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"Ma Gesù morì di infarto?"

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Un editoriale del 2010 del “Giornale Italiano di Cardiologia“ ("Gesu' morì d'infarto?", Giornale Italiano di Cardiologia 2009; 10'( )9; 602- 608; autore dr. Francesco Fiorista, Divisione di Cardiologia Ospedale S. Carlo Borromeo di Milano, frutto di 15 anni di studi e di ricerche) propone un articolo, a metà strada tra la ricostruzione storica e l’accertamento scientifico della vicenda. Da medico, oltrechè da credente in cammino, mi è parso interessante riproporre alcuni spunti del lavoro, che possono essere utili per meglio inquadrare la vicenda del Cristo, nelle sue ultime ore di Passione, senza troppo entrare nei dettagli tecnici. Gli articoli medici pubblicati negli ultimi 140 anni su riviste scientifiche internazionali sono diverse decine, prevalentemente di carattere anatomopatologico e medicolegale: la letteratura sulla morte di Gesù si intreccia in parte con quella sulla Sindone, ma da quest’ ultima deve rimanere ben disgiunta. Diversamente da altre note pene capitali, quasi nulla la scienza medica conosce direttamente sulla fisiopatologia della morte in croce. L’ unico aggancio reale è con la pena detta “aufbinden“ (legare in alto) praticata dall’esercito austroasburgico nella prima guerra mondiale, che vedeva il condannato appeso per i polsi ad un palo, con tutto il peso del corpo, che esercitava fortissima trazione sugli arti superiori, senza possibilità di toccare terra con i piedi, determinando un tentativo tremendo per poter respirare. La pena della croce comportava anch’ essa un analogo sforzo per respirare, ma più prolungato nel tempo: l’abnorme posizione del corpo determinava l’ immobilizzazione del torace in una posizione respiratoria globosa, rendendo difficoltosa l’ espirazione, come in una crisi di insufficienza respiratoria acuta. Per espirare, riprendere fiato e non soccombere all’ asfissia, il condannato doveva spingere sui piedi inchiodati, facendo forza sui polsi trafitti, per riportare il torace all’ altezza delle braccia e ristabilire la normale dinamica respiratoria. L’agonia, dunque, era un continuo saliscendi lungo il palo verticale della croce, dolorosissimo, anche perché  tutto il corpo era già sanguinante per la precedente flagellazione: continui accasciamenti e raddrizzamenti del torace in un alternarsi di asfissia - respirazione fino a quando, non riuscendo più il tronco a sollevarsi, giungeva la morte asfittica, anche dopo 2-3 giorni. Tralascio altri macabri dettagli, facilmente immaginabili e raccapriccianti soltanto a leggerli!
Aggiungo solo il dettaglio della “ crurifragio “ (gambe spezzate con colpi di clava): in tal modo, come nel casi dei due ladroni, non potendo più il condannato spingere sulle gambe, la morte asfittica respiratoria insorgeva rapidamente in pochi minuti. Ma perchè Gesù - uomo trentenne sano - morì così rapidamente, in sole tre ore, così da suscitare lo stupore del procuratore romano? L’ ipotesi più accreditata rimane quella asfittica per insufficienza respiratoria, resa breve dall’importante emorragia secondaria a ferite ed a flagellazione. Ma, oltre all’ anemia emorragica da sanguinamento, sono state ipotizzate varie altre concause, per spiegare la morte” rapida “ del Cristo, tanto da poter parlare di una morte multifattoriale: l’ ipossiemia cardiaca e cerebrale, lo stato di acidosi respiratoria, il collasso da prolungata stazione eretta, la disidratazione ed il digiuno, la tossiemia per riassorbimento di materiale infetto dalle ferite, la probabile febbre da trauma e da riassorbimento di ematomi, i disturbi della termoregolazione, lo stress psicofisico. Ma, accanto a quella asfittica, si è fatta strada anche un’ altra ipotesi, quella cioè di un infarto miocardio da stress, con rottura di cuore: tale ipotesi, anche alla luce delle conoscenze degli ultimi 30 anni circa l’ infarto miocardio da stress e da vasospasmo coronarico ad arterie coronarie indenni, potrebbe essere valida. Bisogna, infatti, ricordare che, oltre alle percosse subite, lo stress psicologico fu fortissimo ed iniziò la sera di Giovedì nell’ Orto degli Ulivi, prima della cattura, quando Gesù, ben consapevole di quanto lo attendeva, oppresso dallo scoramento per l’ abbandono dei suoi tre apostoli prediletti, presentò il rarissimo fenomeno dell’ ematoidrosi, ovvero del sudore sanguigno, come narrato dal solo Luca, l’ Evangelista medico. Non a caso per l’ angoscia di Cristo è usato il vocabolo latino “angor“, termine passato in Medicina per indicare “ stringimento, soffocamento, pena, angustia “, fino a giungere al quadro cardiologico dell’ angina pectoris. Lo stress proseguì con la drammatica e tumultuosa cattura armata, sempre nell’ Orto del Gethsemani, lo sconforto di veder fuggire tutti gli Apostoli, i primi due processi religiosi davanti ai Sacerdoti Anna e Caifa, l’ insonnia notturna fino al primo mattino seguente col processo civile davanti a Pilato, interrotto dal burlesco interrogatorio di fronte ad Erode Antipa, la violentissima flagellazione sino a quello che Cicerone definì “estremo e sommo supplizio della schiavitù“. Ma,oltre alla possibilità di un infarto da stress in presenza delle varie concause esposte, è noto come lesioni cardiache di varie strutture anatomiche possono presentarsi a seguito di traumi non penetranti del torace, con casi di infarto miocardio e rottura cardiaca. Se tale ipotesi avvenne realmente, si sarebbe allora verificata una profezia dell’ Antico Testamento, quella del Salmo 69,21: “L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno“. Quanto al doppio fiotto di sangue ed acqua, l’acqua poteva essere il siero separatosi dal sangue nell’ intervallo di circa 2 ore tra la morte di Cristo ed il colpo di lancia infertogli. Secondo altri Autori, la lancia avrebbe attraversato il torace e “ l’acqua “ che vide uscire Giovanni poteva essere il siero di una pleuropericardite traumatica; secondo un ‘altra ipotesi, poteva trattarsi del trasudato di un idrotorace determinato dalla stasi ematica degli appesi:“ Gli appesi, una maledizione di Dio “ (Deuteronomio 21, 23). Da quanto sopra esposto, emerge un quadro di una sconvolgente drammaticità, oggetto di tanta attenzione da parte di artisti e letterati, probabilmente ben reso nella sua cruda realtà dal tanto discusso film “The Passion“ del regista australiano Mel Gibson. Di fatto, il Mistero della Croce resta in tutta la sua insondabile profondità, per una maggior comprensione del quale possono essere di aiuto e di supporto alcuni chiarimenti scientifici.

                        Giancarlo Torello
medico cardiologo



articolo pubblicato nel 2010 sul giornale diocesano di Savona "Il Letimbro". 
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