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Famiglie della Visitazione: 6 Febbraio 2011 V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

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Matteo 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
13«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

1) Voi siete il sale della terra: come nel versetto finale di domenica scorsa, Gesù si rivolge direttamente con il voi ai suoi ascoltatori. Non dice “siate” per esprimere un auspicio, ma siete: sta rivelando una realtà che già esiste, la realtà del regno di Dio. Si descrivono gli effetti dell’annuncio del regno. Non si parla di virtù proprie di una ristretta élite, ma di un dono. Il sale, per dare il sapore ai cibi, deve sciogliersi; la presenza di un granello di sale nel cibo è sgradevole. La comunità dei discepoli ha ricevuto in dono il sapore, la sapienza, ha dunque il compito di salare tutta l’umanità, ma per fare questo si deve sciogliere, si deve fondere con i cibi e far risaltare il sapore caratteristico di ogni cibo.
2) Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato: il dono ricevuto, quella sapienza che il Signore ha rivelato ai piccoli, ha salvato i discepoli da una vita senza sapore e li ha introdotti nella gioia, nella beatitudine del regno. Ma il dono comporta la responsabilità nella sua custodia: perdere il sapore, disprezzare il dono rovina la vita del discepolo (gettato via e calpestato dalla gente). È interessante notare che il Signore non si preoccupa di come e quando il sale farà il suo effetto, l’importante è che mantenga il sapore, il resto verrà di conseguenza.
3) Voi siete la luce del mondo: il paragone del sale ha definito lo stile del servizio reso dalla comunità dei discepoli a tutti gli uomini, uno stile discreto, non sfacciato. Non significa però che i discepoli rimarranno nascosti, anzi non è proprio possibile. Il seguito del discorso farà capire l’origine e la natura di questa luce.
4) Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte: la vita dei discepoli è destinata a diventare pubblica, manifesta. Non è una scelta, una strategia di comunicazione, la comunità dei discepoli semplicemente non può fare altrimenti. Nel parallelo di Luca si dice: non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce (Lc 8,17).
5) Né si accende una lampada per metterla sotto il moggio: c’è qualcosa di più innaturale di accendere una lampada è nasconderla sotto un mobile basso?
6) Risplenda la vostra luce davanti agli uomini: il mondo è pieno di gente che vuole mettersi in luce, è difficile sfuggire all’impulso di mettersi in mostra, di gareggiare per i primi posti. Qui la cosa è diversa: si manifesta la stessa luce che ha illuminato il buio della condizione di peccato del discepolo: Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce (Mt 4,16).
7) Perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli: la luce donata al discepolo agisce profondamente nel suo cuore e si manifesta nelle sue opere. Non sono necessariamente opere grandiose, ma opere che lasciano intravedere la salvezza che viene dal Padre. Di nuovo, la preoccupazione di Gesù non è come e quando avverrà l’illuminazione, ma che la luce ci sia.


Isaia 58,7-10
Così dice il Signore:
7«Non consiste forse [il digiuno che voglio]
nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
8Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
9Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!».
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
10se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio».

1) Così dice il Signore: «Non consiste forse [il digiuno che voglio]…»: in Israele si digiunava per esprimere l’umiliazione dell’uomo davanti a Dio e prepararsi all’incontro con Lui. Cfr.: Quando io [Mosè] salii sul monte a prendere le tavole di pietra, le tavole dell'alleanza che il Signore aveva stabilito con voi, rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua (Dt 9,9). Ma ai tempi del profeta Isaia molti vivevano il digiuno come esibizione e occasione per guadagnare meriti presso Dio. E Isaia li rimprovera perché l’incontro con Dio non può non essere anche incontro con il povero perché Dio stesso si è fatto Povero: Cristo, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo (cfr. Fil 2,6-7). Anche per i Vangeli il digiuno può avvenire solo nel segreto, nell'umiltà e avendo come scopo l'amore per Dio e l’amore per il prossimo (Mt 6,16-18).
2) … nel dividere il pane con l'affamato … ? Lo spezzare il pane è il gesto compiuto dal Signore durante la Cena pasquale.
3) … nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo,: a questo e altri versetti simili si ispirano le sette Opere di misericordia corporale, consigliate dalla Chiesa ai fedeli: Dar da mangiare agli affamati. Dar da bere agli assetati. Vestire gli ignudi. Alloggiare i pellegrini. Visitare gli infermi. Visitare i carcerati. Seppellire i morti.
4) Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto: la risposta del Signore è immediata. Nella persona del Povero si incontrano Dio e il fedele: Dio che lo ama e il fedele che lo aiuta.
5) Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: "Eccomi!": il grido di invocazione è la preghiera più efficace come emerge dalla storia della salvezza: Il Signore disse [a Mosè]: "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido… Sono sceso per liberarlo (Es 3,7s).
6) … allora brillerà fra le tenebre la tua luce,…: è la Luce pasquale! È la vita cristiana perché così è Cristo: la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta (Gv 1,5).


1Corinzi 2,1-5
1Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. 2Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
3Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. 4La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

1) Quando venni tra voi non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola… la mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza…: con due negazioni, Paolo vuole rimarcare la profonda differenza tra il mistero di Dio e la parola e la sapienza degli uomini, anche se eccellenti. Il mistero di Dio, è il suo progetto per la salvezza degli uomini e non si può esprimere con parole umane, perché è incomprensibile che Dio debba arrivare alla morte di croce. Paolo invece ha conosciuto l’umiliazione e la rinascita a vita nuova in Gesù e ne diventa testimone: Se anche sono un profano nell’arte del parlare, non lo sono però nella dottrina (nella conoscenza), come abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a voi… (2Cor 11,6).
2) Io ritenni  infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso: il rimanere nella debolezza dei piccoli fa emergere la bellezza  della croce. Tutto è nella croce di Gesù: Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose… diventandogli conforme nella morte con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti (Fil 3,8ss). La partecipazione alle stesse sofferenze di Gesù è nel cuore dell’uomo una “bella battaglia”. Importante è ricordare la fatica dell’apostolo Pietro: Pietro intanto se ne stava seduto fuori nel cortile… Lo vide un’altra serva e disse ai presenti: Costui era con Gesù il Nazareno. Ma egli negò di nuovo giurando: Non conosco quell’uomo (Mt 26,69ss).
3) …perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio: la fede viene dal fatto che proprio sulla conoscenza della debolezza estrema degli uomini, si fonda la conoscenza della potenza di Dio: Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio e non viene da noi ( 2Cor 4,7).



SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Ci possiamo domandare se le molte e ricche suggestioni contenute nella Parola di questa domenica si possono far convergere verso un solo elemento unitario. A me sembra che questo "cuore" di tutto sia il mistero dell'amore, la realtà dell'Amore. E subito emerge potente ed esigente la categoria del dono. È quasi imbarazzante questa affermazione, perché il termine "amore" qualifica tali e tanti eventi, situazioni, desideri, istinti... - e questo proprio per la "povertà" linguistica che mette sotto la stessa parola realtà ed eventi diversi che possono addirittura diventare opposti tra loro - da far pensare inutile avvolgerlo di precisazioni ulteriori. Invece per la nostra tradizione è essenziale accompagnare la realtà dell'amore con quella del dono, perché noi riteniamo l'amore come un dono "ricevuto". Tutt'al contrario di un istinto o di una capacità umana, si può amare solo se si è stati amati. Non fa parte della "natura", ma è evento nella storia di ogni persona. E per questo non si può certamente riservarlo all'orizzonte di una fede religiosa. La memoria evangelica si compiace anzi di mostrare come anche senza la fede l'amore possa entrare nella coscienza e nella storia delle persone, confermando una realtà profonda nella quale tutti siamo immersi. Di questo si può dare anche una prova in negativo! Chi nella storia della sua vita è stato poco amato, è certamente più affaticato ed esposto ad atteggiamenti diversi dall'amore o addirittura estranei e contrari.
Oggi quindi si parla dell'enorme responsabilità di comunicare un dono ricevuto. Il sale che "perde il sapore" porta con sé un giudizio severo nei confronti di chi non comunica quello che ha ricevuto in dono. Un dono così potente da qualificare radicalmente chi l'ha ricevuto, al punto che chi ha ricevuto "sale" o "luce", si sente dire: "Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo". Dunque una responsabilità enorme, quasi importabile e insopportabile. Il sale, la luce, l'aiuto al fratello povero come autentico digiuno nella profezia di Isaia, e lo stesso annuncio di Gesù crocifisso, portato non con il sostegno di sapienze mondane, perché resti intatto lo "scandalo della Croce"... tutto questo dice il dono dell'Amore immerso nella povertà della carne e della storia. La storia dell'umanità diventa, con Gesù di Nazareth, la vicenda dell'amore di Dio per l'uomo che porta Dio a esiliarsi nell'umanità nella Persona del Figlio. Cambia l'itinerario della storia: non l'umanità che sale verso Dio, ma Dio che scende verso l'umanità per donarle il suo stesso cuore, il cuore del suo mistero: l'Amore, perché Dio, come dice Giovanni nella Prima Lettera, è Amore.
Finalmente tutte le norme antiche trovano il loro significato più profondo raccogliendosi nell'unico precetto dell'Amore. Precetto dell'Amore per accogliere e comunicare l'Amore di Dio. Come già più volte ci siamo detti, tutti i precetti restano come vie e volti dell'Amore di Dio e del prossimo. Ho ascoltato una conferenza interessante dove veniva detto che oggi si pretende una assoluta e indiscriminata "libertà", che davanti ad ogni precetto: "no questo, no quello..." obietta: e perché no? Io avvertivo in questo, forse sbagliando, l'eco di molte obiezioni del Signore Gesù nei confronti del sistema precettistico farisaico: Non si può mangiare senza lavarsi le mani. E perché no? È una domanda dispettosa davanti ad ogni precetto, che è vero e buono se, come dicevamo, è via e volto dell'unico precetto dell'Amore. Noi abbiamo questo compito e questa responsabilità. E Gesù ci chiede di sostenere questo fardello semplicemente con il volto della nostra vita: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli".

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