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Riforma. I processi di rinnovamento nella storia del cristianesimo (II)

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Ciclo di lezioni, febbraio - aprile 2018

In occasione della ricorrenza del quinto centenario dell’avvio della Riforma luterana, il Centro Studi Religiosi della Fondazione Collegio San Carlo ha voluto dedicare l’annuale ciclo di conferenze a un’ampia riflessione – storica, religiosa e teologica – sul concetto di “riforma” nelle diverse tradizioni cristiane.
L’idea di riforma della Chiesa, infatti, non è limitata alle vicende che hanno portato alla nascita e allo sviluppo delle chiese riformate, ma rappresenta un tema che ha percorso l’intera storia del cristianesimo, emergendo in modo evidente almeno a partire dalla riforma gregoriana dell’XI secolo e proseguendo fino a oggi. L’elemento che ha spesso caratterizzato l’idea di riforma lungo i secoli è una critica delle istituzioni ecclesiastiche di volta in volta contemporanee, in quanto soggette alla decadenza e alla corruzione, sempre più lontane dalla condizione ideale e idealizzata delle prime comunità cristiane vicine al messaggio originario di Cristo. In tal senso, le riforme della Chiesa si sono costantemente proposte di riavvicinare la comunità dei fedeli alla lettera delle Scritture nell’intento di ricostituire la Chiesa delle origini.
La prima parte del ciclo, che si è svolta tra ottobre 2017 e gennaio 2018, è stata dedicata a illustrare i principali momenti storici nei quali si sono verificati processi di rinnovamento del cristianesimo. È così stata riservata particolare attenzione sia alle figure e alle fasi salienti, dal punto di vista storico e teologico, della Riforma – Martin Lutero, Giovanni Calvino, i movimenti radicali di riforma – sia al più ampio processo di riforma che ha attraversato il cristianesimo tra età gregoriana, Concilio di Trento e Concilio Vaticano II. A partire da questo primo sguardo d’insieme, la seconda parte del ciclo di conferenze si propone di approfondire alcune questioni, tra le quali la teoria dell’arte sacra in epoca posteriore al Concilio di Trento e il ruolo e l’immagine della donna nelle tradizioni riformate. Ma non solo, perché un tema centrale consiste nell’eredità teologica, religiosa, politica e sociale delle tradizioni riformate. Infatti è indubbio che gli effetti di determinate concezioni teologiche (per esempio la centralità della fede interiore, la libertà individuale del cristiano, l’interpretazione personale del Scritture) hanno contribuito alla formazione di alcuni tratti costitutivi delle moderne società occidentali, delle quali è un esempio significativo la storia della nascita e dello sviluppo degli Stati Uniti d’America, caratterizzati dalla salvaguardia dei diritti e delle libertà individuali, dalla separazione tra Stato e Chiesa e dal rispetto del pluralismo e della libertà religiosa. Ma anche altri elementi di riflessione sono importanti per comprendere le concezioni di riforma nella storia del cristianesimo. In un’ottica ambivalente rispetto all’idea di rinnovamento, occorre attendere la seconda metà del XIX secolo perché il conflitto secolare tra Chiesa e modernità conosca una svolta. Con l’enciclica Rerum novarum (1891) Leone XIII, pur proponendo un’idea di Chiesa che non può discostarsi da quella della tradizione, si confronta per la prima volta con un mondo in profonda trasformazione, così riconoscendo alla Chiesa la capacità di affrontare le novità politiche e sociali dei tempi al di fuori dell’alternativa tra liberalismo e socialismo.
È alla luce di queste considerazioni che merita di essere sottolineata una caratteristica specifica delle tradizioni riformate. Per quanto segnato da numerose divisioni, il mondo riformato ha spesso cercato il dialogo interreligioso in vista di una riunificazione tra le numerose chiese. Si tratta di una storia che possiamo far risalire almeno al Sinodo di Dordrecht (1618-1619), ma che è proseguita fino alla contemporaneità, trovando due momenti fondamentali nella fondazione, nel 1948 a Ginevra, del Consiglio ecumenico delle chiese (che raccoglie circa 349 chiese, prevalentemente riformate, anglicane e ortodosse, mentre la Chiesa cattolica è presente come “osservatore”) e nella firma, nel 1973, della Concordia di Leuenberg, che rappresenta un documento ecumenico di accordo teologico tra chiese luterane e riformate, a cui si sono aggiunte in seguito altre chiese quali le metodiste. L’apertura al dialogo con religioni diverse e alla ricerca della concordia ecumenica con le chiese cristiane ha inoltre raggiunto un importante risultato nel 2001 con la firma congiunta della Charta oecumenica da parte del Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa (cattolici) e della Conferenza delle chiese europee (riformate), un documento che mira ad accrescere la cooperazione tra le chiese cristiane in Europa in un’ottica di reciproca comprensione.

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