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La Liturgia, preghiera che dà forma alla vita e al ministero del presbitero

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Relazione di Goffredo Boselli, monaco di Bose
tenuta all’incontro del clero della Diocesi di Ancona 
giovedì 28 novembre 2019 a Loreto

La Liturgia, preghiera che dà forma alla vita e al ministero del presbitero

Un caro e fraterno saluto a tutti voi, vescovi e presbiteri delle diocesi della metropolia di Ancona.

Il titolo penso volutamente ampio dato al mio intervento – La Liturgia, preghiera che dà forma alla vita e al ministero del presbitero – mi ha spontaneamente portato pensare, con la sua immagine del “dare forma”, alla forza e alla capacità spirituale del gesto liturgico che, giorno dopo giorno, ci plasma come credenti. Noi siamo l’opera della liturgia, essa ci forgia, ci forma e ci conforma. Per questo, la liturgia non è l’effetto ma l’origine. È molto più grembo e matrice che non nostro prodotto e risultato.

Come credenti e come pastori dobbiamo essere abitati dalla consapevolezza che celebrare la liturgia per una vita intera, giorno dopo giorno, domenica dopo domenica, anno dopo anno, a volte anche in modo abitudinario e svogliato è ciò che tiene in vita il nostro “essere cristiano”, personale come comunitario. Noi entriamo nella liturgia ma in realtà è lei che entra in noi, scende nelle fibre del nostro essere credente, plasma il nostro “uomo interiore” (Ef 3,16), lo coltiva con cura, lo nutre con sapienza. Senza liturgia, cioè senza il nutrimento della parola di Dio e del pane sostanziale dell’eucaristia, senza l’azione della Spirito, la consolazione del perdono e l’olio della fraternità il cristiano deperisce, degenera, muore. Credimi, la liturgia, come opera di Dio e azione dello Spirito santo agisce in noi infinitamente più di quanto ne abbiamo piena consapevolezza.

Tutto questo mi ha portato a scegliere di circoscrivere la mia riflessione in questa mattinata di spiritualità sul ruolo della liturgia nella vostra vita di presbiteri e offrirvi una meditazione su un gesto liturgico che voi fate ogni giorno celebrando e presiedendo l’eucaristia: il gesto della frazione del pane. Il gesto eucaristico per eccellenza e, come ricorderò, l’unico gesto eucaristico compiuto da Gesù. Sappiamo bene quanto i gesti quotidiani che facciamo plasmano le nostra persona, al punto di dire che noi siamo i gesti che facciamo e le parole che pronunciamo. Il gesto eucaristico della fractio panis che ogni giorno voi fedelmente ripetete da anni – ed è un gesto che fate voi per l’intera comunità eucaristica che presiedete – è uno dei gesti rituali più significativi della vostra vita sacerdotale e per questo forgia la vostra interiorità umana e spirituale e da forma alla vostra esistenza di pastori. Compiere giorno dopo giorno, per una vita intera, il gesto con il quale Gesù alla vigilia della sua morte ha significato la sua intera vita, contiene e rivela il senso della vostra vita di presbiteri. Voi lo fate come presbiteri ma in realtà è lui che fa di voi dei presbiteri. In questo modo, come è stato titolato il nostro incontro, la liturgia da forma al ministero del presbitero. Come credenti non ci nutriamo semplicemente del pane eucaristico, ma di un pane spezzato, condiviso come simbolo della vita di Cristo consegnata. Così, non ci nutriamo mai del pane quotidiano dell’eucaristia senza nutrirci al tempo stesso del senso che il gesto della fractio panis racchiude in sé.

Vi propongo dunque una meditazione biblico-liturgica e dunque mistagogica sulla fractio panis, nel modo abituale con il quale io faccio liturgia, ossia il tentativo di fare della parola di Dio e del gesto liturgico il nutrimento della vita spirituale. Comprendendo la liturgia come vangelo celebrato.
Durante l’ultima cena con i suoi discepoli Gesù ha espresso il mistero della sua vita prendendo tra le mani il pane e facendo con esso un gesto colmo di senso: lo ha spezzato e lo ha distribuito perché fosse mangiato. Allo stesso modo ha preso il calice di vino e lo dato perché tutti bevessero e in questo modo è diventato l’uomo nuovo: “Nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso” (Rm 14,7). La chiesa che ininterrottamente deve nascere dal Vangelo, riconosce in questi gesti di Gesù di Nazaret il mistero della sua stessa vita, perché neppure la chiesa vive per se stessa e muore per se stessa. Spezziamo il pane e lo condividiamo insieme, così l’unico calice di vino e attraverso questi gesti facciamo memoria di Gesù Cristo, secondo il comando che ha lasciato. Con questi gesti confessiamo che crediamo nel suo Vangelo, che crediamo al dono e alla condivisione, alla comunione e alla solidarietà, al mistero della sua e nostra vita.

La liturgia cristiana consiste essenzialmente in questo: fare ciò che Cristo ci ha comandato di fare in memoria di lui. Ciò significa che più la nostra liturgia è trasparenza dei gesti di Cristo più sarà memoria di lui, più sarà cristiana. E aggiungo, più i gesti liturgici che ogni giorno voi come presbiteri fate in nome della chiesa sono trasparenza dei gesti di Cristo, più il vostro ministero sarà memoria di lui.

Articolerò il mio intervento in tre punti:
1. La liturgia cristiana come gesto spirituale di Cristo
2. Dal gesto di Cristo al rito della chiesa
3. Il gesto come parabola

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