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Goffredo Boselli Preghiera per il creato

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IL FUTURO DELLA NOSTRA TERRA 
UN’UMANITÀ NUOVA PER UNA CUSTODIA RESPONSABILE 
VERSO IL CONVEGNO ECCLESIALE DI FIRENZE 2015 

Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale 
Torino, 13 settembre 2014 

RIPRESA TEOLOGICA DELLA PREGHIERA 

GOFFREDO BOSELLI 
Comunità di Bose 

 Mi  è  stato  chiesto  di  preparare  una  preghiera  per  il  creato  e  di  offrirvi  una  sua  ripresa teologica. Mi preme, tuttavia, precisare che la preghiera che abbiamo da poco compiuto ha valore in sé  stessa,  in  modo  del  tutto  autonomo  dalla  riflessione  che  vi  propongo.  L’aver  pregato  in comunione con tutte le creature e per l’intera creazione ha un valore teologico in sé, un valore che non  abbisogna  minimamente  di  commenti  e  tanto  meno  di  spiegazioni.  Conosciamo  la  ben nota sentenza di Evagrio il Pontico: “Se preghi veramente sei teologo” (De oratione 60, PG 79, 1180B).
 Dunque, se poco fa abbiamo pregato in verità, cioè con consapevolezza e con intelligenza spirituale, noi  siamo  stati  dei  teologi  e  abbiamo  fatto  teologia  della  creazione.  La  preghiera,  specie quella liturgica, è teologia in atto. Questo per dire che non saranno le mie parole a dar senso alla preghiera che abbiamo compiuto, semmai l’esatto contrario.  Per questo, la mia riflessione sarà essenziale. 
 La  preghiera  che  abbiamo  compiuto  è  una  preghiera  tradizionale,  nella  struttura  –  quella delle lodi della liturgia delle ore – e anche nei contenuti in prevalenza biblici o di ispirazione biblica come l’inno, le intercessioni e l’orazione. Abbiamo lodato con l’inno, salmodiato con i salmi e il cantico,  e abbiamo  interceduto  con  le  intercessioni.  Sarebbe  eccessivamente  didattico  fare  un commento dei singoli testi. Vorrei invece brevemente indicare le ragioni che stanno a fondamento della preghiera  che  abbiamo  fatto.  Sulla  base  della  Bibbia  e  della  grande  tradizione  cristiana, dobbiamo  essere  consapevoli  che  la  preghiera  è  la  forma  più  intensa  di  comunione  con  tutte le creature  che  noi  uomini  e  donne  possiamo  vivere.  Pregare  con  le  creature  animate  e inanimate, pregare per le creature, ascoltando la preghiera delle creature.   
 Mi soffermerò solo su due aspetti:  
-  Riconoscimento di una relazione. 
-  Il farsi voce di ogni creatura.  

1) La preghiera per il creato come riconoscimento di una relazione  
 La nostra preghiera ha avuto  inizio  con una duplice invocazione “viene”:  “O Dio  vieni  a salvarmi. Signore  vieni  presto  in  mio aiuto”. Pregare significa anzitutto invocare una presenza  e riconoscerla al fine porsi in relazione. Ma in relazione non soltanto con Dio e con l’umanità, ma in relazione con tutto ciò che esiste. Pregare significa dunque porsi in relazione con Dio, con tutto ciò con  cui  Dio  è in  relazione,  è  con  tutto  ciò  che  è  in  relazione  con  Dio,  in  una  comunione tanto misterica quanto reale. La preghiera è sempre una relazione estesa, dilatata a ogni creatura, animata e inanimata. E’ koinonia con tutto ciò che esiste di visibile e di invisibile, sulla terra e nei cieli.  

 Chi conosce la Bibbia, infatti, non impara soltanto che tutti gli esseri che esistono sono co-creature con noi uomini e donne, ma scopre anche che essi, creature volute e benedette da Dio, sono in relazione con Dio e dunque anche tra di loro. E questo non solamente perché Dio pensa a loro fornendo il cibo con sollecitudine  – “Tutti da te aspettano che tu dia loro cibo a tempo opportuno. 
Tu lo provvedi essi lo raccolgono; apri la tua mano, si saziano di beni”, abbiamo pregato il salmo 104 (cf. Sal 104,21-28; 136,25; 147,9) o perché Dio dà loro un soffio e poi glielo toglie (cf. Sal 104,29-30), ma perché essi comunicano con Dio servendosi di linguaggi impenetrabili e impensabili per noi umani. La nostra preghiera è dunque un atto di ascolto di un linguaggio a noi sconosciuto e tuttavia da noi riconosciuto nella sua esistenza. Non lo ascoltiamo ma crediamo che esista. 
Cantando poi con il cantico di Daniele ci siamo rivolti direttamente alle creature invitandole alla lode e alla benedizione: “Benedite, opere tutte del Signore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli”. Di fatto, che lo sappiamo o no, abbiamo riconosciuto che le creature comunicano con Dio servendosi di linguaggi per noi impenetrabili e impensabili. Abbiamo confessato che sebbene noi non li udiamo perché non conosciamo il loro linguaggio, tuttavia le creature lodano il Signore. Al contempo, abbiamo riconosciuto che Dio ascolta la loro benedizione come ascolta la nostra. 
In particolare, abbiamo detto: “Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore”. In effetti, le Scritture non solo attestano che gli animali sono soggetti di lode, ma sta anche scritto che Dio attraverso un’asina ha ammonito il profeta Balaam (cf. Nm 22,21-35), con un grosso pesce ha indicato a Giona la direzione da prendere in obbedienza a Dio (cf. Gn 2), con un corvo ha nutrito Elia in una grotta (cf. 1Re 17,1-6), con una colomba ha significato la discesa dello Spirito santo su Gesù di Nazaret (cf. Mc 1,10 e par.; Gv 1,32), con un gallo ha destato Pietro alla coscienza del suo peccato (cf. Mc 14,72), con un agnello ha designato l’uomo per eccellenza, il servo di JHWH (cf. Gv 1,29.36) … 
  La liturgia, ossia la manifestazione della fede della Chiesa, ci ha invitati a riconoscere che anche gli animali partecipano alla lode di Dio e alla supplica a Dio. Basta guardare negli occhi un animale ferito per scorgervi il suo bisogno di salvezza, basta ascoltare il suo canto gioioso o il suo grido vittorioso per riconoscervi una lode a Dio: se ci sarà salvezza, dovrà esserci per tutto e per tutti, anche per  gli  animali,  anche  per  i  vegetali,  per  il  cosmo  intero!  Non  è  allora  difficile  fare nostre le parole di una splendida preghiera fiorita nella tradizione basiliana: 

Signore e salvatore del mondo, noi ti preghiamo anche per gli animali, 
che umilmente portano con noi il peso e il calore del giorno 
e offrono le loro semplici vite, aiutandoci a vivere bene. 
Noi ti preghiamo anche per le creature selvagge, 
che tu hai creato sapienti, forti, belle. 
Ti preghiamo per tutte le creature, 
anche quelle che non sono intelligenti, 
perché esse hanno una loro missione, 
sebbene noi siamo incapaci di riconoscerla. 
E supplichiamo la tua grande tenerezza, 
perché tu hai promesso di salvare insieme l’uomo e gli animali (cf. Sal 36,7) 
e hai concesso a tutti il tuo amore infinito. 


 Per questo, noi cristiani dovremmo includere anche gli animali nella nostra preghiera, ciò che facciamo molto raramente. Nella quinta catechesi mistagogica Cirillo di Gerusalemme ricorda che in ogni eucaristia “facciamo memoria del cielo, della terra, del mare, del sole, della luna, delle stelle, di tutta la creazione ragionevole e irragionevole, visibile invisibile”(1). Non dimentichiamo poi l’anafora delle Costituzioni apostoliche (IV secolo) si dice: “Tu, o Dio, hai popolato il tuo mondo e 
lo hai ornato con erbe profumate e medicinali, con molti e differenti animali, robusti o più deboli, 
domestici  e  selvatici,  con  i  sibili  dei  rettili,  con  i  canti  degli  uccelli  dai  vari  colori” (2). E nella preghiera eucaristica della chiesa zairese (approvata nel 1988) si recita: “Per mezzo di tuo Figlio Gesù Cristo tu, o Dio, hai creato il cielo e la terra; per mezzo di lui tu fai esistere i fiumi del mondo, i torrenti, i ruscelli, i laghi, e tutti i pesci che vivono in essi. Per mezzo di lui fai vivere le stelle, gli uccelli  del  cielo,  le  foreste,  le  savane,  le  pianure,  le  montagne  e  tutti  gli  animali  che  in  esse vivono” (3) . Al cuore dell’eucaristia, dunque della lex orandi, all’interno della preghiera eucaristica, che  costituisce  il  momento  centrale  e  culminante  dell’intera  celebrazione,  si  collocano  anche gli animali e le piante, anch’essi opera della creazione di Dio, anch’essi parte di quella terra che Dio ama (cf. Sal 85,2), anch’essi segnati da caducità e sofferenza e partecipi dell’anelito di redenzione e vita piena dell’intera creazione (cf. Rm 8,19-22). 
  Aver pregato questa mattina per la creazione ha significato aver fatto davanti a Dio memoria della nostra relazione costitutiva e originaria con ogni creatura. Pregare è sempre invocazione di presenza, abbiamo detto e, per questo, pregare per la creazione significa aprire gli occhi per vedere e riconoscere, aprire gli orecchi per saper ascoltare le cose. Come dice l’Apostolo Paolo, “non c’è creatura senza voce” (oudèn áphonon, nihil sine voce est: 1Cor 14,10). Pregare significa riconoscere 
che tutto è opera di Dio, in relazione con lui.  

2) La preghiera per il creato come il farsi voce di ogni creatura 
Nell’ultima strofa delle intercessioni abbiamo così pregato:
  
Fatti voce di ogni gemito e di ogni grido, 
fatti voce di ogni creatura animata e inanimata, 
a te, Signore e creatore, rendiamo gloria  
e da te attendiamo la trasfigurazione di tutto ciò che hai creato. 

 Vorrei  commentare l’espressione “fatti  voce di  ogni  creatura”,  che ho letteralmente tratto dalla conclusione del prefazione della Preghiera eucaristica IV dove si legge: “Insieme con loro [gli angeli] anche  noi,  fatti  voce  di  ogni  creatura  esultanti  cantiamo”(4).  Insieme  agli  angeli  anche l’assemblea  dei  fedeli  confessa  il  Nome  santo  e  tuttavia  vi  è  una  differenza  tra  gli  angeli  e gli uomini e le donne. I credenti non sono voce solo di se stessi e neppure dell’umanità intera ma sono “fatti voce di ogni creatura”, cioè voce anche di ogni creatura animata e inanimata, sia essa animale, vegetale o minerale.  L’espressione “fatti voce di ogni creatura” non è la traduzione letterale del testo latino della preghiera eucaristica che recita “per nostram vocem,  ominis quae sub caelo est creatura, nomen tuum in exaltatione confitemur”, ma una sua poetica interpretazione che si deve a David Maria Turoldo che collaborò alla traduzione del testo. Pregando per la creazione, dunque, noi ci siamo fatti voce di ogni creatura, a dire che abbiamo riconosciuto il senso del cosmo.  Olivier Clément ha scritto: “L’uomo loghikós  è il re-sacerdote che raccoglie i lógoi delle cose per offrirli al Lógos e consentire in questo modo l’irradiamento della gloria” (5).  

Conclusione 
  La preghiera che abbiamo fatto questa mattina, come ogni preghiera, è esercizio di fede per ritrovare Dio al cuore della vita, vederlo all’opera nella terra da lui creata, in relazione con tutte le creature.  La preghiera che abbiamo fatto è un esercitarsi alla  gnôsis  tôn ónton, alla “conoscenza degli esseri”, per imparare la physikè theoría, la “contemplazione della natura”, per avere lo stesso sguardo  di  Gesù quando  osservava  gli  uccelli  dell’aria  (cf.  Mt  6,26;  Lc  12,24),  la  chioccia  che raduna i pulcini (cf. Mt 23,37; Lc 13,34); le piante da frutto messaggere dell’estate (cf. Mc 13,28 e par.),  i  gigli  dei campi  più  eleganti  di  Salomone  (cf.  Mt  6,28-29;  Lc  12,27)…  Anche  le  pietre parlano,  se  ci esercitiamo  ad  ascoltarle!  Questo  è  stata  la  nostra  preghiera,  un  profondo  atto  di ascolto, di comunione, di intercessione.  
  
1  Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogiche 5,66, trad. it. Cirillo e Giovanni di Gerusalemme, Le catechesi ai misteri, a cura di A. Quacquarelli, Roma 1977, p.82 1  
2  Riportata in Segno di unità. Le più antiche eucaristie delle chiese, a cura dei monaci e delle monache di Bose e di E. Mazza, Qiqajon, Bose 1996, p. 168.  
3  Riportata in C. Giraudo, Preghiere eucaristiche per la chiesa di oggi, Gregorian University Press-Morcelliana, Roma-Brescia 1993, pp. 308-309. 
4  “Preghiera eucaristica IV”, in Messale romano, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1983.
5  O. Clément, Occhi di fuoco, Edizioni Qiqajon, Magnano 1997, p. 44. 
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