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XXIII domenica del t. O. (Luciano Manicardi)

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domenica 4 settembre 2011
Anno A
Ez 33,7-9; Sal 94; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20
La fede in Dio diviene responsabilità verso il fratello e questa si declina come ammonizione e correzione del fratello: questo il messaggio che unisce prima lettura e vangelo.
La correzione fraterna richiede un profondo senso di fede. Questo emerge dalle parole di Gesù secondo le quali essa deve esercitarsi nei confronti di chi “ha peccato”, commettendo una colpa pubblica, non diretta in modo particolare contro l’altro. Il testo non dice: “Se tuo fratello ha peccato contro di te”. In quel caso, rivelerà Gesù, vi è il perdono senza misura (cf. Mt 18,21-22). La maturità di fede consiste nel sentirsi feriti dal peccato in quanto tale, non soltanto dall’offesa personale. La correzione fraterna si oppone al silenzio complice, alla pigrizia di chi non vuole inimicarsi l’altro, ai meccanismi di autogiustificazione sempre pronti a trovare buoni motivi per non intervenire e non denunciare il male là dove è commesso. A livello ecclesiale la correzione corrisponde a una parola audace e profetica pronunciata a qualunque prezzo, perché di mezzo c’è il Vangelo. Uno dei più frequenti peccati di omissione è il sottrarsi alla denuncia del male e del peccato, è il sottrarsi alla correzione fraterna.
La capacità di correzione dice la libertà del credente. E anche la sua obbedienza radicale al Vangelo e la sua appartenenza al Signore.

L’autenticità dell’amore sgorgato dal Vangelo si manifesta nella capacità di correggere colui che si ama. L’amore “spirituale”, non psichico, vince la tentazione di tacere il peccato commesso dall’amico per timore di perderne l’amicizia. La correzione fraterna dice che l’amore cristiano deve essere vissuto all’interno della responsabilità per gli altri e per il mondo.
La correzione fraterna va colta anche dal punto di vista di chi la riceve, che è sempre un fratello, un membro della comunità cristiana. Occorre molta umiltà e disponibilità a ricredersi e a ricominciare. L’autentica correzione fraterna non è un giudizio, e ancor meno una condanna, ma un evento sacramentale che fa regnare Cristo come terzo tra chi la esercita e chi la riceve. Essa richiede il coraggio della parola: coraggio che può nascere solo radicando la propria parola nella parola evangelica.
I tre “gradi” del processo disciplinare nei confronti di chi ha peccato nella chiesa (cf. Mt 18,15-17) indicano quantomeno la prudenza e la gradualità in cui si svolge il tentativo di accordare l’istanza evangelica con il rispetto del fratello peccatore al fine di recuperarlo. L’orizzonte della correzione è infatti quello espresso dal profeta Ezechiele, secondo cui Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cf. Ez 33,11).
La scomunica (cf. Mt 18,17) appare come extrema ratio. E certamente la prassi storica delle comunità potrà e dovrà creare e inventare forme di intervento che cerchino in ogni modo di evitare l’allontanamento di un fratello. Impressiona, nella Regola di san Benedetto, la procedura prevista nei confronti di un fratello peccatore: “L’abate si comporti come un esperto medico: se ha usato i lenitivi, gli unguenti delle esortazioni, i medicamenti delle divine Scritture, e, da ultimo, il cauterio dell’esclusione o delle battiture della verga, se vede che tutto il suo darsi da fare non serve a nulla, allora ricorra a ciò che è ancor più efficace: la preghiera sua e di tutti i fratelli per lui, affinché il Signore, che tutto può, operi la guarigione del fratello malato” (28,2-5).
L’estensione ai membri della comunità, o almeno ai suoi responsabili, del potere di “sciogliere e legare”, riservato al solo Pietro in Mt 16,19, dice l’importanza dellacorresponsabilità nell’esercizio dell’autorità nella comunità cristiana. E ribadisce un principio importante della prassi sinodale: “Ciò che nel corpo ecclesiale concerne tutti, deve essere discusso e approvato da tutti”.
Se nella chiesa vi è divisione e peccato, essa però trova la sua unità nel Nome del Signore: lì, fosse ben tra due o tre credenti, perché mai nel Nuovo Testamento la chiesa dipende dal numero, si può creare la sinfonia (vb.symphonéo: v. 19) gradita al Signore e da lui ascoltata.
LUCIANO MANICARDI
Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
© 2010 Vita e Pensiero
Fonte: monasterodibose
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