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Rosanna Virgili "Il volto del Dio che abbandona"

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Uscire dal tempio e abitare la cittá
PIANO DI LAVORO 2015-2016

Contemplare il volto di Dio

Meditare la parola di Dio non è mai un rifugio per anime belle; piuttosto è una piattaforma da cui tuffarci nell’oceano misterioso e potente del Dio della vita e della verità.
Contemplare il volto di Dio ci aiuta a capire come noi, suoi figli, possiamo e dobbiamo muoverci per riempire di bene e rinnovare i luoghi della convivenza.
La parola di Dio si rivolge direttamente a noi oggi, in questi nostri giorni, con la sua forza dirompente e gravida di speranza come quel giorno, di cui ci parla l’evangelista Luca (Lc 4,16-30), nella sinagoga di Cafarnao. Meditare la parola di Dio significa acquisire conoscenza – con la mente, con i sentimenti, con la volontà – che il nostro oggi è anche l’oggi di Dio.
Con questo spirito Rosanna Virgili ci offre dieci schede per la meditazione di questo piano di lavoro: invitandoci a contemplare il volto di Dio ci aiuta a riflettere sul modo in viviamo questo nostro tempo.

Dieci testi per la meditazione personale e di gruppo.

Contemplare il volto di Dio è il tema unificante delle varie proposte. Dio si rivela al suo popolo Israele dando una legge, stringendo un’alleanza, abitando e camminando con Lui.
Si rivela a noi oggi nella bellezza del creato, nella sua misericordia soprattutto verso i poveri e i piccoli e infine in Cristo nella sua incarnazione, morte e resurrezione.
Approfondire questa storia di amore, misericordia e redenzione ci renderà certamente cristiani più autentici e più solidali con le vicende degli uomini del nostro tempo.

9. Il volto del Dio che abbandona
Marco 15, 33-4 
Quando Dio non risponde

PRESENTAZIONE

La morte in croce di Gesù è un fatto scandaloso e inaccettabile per i suoi stessi apostoli, per quei compagni, diventati oramai come fratelli, che Egli ha chiamato a sé fin dal primo momento della sua missione messianica. Proprio perché vedevano in Lui il Messia, vale a dire l’eletto, il consacrato, il Figlio di Dio, Pietro e gli altri non riuscirono né a capirlo, né a seguirlo quando Gesù salì sul monte della sconfitta, dell’impotenza, della vergogna: sulla vetta del Golgota. Essi si dispersero pensando che, invece di esaltarlo come si conveniva ad un autentico Messia, lo aveva abbandonato, consegnandolo alle mani dei nemici. Anche Gesù, del resto, accusa l’abbandono di Dio sulla Croce.

PER LEGGERE E COMPRENDERE:  “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

“Poi, giunta l’ora sesta, si fece buio su tutta la terra fino all’ora nona. E all’ora nona Gesù gridò con voce forte: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che tradotto significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (vv.33-34).
Tre ore di buio e di silenzio per il travaglio del morire di Gesù. Dall’ora di Mezzogiorno (=ora sesta), quella centrale della giornata, alle tre del pomeriggio (=ora nona) quando Gesù cede alla consegna finale del suo corpo. Santa Teresa d’Avila dice: “Amore con amor si paga” e se pensiamo al motivo della morte di Gesù vediamo soltanto un’estrema adesione di amore e di fede a Dio, Padre suo, da cui tanto infinito amore aveva ricevuto e del cui Amore egli stesso era “corpo”. Ma l’esperienza dell’Amore assoluto porta in sé la libertà di chi si ama e il rischio di non trovare nell’altro – neppure se si trattasse di Dio! – la risposta, la corrispondenza, la reazione che ci si aspetti come dovuta o giusta. Così Gesù, nell’atto più grande del Suo amore all’umanità ed a Dio, si sente e si trova abbandonato da Lui. Le parole del supplice del Salmo 22 trovano una tragica eco sulla bocca di Gesù che le usa come espressione di strazio e di agognata compagnia, ma anche di querela e di estrema interrogazione verso di Lui. Una accorata domanda cui non segue, ahimé, nessuna risposta, nessuna sillaba di senso che avrebbe potuto consolare. Grave spegne il cielo il silenzio di Dio e il vuoto di ogni Sua parola versa abissi di tenebra nei cieli e sulla terra.
“Uno, accorso, inzuppò di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Lasciate, vediamo se viene Elia a tirarlo giù». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò”.(vv.36-37).
Nel momento dell’estrema debolezza, quando una persona si trova fragile ed impotente davanti alla morte; quando è costretta a chiedere acqua a coloro che lo stanno suppliziando, allora la sfida dei cuori cattivi si accende cinica e beffarda: “Vediamo se viene Elia a farlo scendere!”. La crudeltà della Croce è per loro soltanto uno spettacolo. Nessuno ha compassione per chi è stato con tutti cuore e braccia di compassione. E non è un caso che proprio dopo l’estremo atto della cinica indifferenza umana, Gesù restituisca il suo ultimo respiro alla vita. Grido di resa e urlo di protesta, voce di accusa ed elegìa di mitezza. Con un grido Gesù chiude i suoi occhi, una domanda di Amore che si consegna al Cielo e, insopprimibile, resta ad attendere.

PER MEDITARE E ATTUALIZZARE

1. Il Dio che abbandona e il Dio abbandonato sono ambedue “Volti” di Dio che scandalizzano. Com’è possibile che Dio abbandoni e per di più, l’uomo giusto, il figlio innocente? E ancora: com’è possibile che un Dio – Gesù Cristo – viva l’abbandono come l’ultimo dei disperati del mondo?
2. Il silenzio di Dio è stato ampiamente vissuto da molti popoli e persone nel secolo precedente, che hanno subito oppressione, violenza, soprusi (si pensi all’esperienza degli ebrei nei campi di concentramento nazisti) senza che Dio intervenisse a difenderli. Una “passività” divina che tuttora si può constatare in diversi ambiti e situazioni politiche, sociali, culturali, esistenziali. In che modo i cristiani si misurano con questo terribile enigma della storia e quindi anche della fede?

PER PREGARE
Beati i piccoli perché faranno cose grandi e impossibili.
Signore, dove sei?
Ti cerco, ti bramo, ti supplico: mostrami il tuo Volto!
Ti chiamo, ti imploro, insisto: vieni in mio aiuto!
Ma Tu non ti fai vedere e non rispondi,
Tu mi lasci da solo, manchi, tu continui a stare lontano, indifferente.
Dove sei tu, mio Dio, qui nell’orto concluso del mio dolore?
Del sigillo del tuo silenzio non mi resta
Che un tatuaggio sull’anima.
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