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Casati - 2 Settembre 2012 XXII Tempo Ordinario

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Dt 4, 1-2. 6-8
Gc1,17-18.21b-22.27
Mc 7, 1-8. 14-15. 21-23

Questa che oggi abbiamo ascoltato è indubbiamente una delle pagine più aspre del Vangelo: Gesù è aspramente polemico!
Qualche sforbiciatura del testo da parte dei liturgisti è avvenuta certo perché la lettura risultasse meno lunga, ma forse anche per attenuare la ruvidezza della polemica. Perché Gesù si scatena? Da dove veniva Gesù? Veniva da villaggi, città e campagne dove il suo era stato un bagno nell'umanità dolente. "Dovunque giungeva" - è scritto - "ponevano malati nelle piazze e lo pregavano almeno di potergli toccare la frangia del mantello e quanti lo toccavano erano salvi" (Mc 6, 56). Capite che cosa ancora si portava negli occhi Gesù? E che cosa trova? Gente che fa discussione sui suoi discepoli che prendevano cibo con mani non lavate! C'era -capite- da diventare aspri, ruvidi, polemici! Ma cos'erano tutte queste leggi, tradizioni, prescrizioni? Seicento tredici precetti. Le intenzioni -voi lo sapete- spesso all'inizio sono buone. Il desiderio era di mettere come una siepe intorno alla legge di Dio, per proteggerla. Ma il risultato era stato che la siepe si era fatta così rigogliosa da coprire, da soffocare il cuore della legge di Dio: annullate -diceva Gesù- invalidate la parola di Dio con la vostra tradizione. Ci è facile allora capire il comando che oggi abbiamo ascoltato nel libro del Deuteronomio, comando del grande profeta Mosè: "Non aggiungete nulla". "Non aggiungete nulla a ciò che io vi comando e non ne togliete nulla; ma osservate i comandi del Signore vostro Dio...". C'è sempre la tentazione della siepe che, alla fine, ingigantisce e copre. Diceva Arturo Paoli, piccolo fratello di Gesù, anche lui uno, che vive dentro un'umanità dolente: "Pensate alla materialità del Vangelo, alla quotidianità del Vangelo, vorrei dir quasi alla piccolezza del Vangelo, e pensate invece all'aspetto teologico, alle grandi elucubrazioni, alle biblioteche che noi abbiamo riempito! È nato un cristianesimo lontanissimo dalla semplicità, dalla quotidianità, lasciatemelo dire, dal materialismo del Vangelo, che è così carnale, così presente all'uomo, così prossimo alle sue malattie, alle sue difficoltà, alle sue tragedie, ai drammi, al dramma della donna che corre intorno a Gesù e che ha lasciato a casa una figliola che sta male, che corre, corre, corre a Gesù per vedere, per trovare in lui una parola di salvezza, una parola di consolazione. Tutto questo nella nostra pratica religiosa, nel nostro catechismo, non c'è. Se voi leggete il Vangelo di Marco vi accorgete che è poca cosa, che è semplice, si riduce a poche parole e pensate che il Vangelo di Marco è diventato la radice del catechismo cattolico di oltre settecento pagine. Questo vi dà l'immagine della sproporzione...". Una siepe ha coperto e soffocato ciò che intendeva proteggere. E non era stata questa -o anche questa- l'intuizione folgorante di Papa Giovanni: sfrondiamo, sfrondiamo la siepe e riappaia il Vangelo? L'apparato, l'apparato dottrinale, l'apparato istituzionale, rischiava -rischia sempre- di soffocare il cuore del Vangelo. Le tradizioni degli umani cancellano la Parola di Dio. Come poteva affiorare l'immagine della paternità, del padre -"Santo Padre" diciamo- dietro i flabelli, sulle portantine, dietro il tono cattedratico? Via la siepe! E fu l'incanto, l'incanto della paternità. Ce lo portiamo ancora negli occhi. Ritornare al cuore del Vangelo. Quando si soffoca, non c'è più il cuore, non c'è più il cuore del Vangelo. Lo ricordava anche l'apostolo Giacomo nella sua lettera, ma purtroppo il versetto è stato tagliato, forse era pericoloso. Giacomo ricordava che la legge, la legge perfetta, è quella della libertà. Nel versetto tralasciato scrive: "Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato, ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla". Come a dire che il cuore non sia soffocato dalla siepe. È il cuore, è "come sei nel cuore" -diceva Gesù- ciò che conta. E senza cuore -aggiungerà l'apostolo Giacomo- senza cuore per le malattie, le difficoltà, i drammi dell'umanità, senza cuore la religione è una "religione vana".
Fonte:sullasoglia
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