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Bruni - 25 novembre 2012 XXXIV Tempo Ordinario

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Giancarlo Bruni,  appartiene all'Ordine dei Servi di Maria e nello stesso tempo è monaco della Comunità ecumenica di Bose.

Letture: 
Dn 7,13-14; Ap 1,5-8; Gv 18,33b-37.
«Tu lo dici: io sono re. Il mio regno non è di questo mondo»

1. Re nell’antichità era colui che deteneva il potere legislativo, giudiziario e esecutivo, colui che reggeva la vita di un popolo. Era il monarca, il solo a governare.
In Israele la regalità appartiene solo a Dio, egli dà vita al suo popolo, egli porge codici di vita al suo popolo, egli è giudice verso chi li disattende ma in una misericordia che mai viene meno. Un re di cui i re in Israele sono luogotenenti, gli inviati a governare secondo le indicazioni ricevute che sono il diritto, la giustizia e la pace, la triade che definisce il modo di porsi in verità della regalità. Al tempo di Gesù non si danno più ne re ne regno, ma viva ne è rimasta la nostalgia quotidianamente pregata: «Venga il tuo regno». Una attesa a più facce: attraverso un intervento straordinario di Dio che elimini male e malvagi e istauri il suo regno di bene per i buoni, la via apocalittica; attraverso l’osservanza della legge nell’attenzione anche ai dettagli, la via cara a correnti farisaiche; e attraverso la presa del potere con la liberazione in primo luogo dalla servitù romana, una presa senza esclusione di violenza, la via politica. La via di Gesù si distingue per il suo annunciare che il Regno di Dio è vicino, tra di voi, ma in termini misteriosi, simile a seme nascosto che con potenza opera nel solco della storia e nel profondo dei cuori. Vicino nei suoi gesti, nella sua parola e in lui nel quale la regalità di Dio ha fatto irruzione in Israele e nella vicenda umana. In lui che al termine della sua vita non teme di dichiararsi re, l’atteso Messia di Dio (Mt 21,5; Lc 19,38; Gv 12,13.15). Affermazione chiarissima nel dialogo Gesù-Pilato: «Sei tu il re dei Giudei…Dunque tu sei re?...Io sono re» (Gv 18,33.37).

2. Gesù è re, ma di quale regalità si tratta?: «Il mio regno non è di questo mondo…non è di quaggiù» (Gv 18,36). Pilato e i governatori della terra di ieri e di oggi non devono temere in Gesù un concorrente, e i discepoli di Gesù non possono essere equiparati a correnti politiche in corsa per governatorati umani di qualsiasi tipo (Gv 18,36). Il suo regno non è di quaggiù, non è a questo livello che egli gioca il suo essere re e la sua regalità, piuttosto sul piano della verità: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Ma «Che cosa è la verità» (Gv 18,38), domanda Pilato. Biblicamente verità equivale a realtà svelata per ciò che essa è in maniera solida e stabile da resistere all’usura del tempo, non soggetta a fluidità e transitorietà. Per l’evangelista Giovanni tale verità è venuta per mezzo di Gesù Cristo (Gv 1,17), da lui detta e attestata (Gv 8,40.45s; 16,7; 18,37), e nel suo dire e attestare è Dio stesso a esservi implicato (Gv 5,19s.36s; 8,19.26.28; 12,50). Di più, Gesù non è solo la via alla verità ma la verità stessa fatta carne: «Io sono la verità» (Gv 14,6). Di chi? Di Dio: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9) e dell’uomo: «Ecco l’uomo» (Gv 19,5), così profetizza di lui Pilato. Il Gesù di Giovanni legge dunque se stesso come un generato da Dio e un inviato da Dio, da lassù a quaggiù, a compiere l’opera regale della testimonianza alla verità. Uomini alla ricerca del Dio nascosto io ne sono lo svelamento pubblico e universale nel mio dire, nel mio fare e nel mio morire e risorgere; in breve io sono l’incarnazione della verità di Dio, non solo una delle sue molteplici manifestazioni. Uomini alla ricerca dell’uomo nascosto io ne sono lo svelamento pubblico, io sono l’incarnazione della verità dell’uomo e non solo una delle sue molteplici manifestazioni. In questo sono re, il solo a cui è stato dato il potere di leggere in me la verità permanente di Dio come amore e la verità permanente dell’uomo come amato per sempre per amare per sempre.

3. Non può essere che questa la conclusione ovvia di un lungo cammino liturgico in compagnia di Gesù, il pervenire a comprenderlo come re nel senso di un Tu amico che con autorità fonda, regge e governa in nostro modo di pensare Dio, il nostro modo di pensare l’uomo e il nostro modo di pensare la Chiesa come popolo regale inviato a testimoniare con il volto, la parola e la prassi il volto vero di Dio e il volto vero dell’uomo apparsi in Gesù. Il volto dell’amore attento alle grandi opere regali del diritto, della giustizia e della pace, attento a ricordarlo ai governatori di questo mondo.

Fonte: toscanaoggi
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