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Luciano Manicardi Una gioia per tutte le stagioni

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Una gioia per tutte le stagioni

NEL SALTERIO, LA FIDUCIA IN DIO FONDA UNA BEATITUDINE PERMANENTE ANCHE NELLE DIFFICOLTÀ

di Luciano Manicardi monaco di Bose, biblista
Il Salterio, un libro per la felicità dell’uomo
Il Salterio è il libro biblico che contiene il maggior numero di macarismi, cioè di formulazioni che attestano la felicità dell’uomo o del popolo. L’espressione «beato l’uomo che…» (Sal 1,1) o simili ricorre 24 volte nel Salterio.
La beatitudine ha una valenza strutturante significativa: essa apre (Sal 1,2; 2,12), scandisce e conclude (Sal 144,15; 146,5) il libro dei Salmi ed è presente in tutti e cinque i libri che suddividono al suo interno il Salterio. Poiché i salmi 1-2 (unificati da una beatitudine che crea inclusione: Sal 1,1; 2,12) costituiscono il prologo del libro del Salterio e i salmi 146-150 (tutti salmi alleluiatici, ovvero aperti dall’esclamazione Alleluia, “Lodate il Signore”) ne costituiscono l’epilogo, il Salterio appare costruito attorno al doppio binario teandrico della felicità umana e dellalode di Dio. Il Salterio è libro che indica all’uomo la via della felicità. E questa felicità trova la sua espressione piena nella lode: «Beato il popolo che conosce l’acclamazione» (Sal 89,16). Israele, popolo dell’alleanza, è beato perché conosce il Signore e sa lodarlo, cioè sa entrare nella pienezza del senso della vita, una vita che viene dal Signore ed è resa feconda dalla sua benedizione. Poiché “lodare” per l’uomo biblico è evento di bellezza (Sal 147,1), è espressione di relazione con il Dio della vita, è sinonimo di vita («il vivente, egli ti loda»: Is 38,19; «non i morti lodano il Signore»: Sal 115,17), coinvolge tutta la persona (Sal 9,2) e si estende a ogni tempo (Sal 34,2), è comprensibile che la lode introduca in quell’esperienza di pienezza che è la felicità. Il legame tra beatitudine e lode emerge anche dal fatto che in ognuno dei salmi che concludono i cinque libri del Salterio vi è la compresenza di beatitudine e dossologia:
fine I libro: Sal 41 (v. 2-3: beatitudine; v. 14 dossologia);
fine II libro: Sal 72 (v. 17: beatitudine; vv. 18-19: dossologia);
fine III libro: Sal 89 (v. 16: beatitudine; v. 53 dossologia);
fine IV libro: Sal 106 (v. 3: beatitudine; v. 58: dossologia).
Considerando il Sal 145 come l’apice del V libro, prima dell’epilogo del Salterio (Sal 146-150), la beatitudine è contenuta in Sal 144,15 e la dossologia in Sal 145,1.2.21. La distribuzione dei macarismi nei cinque libri del Salterio dice che la felicità ha una storia e un divenire, che è a caro prezzo, che non coincide con un entusiasmo passeggero, che non è legata a situazioni particolarmente “favorevoli” o “positive” ma è un’offerta sempre rinnovata nei vari momenti della vita e della storia, anche i più oscuri. Nove macarismi sono presenti nel I libro che è traboccante di salmi di supplica e di lamento e nove sono presenti nel V libro dove abbondano i salmi di lode. Quattro macarismi sono contenuti nel III libro (Sal 73-89) che contiene molti salmi che trattano della distruzione del tempio e della presa di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi nel 587 a.C. e che culmina in quel salmo 89 che piange la fine della regalità in Israele e lamenta la tragica sconfitta del messia (Sal 89,39-52). Ovvero, la felicità non è legata a una situazione spirituale e storica particolare, ma è una promessa incondizionata che può in ogni situazione essere accolta e realizzata.
L’uomo beato
I salmi 1-2, considerati un unico salmo già nell’antichità, presentano il programma della felicità umana. Se il Sal 2,12, proclamando la beatitudine di chi si rifugia nel Signore, afferma l’origine teologale della beatitudine, Sal 1,1 ne mostra la dimensione etica. La beatitudine è connessa alla fiducia e alla speranza poste nel Signore (Sal 2,12; 34,9; 40,5; 146,5). Questo atteggiamento è al prezzo di una scelta che implica il rifiuto di porre la fiducia in altre realtà: «Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge verso chi segue gli idoli né verso chi segue la menzogna» (Sal 40,5). Il Sal 1 esprime bene il cammino della felicità, la fatica che essa richiede all’uomo: «Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma sulla via dei peccatori, non si siede nel consesso dei cinici, ma pone il suo desiderio nella Legge del Signore e medita la sua Legge giorno e notte» (Sal 1,1-2). L’uomo beato è colui che sceglie, che prende decisioni, che dice diversi “no”, per custodire un “sì” decisivo: il sì alla Torah, alla Legge del Signore, fonte del suo discernimento e del suo agire. È beato chi assume la Torah, la volontà di Dio come progetto guida della propria vita, come principio del suo comportamento. La beatitudine di colui a cui il Signore insegna la sua Legge e con essa lo corregge (Sal 94,12-13), di colui che cammina nella Legge del Signore si manifesta nel “camminare nelle vie del Signore” (Sal 119,1-3). E le vie del Signore sono anche le umanissime vie della giustizia e del diritto, della solidarietà con i più deboli e della cura di chi è malato: «Beati coloro che osservano il diritto e agiscono con giustizia in ogni tempo» (Sal 106,3); «Beato l’uomo che ha cura del debole: nel giorno cattivo il Signore lo libera. Il Signore veglierà su di lui, lo farà vivere beato sulla terra» (Sal 41,2-3). E quando l’uomo si allontana dal Signore e pecca, il perdono che lo reintroduce nella relazione di alleanza fa esplodere in lui la gioia: «Beato l’uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato» (Sal 32,1).
Beato è colui che teme il Signore, ovvero che vive davanti a lui, che pone il suo quotidiano davanti a Dio, con rispetto della sua alterità e nella coscienza della sua presenza (Sal 112,1; 128,1). Questi incontra la benedizione del Signore: beato è l’uomo benedetto dal Signore. La benedizione di Dio produce nell’uomo quei beni e quella situazione “buona” in cui consiste la beatitudine.
Tra questi beni vi è il bene essenziale della famiglia: una sposa feconda (Sal 128,3), molti figli (Sal 127,5), un lavoro che consente di vivere con dignità (Sal 128,2): lavoro e sessualità, vissuti davanti a Dio, dunque nella gratitudine e nella responsabilità, sono al cuore della beatitudine dell’uomo.
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