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I domenica di Avvento 28 novembre 2010 Anno A Famiglie delle Visitazione

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Matteo 24,37-44
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

1) Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo: il tempo liturgico dell’Avvento prepara al Natale, la prima venuta di Gesù. La venuta di Gesù nella carne ha introdotto una “rottura” nel corso della storia, c’è una tensione verso la parusia di Gesù alla fine dei tempi. Il brano del vangelo di questa 1^ domenica di Avvento è preceduto dal discorso di Gesù sulla fine del mondo: Gesù ha parlato degli avvenimenti ultimi, ma adesso l’attenzione si sposta sull’oggi. Il paragone con i giorni di Noè introduce questa nuova sezione del discorso.
2) Nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca: nella descrizione che Gesù fa dei tempi in cui Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè (1Pt 3,20) si evidenziano la mensa e il matrimonio, non certo in senso negativo. A fianco di questa realtà c’è Noè che avvertito di cose che ancora non si vedevano, preso da sacro timore, costruì un’arca per la salvezza della sua famiglia (Eb 11,7). La realtà di Noè e della sua famiglia non era diversa da quella degli altri, ma evidentemente il sacro timore illumina tutta la sua vita. La Genesi narra la malvagità dei contemporanei di Noè e tra questi ricorda i giganti, gli eroi dell’antichità, uomini famosi (Gen 6,4): la bellezza della vita di Noè è nascosta e custodita dentro una vita normale, senza manifestazioni straordinarie.
3) Non si accorsero di nulla (lett. non conobbero) finché venne il diluvio e travolse tutti: la superbia della vita porta a non conoscere, a non accorgersi dell’azione di Dio.
4) Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato: di nuovo il Signore propone una sorte diversa tra due che sono impegnati nel loro lavoro quotidiano. C’è una separazione, un giudizio che arriva inaspettato e a cui si deve sempre essere pronti.
5) Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà: la sospensione di questa venuta futura (non si sa il giorno) ha come conseguenza questo atteggiamento di vigilanza.
6) Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa: l’immagine usata da Gesù è particolarmente incalzante; nell’antichità le ore della notte venivano misurate come turni di guardia, il testo quindi suona letteralmente: a quale turno di guardia viene il ladro. Il padrone di casa che non fa la guardia, rischia di perdere tutto.
7) Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo: la traduzione italiana usa qui il presente, che per la verità è usato spesso nei versetti precedenti: ad esempio nel v 42 il verbo è lo stesso. La vigilanza raccomandata da Gesù non è solo l’attesa della parusia; c’è una venuta del Figlio dell’uomo che succede oggi. Chi è sazio e soddisfatto non ha motivo di vigilare, ma l’invito è a vegliare, a stare pronti perché lo Sposo arriva.

Isaìa 2,1-5
1Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.
2Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà saldo sulla cima dei monti
e s’innalzerà sopra i colli,
e ad esso affluiranno tutte le genti.
3Verranno molti popoli e diranno:
«Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe,
perché ci insegni le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri».
Poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
4Egli sarà giudice fra le genti
e arbitro fra molti popoli.
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione,
non impareranno più l’arte della guerra.
5Casa di Giacobbe, venite,
camminiamo nella luce del Signore.

1) Messaggio (lett. la parola) che Isaia ricevette (avviene, accade) in visione su Giuda e su Gerusalemme: la Parola è l’“evento” che, tramite il profeta, “accade” al popolo d’Israele: il profeta… che ha udito la mia parola annunzi fedelmente la mia parola (Ger 23,28) perché: la mia parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata (Is 55,11).
2) Alla fine dei giorni, il monte del Signore sarà saldo sulla cima dei monti: la fine dei giorni è il compimento delle Scritture, è la fine del tempo antico e l’inizio dell’era messianica, la venuta del Messia: il Signore regnerà su di loro sul monte Sion, da allora e per sempre (Mi 4,7). Esulta, grandemente, figlia di Sion, … ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso (Zc 9,9).
3) Ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: “venite, saliamo sul monte del Signore  perché ci insegni le sue vie”: nell’era messianica tutti i popoli senza alcuna distinzione si esorteranno a vicenda per poter percorrere insieme l’unica strada per arrivare, all’incontro con lui, alla sua conoscenza, alla salvezza: così dice il Signore degli eserciti: anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno e si diranno l’un l’altro: “su andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore: Anch’io voglio venire”. Così popoli numerosi e nazioni potenti verranno a Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore (Zc 8,20-21).
4) Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratriuna nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra: i popoli in cammino verso Gerusalemme col desiderio sincero e la volontà di incontrare e conoscere il Signore non possono che compiere un cammino verso la pace. La progressiva conoscenza e vicinanza al Signore porta ad un capovolgimento e a una trasformazione di ogni strumento di guerra e di violenza in strumenti di lavoro e di pace: un bambino è nato per noi… il suo nome sarà… principe della pace… e la pace non avrà fine (Is 9,5-6).
5) Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore: Giacobbe, Israele cammina nella luce della Parola che vince le tenebre del mondo, cammina e precede tutti i popoli per indicare a tutti questa via: ritorna Giacobbe, e accoglila (la sapienza, la legge), cammina allo splendore della sua luce (Bar 4,2). E Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla su di te… La tenebra ricopre la terra… ma su di te risplende il Signore… cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere (Is 60,1-2).


Romani 13,11-14a
11Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. 12La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. 13Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. 14aRivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

1) Consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno: ormai i Cristiani sanno che il tempo è diviso tra un prima e un dopo la morte di Gesù.
2) La notte è avanzata, il giorno è vicino: questo è il momento più buio, il più freddo. In questa ora le sentinelle che vegliano sono stanche e attendono la luce con trepidazione. L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora (Sal 29,6).
3) Gettiamo via le opere delle tenebre: proprio perché la notte è al suo culmine e l’alba non può tardare, non si può più stare a perdere tempo nell’angustia e nel torpore delle tenebre. Non partecipate alle opere delle tenebre che non danno frutto (Ef 5,11). Con la propria vita si annuncia e si affretta la venuta della luce. Voglio cantare, voglio inneggiare: svegliati mio cuore, svegliatevi arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora (Sal 107,2 ss).
4) Indossiamo le armi della luce… rivestitevi del Signore Gesù Cristo…: bisogna indossare questa nuova armatura, questo vestito di luce, che è per una guerra che non fa alcun male al prossimo e che accoglie chi è debole. Rivestitevi, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente (Col 3,12 ss).


SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

I tempi di Dio non si possono preparare. Sono portato a pensare che neppure i padri ebrei pensassero di poterli preparare. Leggo una meravigliosa regola di vita cristiana che dice che "il tempo non è nostro". Per la nostra tradizione sapienziale non è possibile "prepararsi", perché quello che doveva succedere è già accaduto. In questo senso il tempo non è una delle misure delle cose, ma ne è il grembo. E se appunto questo poteva avere un suo ordine di successione in una storia tutta piena di "profezia", con Gesù tutto questo è finito. Scrivo con esitazione e anche con una certa pena questi pensieri, perché sento sempre in agguato dentro di me una domanda: "E siamo ancora a questo punto?". La tentazione di pensare che in questi duemila anni e passa il Vangelo sia ancora terribilmente ai margini della vicenda umana e della stessa vicenda ecclesiale, e anche, in ciascuno di noi, per quello che riguarda il volto della nostra vita, è molto forte. Propongo di uscirne, o per lo meno di collocare questa immagine negativa nel luogo dove la liturgia ci chiede di confessare la nostra condizione di poveri peccatori. Un punto di partenza, per lasciarsi portare verso prospettive assolutamente diverse e nuove: le meraviglie che il Signore opera nelle persone nelle famiglie, nelle chiese, nelle terre, nelle culture, in tutti i tempi... "Fammi vedere, Signore, lo splendore del tuo monte.
Noi tendiamo a ridurre il Vangelo ad un codice etico, essendo tale codice la via e la condizione per andare in Paradiso. Non è difficile vedere come tutto questo rischi di portarci fuori proprio da quella storia nella quale Dio è entrato per cambiarla, per rinnovarla, e per riempirla di Sé. Il rischio è che la Parola evangelica diventi una norma fissa (almeno nelle sue pretese) avente come fine un' "eternità" ovviamente anch'essa fuori dal tempo. Invece, il Vangelo ci è regalato perché possiamo "farlo", celebrarlo", renderlo presente e vivo nel nostro tempo. Ritengo che anche il brano del Vangelo di questa domenica vada interpretato in termini di assoluta laicità. In qualunque luogo e tempo dove viviamo, lavoriamo, ci sposiamo, ci ammaliamo, facciamo festa... siamo chiamati alla meravigliosa ipotesi di portare il Vangelo nella nostra umile vita. Abbiamo il dono divino della Messa. E la Messa ci è regalata proprio perché possa essere l'incessante conversione dei nostri cuori e l'inizio sempre possibile di una vita nuova secondo Gesù. Da una parte quindi, come accennavo prima, può darci un certo sconforto vedere come tante, tantissime vicende della nostra vita e del cammino delle chiese e delle nazioni siano non solo lontane dal Vangelo, ma addirittura esposte a giustificare e a glorificare ciò che addirittura è negazione della bellezza evangelica.
D'altra parte, però, quante gemme evangeliche vediamo accanto a noi, se vogliamo guardare tutto con lo sguardo di Gesù! Ed è bello osservare come queste perle evangeliche, proprio per l'universale azione dello Spirito di Gesù, si manifestino e fioriscano anche lontano dai confini ecclesiali... Al punto che ci convinciamo sempre più che è impossibile stabilire per le Chiese dei confini... Chiudo citando un fatto recente che mi ha molto consolato: la parola del Papa circa l'uso del preservativo. Anni fa assistetti ad un dialogo intenso tra il nostro Arcivescovo e la nostra carissima sorella Maria Elisabetta. Lei rivendicava, pienamente capita anche dal Cardinale, di avvertire un profondo disagio interiore davanti ad una proibizione che può diventare una finestra pericolosa affacciata sulla morte di tanta povera gente. Ebbene, mi sembra che le parole del Papa di cui siamo venuti a sapere sia un bel regalo per Maria Elisabetta e per tutti noi proprio mentre inizia il nuovo anno liturgico. Lo Spirito ha guidato il nostro Papa non a violare la Parola evangelica, ma a capire come viverla nella nostra povera storia e dentro il dramma dell'AIDS. Chissà quanti pensieri e azioni di splendore evangelico il Signore ha preparato per questo nuovo anno, per il quale auguro a tutti voi un buon viaggio pieno delle luci di Gesù.

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