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Paola Radif commenta "Camminare nelle vie dello Spirito". Lettera Pastorale 2009-2010 Card. Bagnasco (7)

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lettera pastorale

Capitolo IV
Le sorgenti della vita spirituale
Parte quarta e quinta
L’ascesi e alcuni punti di essa

Già il solo termine “ascesi”, che significa salita, con tutta la fatica che essa comporta, sembra ricondurre a concetti superati. La mentalità odierna promuove l’idea che il cammino spirituale si possa costruire sulla spontaneità individuale: niente sforzo e niente metodo.
Essere discepoli di Gesù – ricorda il Cardinale – “è affascinante e arduo.” Essere figli di Dio è una grazia ma vivere da figli è una responsabilità. Certi dell’aiuto dello Spirito Santo, nessuna nostra fragilità deve scoraggiarci, perché la potenza dello Spirito è più forte della nostra debolezza. Ma per lasciar agire lo Spirito Santo occorre disporsi nella via dell’ascesi, cioè offrirsi alla sua azione viva e trasformante.
Essa viene bene descritta da San Giovanni della Croce, che la paragona all’azione del fuoco: esso, nel bruciare il legno, prima lo dissecca, facendolo lacrimare per espellerne l’umidità, poi lo rende nero e maleodorante. Infine lo trasforma in fuoco, brillante come se stesso. Analoghi effetti si possono riscontrare nell’anima che si lascia trasformare dal fuoco divino dell’amore.
Se lo Spirito Santo è il primo protagonista della vita spirituale, ce n’è un secondo, il nostro personale impegno.
La condotta di vita va cambiata ed è questo lo scopo dell’ascesi, che rinnova nello spirito e che richiede, come detto, sforzo e metodo. Il cristiano non pensa che la sua vita sia un percorso piano e agevole, ma sa che la vita è lotta, che comporta rinuncia e pazienza.
Come ogni edificio, anche un cammino di ascesi necessita di essere costruito con metodo, cioè con un certo ordine. Cristo è nello stesso tempo la Meta e il Metodo: “Io sono la via, la verità, la vita.”
San Paolo applica l’immagine della palestra al cammino dell’asceta che procede con una certa fatica, con presa di coscienza dei propri limiti, con rinunce ma con perseveranza.
La vita di Gesù ha indicato, inoltre, che la rinuncia non riguarda solo il male ma a volte certi beni a cui si deve rinunciare in nome di beni maggiori: nelle scelte accade di dover non solo prendere ma anche rinunciare.
In questo contesto non va dimenticata quella che il Cardinale definisce “la grande legge delle piccole cose o dei piccoli passi” perché – prosegue – se non ci abituiamo a fare tanti piccoli atti buoni con animo grande, saremo in grado di fare grandi atti d’amore?”
Questa parte si conclude con l’indicazione di alcuni punti dell’ascesi, che sono la conoscenza di se stessi, la disciplina dei sentimenti e la disciplina del corpo. Conoscere se stessi in modo obiettivo, accettarsi come siamo, senza autoesaltarsi né rifiutarsi, è un buon punto di partenza per un cammino equilibrato e sereno, e in questa analisi può essere di aiuto la figura del direttore spirituale o di qualcuno che ci conosca bene. Inoltre la persona dovrà guardare i propri sentimenti, riconoscerli e valutarli con buon senso e con fede. I sentimenti non possono diventare criterio di giudizio perché prima bisogna – dice il Cardinale –“smascherarli”, capire da dove provengono e dove conducono per non intraprendere vie sbagliate. Infine, anche il corpo chiede di essere guidato: sobrietà nel cibo, nel vestire, nell’uso dei beni, una custodia negli sguardi e negli istinti, sono tutti accorgimenti per fare ordine nel disordine delle pulsioni spesso confuse e lasciate troppo libere.

Il catechista in ascolto
Che cosa suggeriscono al catechista queste parti quarta e quinta del capitolo IV?

La fatica, sulle prime, non attira mai nessuno. Se però abbiamo fatto esperienza di che cosa significhi arrivare a una meta tanto desiderata, allora ci ricordiamo di quanto quella fatica ci abbia, alla fine, gratificato.
Un esame difficile, un’escursione impegnativa, una malattia superata, la stessa nascita di un figlio: ciò che è stato non conta più e il frutto è lì, davanti a noi. Una laurea, una vetta innevata, un nostro caro guarito, un bimbo tra le braccia sono tutte esperienze generate da un percorso faticoso.
Se la vita spirituale chiede di essere alimentata dall’azione divina che si manifesta attraverso graduali passaggi fatti di impegno e di affidamento, allora è necessario anche disporsi ad accettare quanto il cammino di perfezione richiede, già sapendo in partenza che non sarà né facile né piacevole.
L’attrezzatura necessaria si può trovare dentro di noi: sono disposizioni d’animo che vanno continuamente alimentate. Occorre la fiducia, illimitata, nell’azione di Dio, nel suo aiuto e nella sua Provvidenza. Ci vuole forza d’animo, per non scoraggiarsi di fronte agli insuccessi. Ed è fondamentale la preghiera.

Paola Radif
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