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Riflessioni sulle letture 10 giugno 2012 (Manicardi)

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domenica 10 giugno 2012
Anno B
Es 24,3-8; Sal 115; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26



Il tema dell’alleanza unisce in unità le tre letture odierne. L’alleanza stretta da Dio con il popolo al Sinai e mediata da Mosè, è accompagnata dall’aspersione del sangue delle vittime sacrificali sui due contraenti l’alleanza: Dio (simbolizzato dall’altare) e il popolo.
Si tratta di alleanza bilaterale che al dono di Dio fa seguire le esigenze di obbedienza e attuazione da parte dell’uomo (I lettura). Il Nuovo Testamento afferma il compimento dell’antica alleanza in Cristo, nel sangue di Cristo: la morte di Gesù opera infatti efficacemente quel perdono dei peccati che toglie il grande ostacolo all’obbedienza alle esigenze dell’alleanza (II lettura). Le parole di Gesù durante l’ultima cena attestano che il suo sangue è il “sangue dell’alleanza” (Mc 14,24), cioè che in lui si dà la piena obbedienza a tutte le esigenze dell’alleanza e quindi il compimento di tutti i doni e di tutte le promesse di Dio e non soltanto per Israele, ma per tutte le genti (“versato per molti”: Mc 14,24). Il vangelo sottolinea così il carattere di alleanza proprio dell’eucaristia. L’atto di mangiare il pane e di bere il vino eucaristici, che significa la partecipazione alla vita di Gesù, consente di entrare nell’alleanza nuova stabilita da Gesù stesso. Un’alleanza in cui dobbiamo sempre di nuovo entrare perché essa comporta il passaggio da un’esistenza sotto il segno del peccato a un’esistenza rinnovata dallo Spirito santo.
Le parole sul pane spezzato e poi donato ai discepoli (“Prendete, questo è il mio corpo”: Mc 14,22), fanno di esso un pane “parlato” che significa il corpo donato di Gesù. Le parole che seguono non solo la distribuzione del calice, ma anche l’atto di bere da parte dei discepoli (“Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per tutti”: Mc 14,24), significano ugualmente un vino “parlato” che simbolizza e riassume la vita donata di Gesù e ne profetizza e anticipa la morte cruenta. Quelle parole esprimono la priorità del dono che caratterizza il gesto eucaristico e indicano il fatto che la risposta positiva del credente altro non è che l’accoglienza del dono, il sì alla grazia, la gratitudine.
Se l’eucaristia è sintesi di tutta la vita del Figlio, sintesi dell’intera storia di salvezza nella vita di Gesù il Messia e il Servo, essa diviene anche offerta della vita cristiano. Ignazio di Antiochia ha potuto scrivere anticipando l’evento del suo martirio: “Io sono il frumento di Dio macinato dai denti delle belve per essere trovato pane puro di Cristo” (Ai Romani IV,1). Il dono della vita di Cristo significato dal pane donato e mangiato e dal vino versato e bevuto dai commensali, conduce a una comunione di vita con il Signore stesso che impegna il credente e la chiesa a fare della propria vita una vita donata per gli altri, una pro-esistenza. O, se vogliamo, a fare della vita di Cristo, tutta sotto il segno del dono, la propria vita: l’eucaristia impegna la chiesa nel suo insieme, come comunità, come corpo, a vivere il “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Nell’eucaristia vi è la chiamata rivolta alla chiesa a divenire serva sulle orme del Signore Servo.
Il vangelo sottolinea anche la dimensione escatologica dell’eucaristia. “Non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno di Dio” (Mc 14,25). Il pasto comunitario eucaristico sarà per la chiesa il memoriale della presenza del Signore nei tempi della sua assenza e rinnovamento della comunione con lui: l’eucaristia è il pasto per il tempo intermedio tra la Pasqua e la parusia. Sempre l’eucaristia ci situa nell’oggi grazie alla memoria di ciò che è avvenuto nel passato una volta per tutte (e che nell’eucaristia viene compreso sempre più a fondo e sempre di nuovo) e grazie all’attesa di colui che verrà nel futuro alla fine dei tempi (“finché egli venga”). Tra memoria di Cristo e attesa di Cristo, l’eucaristia fa dell’oggi del credente il luogo in cui vivere come Cristo ha vissuto. In cui vivere l’agape, la carità: l’eucaristia non è forse il sacramento dell’amore di Dio?
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