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Cristiani in politica: il mito della visibilità

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JESUS di marzo 2010
Su queste stesse pagine Enzo Bianchi, priore di Bose, ha ragionato da par suo sulla visibilità dei cristiani, Una visibilità senza ostentazione, come spontanea irradiazione del dono della fede, che non sopporta di essere trattenuto per sé, Come testimonianza e come missione, non come esibizione e volontà di potenza, Del resto, da gran tempo Enzo ci è maestro in tema di «differenza cristiana» da custodire e coltivare dentro la «compagnia degli uomini», in ottemperanza a quella «cittadinanza paradossale» dei cristiani che si nutre della doppia legge della trascendenza e dell'immanenza scolpita nell'A Diogneto, ove si rappresenta l'esemplare modo di vivere dei cristiani delle prime comunità che suscitava tanto ammirato stupore in quell'anonimo autore del Il secolo d.C. Con circospezione, con timore e tremore, proviamo a trascrivere il tema della visibilità dei cristiani dentro il campo - problematico e insidioso più di altri - della politica.
Un tema sensibile e spesso evocato soprattutto nella forma del lamento per un asserito deficit di visibilità dei cristiani nella politica italiana di oggi, Merita prendere anche noi le mosse dalle parole di Gesù: «Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa, Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone azioni e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 14-16). È un brano che va meditato. Solo qualche chiosa. La prima: sono le opere che attestano e certificano il valore della testimonianza. Come a dire che la suddetta, prescritta visibilità ha da essere visibilità di persone più che di sigle, di azioni più che di parole, di comportamenti più che di proclami. Seconda osservazione: taluni esegeti - penso a Giuseppe Lazzati - suggeriscono di invertire la sequenza di sostantivo e aggettivo, «buone opere» anziché «opere buone», Ciò che fa breccia, cioè che vedono, ciò che ammirano gli uomini non sono le opere buone secondo un'accezione pietistica. Ma le buone opere, le opere ben fatte, Nel caso della politica, la buona politica, La politica conforme alla sua natura, al suo fine proprio, ai suoi metodi e ai suoi dinamismi interni. Cioè protesa a umanizzare il mondo, a perseguire il bene comune facendo buon uso del potere. Una tale puntualizzazione è densa di implicazioni, in positivo e in negativo. Solo qualche esempio. «Fare buona» l'opera politica esige anzitutto la cura per il bene di tutti e di ciascuno, non di una parte, fosse pure la «parte» cristiana della società. Fine della politica è la giustizia, la vita buona della comunità, non lo sviluppo della Chiesa e il soddisfacimento dei suoi pur legittimi diritti. Inoltre, la bontà dei fini e dei metodi immanenti alla politica prescrive la mediazione culturale, cioè la cura di coniugare princìpi e prassi, di propiziare l'incontro e la «concordia civile» (in greco: omonoia) dentro le nostre società pluraliste e i nostri regimi democratici. Ancora: implica la laicità delle istituzioni. Non la loro indifferenza rispetto ai valori ma certo la loro imparzialità. L'opposto dello Stato etico, ideologico, confessionale, Uno Stato le cui leggi si conformino alla risultante del libero e fecondo sviluppo del confronto etico-civile convogliato poi dentro le procedure democratiche. Una politica così prescrive ai suoi attori una competenza che non si improvvisa ma che va coltivata e affinata. E cioè una cultura politica che a sua volta si concreta in una visione, in un patrimonio di conoscenze, nella padronanza di tecniche e di strumenti, specie economici e giuridici, essenziali alla costruzione sociale. Infine, la politica implica un orientamento e un elemento volitivo, cioè discernimento, responsabilità, decisione. Lo si può riassumere nell'esercizio della virtù cardinale della prudenza. Su questo fronte, i politici cristiani devono vincere due tentazioni. Quella del «perfettismo» propria di chi pensa e agisce quasi ignorando che la Genusalemme celeste non è di questo mondo, che talvolta il male minore, più spesso il bene comune possibile nelle condizioni date, non è l'eccezione ma la regola per l'operatore politico. L'altra tentazione è quella di rifuggire al rischio della responsabilità che spesso sconta una misura di solitudine. La luce e la forza, il conforto del confronto con la comunità cristiana non risparmiano al politico cristiano il prezzo di una responsabilità che è in capo a lui e non ad altri. Sono solo cenni sul versante positivo, Ma c'è l'altra faccia della medaglia, critica e negativa, in tema di visibilità politica dei cristiani. Penso alla sua rivendicazione strumentale, alla evocazione impropria e persino opportunistica della sigla cristiana per ricavarne rendite di posizione, quote negli organigrammi, posti nelle liste. Quanto spesso nei partiti, ridotti a confederazioni di cordate, si invoca la quota riservata ai cattolici. Un equivoco, una mortificazione, una truffa. Anche un'insidia: penso a quei politici che facendo appello a quella nobile risorsa simbolica si sentono esonerati dal compito di qualificarsi grazie a un'idea, una proposta, una creatività genuinamente politica come si conviene. Penso infine ai politici che, ignari dell'ammonimento del Concilio (“a nessuno è lecito rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa», GS 43), si spacciano per interpreti autentici ed esclusivi del punto di vista dei cattolici, Non si capisce da chi autorizzati. L'impressione è che i cristiani, dentro la politica italiana, non difettino di visibilità ma piuttosto di significanza, che semmai si debba chiedere loro di fare un uso più sobrio e parsimonioso dell'appello a un'appartenenza perché essa non si riduca ad etichetta, Infine, un interrogativo: quando si lamenta la marginalità dei cristiani dentro l'agone politico sarebbe utile domandarsi per quale misteriosa ragione essi dovrebbero essere centrali o addirittura egemoni dentro la politica se sono, come palesemente sono, piccolo resto dentro la società, Forse dovremmo prima chiarirei le idee su cosa esattamente intendiamo quando parliamo dei cristiani e, prima ancora, del cristianesimo.
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