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Enzo Bianchi "Viaggiare con lentezza, un'arte spirituale"

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Jesus - Bisaccia del mendicante - Settembre 2019
dal sito del Monastero di Bose

Vacanze, tempo di viaggi. Grande arte quella del viaggio. Richiede anzitutto di prendersi del tempo, di non aver paura della lentezza. Solo viaggiando con calma, ponendo l’accento sul “fare strada”, si diventa consapevoli che “camminando si apre cammino” (A. Machado).

Ogni viaggio nasce misteriosamente nella nostra psiche, dove si accende la curiosità grazie a diversi impulsi: una conversazione, un quadro appeso a una parete, una rivista che ci cattura con qualche foto, un ricordo, un amore… Allora nasce il desiderio di partire, si progetta e si decide il viaggio: da soli, per gustare nella solitudine le meraviglie del cammino; o insieme ad altri, per emozionarsi e vivere insieme l’avventura. A volte il viaggio ha una meta che s’impone, altre volte è l’idea del viaggiare che ci spinge a partire. Partire, soprattutto in auto, per fermarsi quando e dove si vuole, per non avere troppi orari, per raggiungere luoghi meno battuti. Io amo viaggiare così: certo, mi do una meta, ma il viaggiare è più importante… Lungo il cammino ci sono opere d’arte da vedere, monumenti da visitare, spazi per fermarsi a passeggiare e a pensare. Lasciando posto al non atteso, alla sorpresa, all’incontro con qualcuno che a volte fa cambiare l’itinerario, fa compiere insieme azioni non previste.

Se si ha il cuore sveglio, cioè i sensi allenati a discernere l’invisibile nel visibile, il viaggio offre la possibilità di rispondere a emozioni diverse: la meraviglia, la contemplazione, l’incontro con l’incognito, la nostalgia, l’incanto. Nulla si ripete, mentre nella memoria accumuliamo immagini, suoni, profumi, parole, colori che dal profondo del cuore risorgeranno quando, a distanza di anni, ricorderemo quei giorni lontani.

Nel viaggio una sosta importante è quella per mangiare, atto per eccellenza con cui ci si esercita a essere accolti da una terra, da una gente. Si cerca una tavola, un semplice ristorante, un’osteria, un bistrot, dove si fa fiducia di potersi ristorare bene, con gusto. Occorre compiere uno sforzo di conoscenza dei cibi locali, animati da una convinzione: “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. Quanto è bello allenarsi a cogliere da dove vengono i vari piatti, conoscere l’arte umana che li ha prodotti e poi cucinati, la sapienza che ha permesso a quei cibi di affermarsi come tipici di quella terra…

La tavola è luogo di convivialità grazie alla conoscenza che si instaura attorno a essa. Occorrerebbe la disponibilità ad ascoltare i camerieri, magari a incontrare il cuoco, senza omettere una sbirciatina in cucina… Per questo quando viaggio, prima di mangiare, se possibile vado al mercato per rendermi conto delle verdure e dei frutti del luogo, delle carni o dei pesci che potrò trovare in tavola. E quando mi siedo dopo un aperitivo, canto: “Gracias a la vida que me ha dado tanto!”, e gioisco guardando i colori del piatto, annusando i suoi profumi, gustando cibi diversi dal mio quotidiano eppure abituali per chi mi ospita.

Se si mangia con lentezza, si possono scoprire profumi, colori, gusti che rimarranno impressi in noi e ci arricchiranno in sapienza. Anche questo servirà per dare sapore ai giorni della vecchiaia, quando vivremo più di ricordi che non di futuro. Se poi vi sono calici per versarvi il vino, allora tutti i sensi sono convocati alla festa. Il vino è il vero sigillo sul pasto: si è a tavola non solo per nutrirsi, ma anche per dirsi quelle parole di cui il vino è simbolo. Il vino ha il potere di convocare gli assenti: sempre, quando alzo la coppa e brindo ai presenti, convoco anche chi amo e non è presente…

Se si è attenti, viaggiare diventa dunque un incontro con il mondo, che si dà a noi attraverso la profusione dei sensi. Non è solo guardare, ma è immersione negli odori e nei profumi, è intersecare suoni e rumori, è mangiare, gustare e toccare il mondo. Viaggiare è sempre un esercizio di sensualità, perché il corpo si muove tra i corpi, l’occhio incontra la luce, l’orecchio ci situa, il tatto percepisce il freddo e il caldo, mentre i piedi toccano la terra in una relazione viva, della quale però non restano tracce.

Ai giovani mi sento di dire: “Partite, viaggiate, non abbiate paura e abbiate cura di mantenere leggero il vostro bagaglio! Così potrete andare lontano…”. D’altronde, mio padre mi ripeteva: “Fa’ la fame, ma viaggia e compra dei libri!”. Nella consapevolezza che ogni viaggio, se è vissuto bene, è un libro della biblioteca della vita. Ora che sono anziano, comprendo bene il consiglio di un kalógheros del monte Athos: “Siediti e va’!”. A patto però che, prima di sederti, tu abbia viaggiato molto.
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