore di tutte queste situazioni apparentemente così eterogenee è l’inevitabile perdita
di controllo che in modo più o meno accentuato il soggetto è costretto a sperimentare.
Se l’aereo precipitasse nel vuoto o il tunnel crollasse improvvisamente o diventasse teatro di un
incidente che intrappolerebbe tutti i viaggiatori non lasciando loro vie di fuga?
In tutte queste situazioni e in molte altre ancora che lo psicoanalista ascolta quotidianamente nella
sua pratica l’angoscia sorge dal sentimento di non poter governare la situazione nella quale ci si trova
inclusi forzatamente. Una quota di questa angoscia se non diviene paralizzante — se non mi
impedisce disopportare viaggi in aereo necessari per il mio lavoro o operazioni chirurgiche altrettanto
necessarie alla mia salute — è normale perché rivela la nostra costituzione vulnerabile, ovvero
dipendente dalle azioni degli altri — il pilota dell’aereo, il medico — ai quali ci dobbiamo affidare.
È la stessa angoscia che spinge molti esseri umani a preferire l’isolamento alla vita di relazione
essendo quest’ultima un fattore di perturbazione inevitabile del nostro equilibrio. Non a caso è del
disagio che scaturisce dal rapporto con altri esseri umani che i pazienti di ogni sesso, razza e ceto
sociale, parlano più insistentemente: sul luogo di lavoro, in famiglia, nelle relazioni affettive più
profonde la presenza dell’altro se per un verso viene giudicata essenziale per la nostra vita, per un
altro verso viene sperimentata come fonte perpetua di disagio. L’assunzione del vaccino è una
necessità sanitaria oggettiva che potrà debellare il virus, salvare vite umane e consentire la ripresa
della nostra vita collettiva. Per questa ragione bisogna essere pronti alle numerose obiezioni che
traggono la loro linfa da questa angoscia di non controllo.
Come favorire l’adesione alla campagna di vaccinazione? Indubbiamente, oltre alle ovvie e decisive
argomentazioni strettamente sanitarie, si tratta di sostenere culturalmente che la vita umana non può
essere una monade chiusa su se stessa, ma è fatta per stare insieme. E che la condizione dello stare
insieme è, in questa congiuntura drammatica, quella della vaccinazione.
Si vince collettivamente l’angoscia di non controllo potenziando la fiducia verso l’altro e mostrando
che la scienza è un partner affidabile. Questa affidabilità esigerebbe innanzitutto una comunicazione
pubblica non improvvisata e incoerente come, bisogna purtroppo dire, è accaduto sino ad oggi. Ma,
soprattutto, che vi siano gesti etici capaci di testimoniarla concretamente. Da parte degli scienziati
innanzitutto, ma anche dei nostri rappresentanti politici. Che siano loro i primi testimoni
dell’importanza della vaccinazione come possibilità di liberazione dal male e non come chissà quale
rischio di contaminazione.
Mostrare che il vaccino è un partner affidabile aiuterebbe a ridurre l’angoscia per la sua assunzione.
È un ennesimo esempio di quanto la libertà individuale senza iscrizione in una comunità solidale sia
una pura astrazione.
L’ho scritto più volte sulla pagine di questo giornale: una delle lezioni più significative impartite dal
magistero tremendo del Covid consiste nell’averci mostrato che la salvezza o è collettiva o è
impossibile e che, di conseguenza, o la libertà viene vissuta come solidarietà o resta una dichiarazione
solo retorica.