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Lisa Cremaschi Plasmati dalle mani di Dio

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Meditazioni di Lisa Cremaschi 
per il tempo di Quaresima 2018
per le Acli di Bergamo

I padri della chiesa hanno dato tante definizioni della preghiera, ma la più bella, a mio parere, è un’immagine che ricavo dagli scritti di Ireneo di Lione. Dice Ireneo che quando Dio crea l’uomo, lo crea con le sue due sante mani, il Verbo e lo Spirito. Padre, Figlio e Spirito Santo cooperano nel creare l’uomo a immagine della santa Trinità.

Dio è un artista che vuole fare un’opera d’arte, un capolavoro, ma Adamo sfugge dalle mani di Dio prima che egli abbia potuto completare la sua opera.
È questo per Ireneo il peccato di Adamo, il peccato di ogni uomo, di ciascuno di noi: siamo sfuggiti alle mani di Dio e ce ne andiamo per le nostre strade.
Che cos’è la preghiera? È il cammino inverso, è ritornare sotto le mani di Dio perché sia lui a plasmarci, a portare a compimento l’opera iniziata in noi, a portare a pienezza quell’immagine che è in ciascuno di noi. Dio non rinuncia al suo progetto di fare di noi un capolavoro; l’opera è incompiuta, c’è qualcosa da correggere, da aggiungere, da consolidare, da togliere. Cosa facciamo quando leggiamo un passo dell’evangelo, quando andiamo in chiesa a pregare, ad ascoltare la messa? Ci mettiamo sotto le mani di Dio presenti nella sua Parola, lasciamo che le mani di Dio ci lavorino, ci plasmino, ci correggano, ci sostengano. A volte questo lavoro provoca sofferenza: le mani di Dio limano tutto ciò che è superfluo, ciò che disturba la bellezza dell’opera d’arte. A volte questo lavoro desta gioia e consolazione, perché le mani di Dio consolidano, rafforzano, consolano. In ogni caso, è il Signore che ci plasma, che ci dà forma. Un
monaco del deserto diceva: «Ascesi del monaco: la meditazione delle Scritture e l’adempimento dei comandamenti di Dio. Informe è il monaco che non si dà a queste cose» (Iperechio, Consigli agli asceti 4). La vera ascesi, nel senso etimologico del termine, cioè il vero esercizio a cui ogni credente si deve sottoporre è l’ascolto, la meditazione della parola di Dio. Chi si sottrae è privo di forma, è informe.
Pregare non è un’attività tra tante altre, tanto meno un’attività riservata a qualcuno (i monaci e le monache); la Parola è ciò che dà forma alla vita del cristiano. Quell’immagine di Dio deposta in ogni uomo e offuscata, mascherata dal peccato e dalla disobbedienza, va riscoperta e riportata alla luce mediante l’assidua frequentazione della Parola di Dio.
Giovanni Cassiano, che aveva trascorso diversi anni tra i monaci del deserto egiziano, prima di diventare vescovo in Gallia, cerca di ritradurre ciò che ha imparato in oriente per i monaci d’occidente. In una sua conferenza, rivolgendosi al suo interlocutore, dice: «Ecco a che cosa devi tendere con tutti i mezzi: allontana da te ogni preoccupazione e ogni pensiero terreno e applicati con costanza e assiduità alla santa lettura, fino a che un’incessante meditazione non impregni il tuo cuore e per così dire la Scrittura non lo trasformi a sua immagine e somiglianza» (Conferenza 14,10).
Il fine della lettura/ascolto della Parola di Dio non è (soltanto) l’accrescere la conoscenza, ma trasformare il cuore a immagine e somiglianza della Scrittura. A questo si deve tendere: diventare in mezzo agli uomini un Evangelo vivente!
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