Vito Mancuso “Tutto quello che so sull'amore”
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Nonostante la guerra che diventa genocidio, l'amore é una forza che esiste davvero. Non riguarda solo gli esseri umani ma anche gli animali e forse le stelle.
La prima cosa che ho imparato sull’amore è che esso esiste davvero. In questo mondo di guerre che talora diventano genocidi (come a Gaza in questi giorni); in questo mondo di selezione naturale e di malattie; in questo mondo ipocrita dove spesso tutto appare falso e dove il potere emerge quale logica spietata e affaristica che governa ogni cosa (anche i programmi scolastici, anche le manifestazioni culturali, anche le cariche e le canonizzazioni ecclesiastiche); in questo mondo ingiusto dove pochissimi possiedono quasi tutto e moltissimi quasi niente; in questo mondo che ci ha generati e che un giorno ci consumerà; qui, proprio qui, l’amore, quello autentico, esiste davvero. Esso è una forza che non riguarda solo gli esseri umani ma anche gli animali, forse chissà anche le piante e le stelle, come intuì il sommo poeta quando concluse la Commedia cantando “l’amor che move il sole e l’altre stelle” …
La seconda cosa che ho imparato sull’amore e che esso non è solo eros e non è solo sentimento, ma è anche un ideale che infiamma la mente. L’amore cioè non riguarda solo il corpo e la psiche, ma anche lo spirito. Ciò che in noi ci porta ad amare non è solo la dimensione emotiva e irrazionale, ma possono essere anche la nostra logica e la nostra ragione. Intendo dire che si può amare l’amore, l’idea dell’amore, la visione del mondo e dell’essere umano che l’amore consegna a chi vi si dedica. L’amore, cioè, può diventare una filosofia di vita, da cui discendono una determinata concezione dell’etica e del diritto, e di conseguenza anche una specifica visione e prassi politica.
La terza cosa che ho imparato sull’amore è che esso è sempre strettamente personale. Mi viene in mente una pagina di Eduardo de Filippo in cui il protagonista parla così della sua donna: “Veste alla moda? Nossignore. Porta le calze di seta? Non le porta. Va dal parrucchiere? Non ci va. Eppure, quelle quattro ossa messe insieme proprio come sono state messe, in quella posizione, cu’ chille duie uocchie, cu’ chella pelle, ‘e chillo stesso culore… sta cosa ‘e niente, ‘a vedite? È ‘a femmena mia”. Mi sorprendono sempre e quasi mi commuovono queste parole, perché sanno esprimere alla perfezione il mistero di quella singolarissima elezione interiore che è il nostro amore per una specifica persona.
Che cosa amiamo in chi amiamo? Il corpo? Gli occhi? La voce? Il carattere? Le idee?
Certamente la dimensione fisica gioca un ruolo essenziale, ma il corpo è sempre un corpo vivente, abitato da un carattere che lo fa muovere e presentarsi in modo tutto suo.
L’amore è sempre strettamente personale: riguarda la propria donna, il proprio uomo, i propri figli, la propria casa, la propria città, la propria nazione, la propria squadra, la propria religione… Ovunque possiamo incontrare uomini e donne più belli, figli più simpatici e intelligenti, città e paesi più importanti, squadre più forti, ma chi ama prova un sentimento del tutto speciale che gli fa preferire sopra ogni altra cosa esattamente l’oggetto del suo amore (il proprio uomo, la propria donna, i propri figli eccetera) perché esso gli si rivela come una bellezza irresistibile ed egli dichiara: “Sta cosa ‘e niente, ‘a vedite? È ‘a femmena mia”.
La quarta cosa che ho imparato sull’amore è che esso determina il valore di un essere umano. Esattamente come scriveva Agostino: “Pondus meum, amor meus”. Vale a dire: il mio peso specifico dipende dal tipo di amore che coltivo. I maggiori maestri spirituali concordano con questa visione. Così il Buddha: “Qualunque cosa un monaco frequentemente pensi e consideri, quella diventerà l’inclinazione della sua mente”. Così Gesù: “Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore”. Così Marco Aurelio: “Ognuno vale tanto quanto le cose a cui si interessa”. Così Plotino: “Ogni anima è e diventa ciò che guarda”. Così Spinoza: “Il desiderio è l’essenza stessa dell’uomo”. Noi viviamo, ed essendo la vita dominata dalla necessità a partire da quella del cibo, è evidente che desideriamo; nella misura in cui viviamo, non possiamo non desiderare. Ma la qualità della nostra vita dipende dalla qualità del nostro desiderio: è il nostro desiderio (ovvero il nostro amore) a determinare il nostro valore.
Il desiderio naturale si esprime in prima battuta come cupidigia, ma se orientato e innalzato diviene amore. Ma come si fa a orientare il desiderio? Lo si fa sempre attraverso il desiderio, che, da auto-centrato, si converte in qualcosa di più grande di sé e della propria voracità per amore dell’oggetto amato. Il verbo “convertire” qui va inteso proprio nel senso fisico di “invertire”, come quando si compie un’inversione di marcia.
Se convertita, la nostra energia desiderante passa dal rapportare tutto a sé al concentrarsi su un punto più alto fuori di sé. E da cupidigia essa diviene amore. È il senso delle parole che Dante fa pronunciare a Brunetto Latini: “Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto”. Notate la dialettica: si tratta di “seguire”, quindi di riconoscere che esiste qualcosa di più importante di noi; ma si tratta di seguire “tua” stella, cioè la propria stella, non quella di altri, fosse pure la stella di Betlemme o la stella rossa del sol dell’avvenir. Quando la mente si innamora rompe il guscio dell’egoismo e trasforma la voracità in veracità, l’interesse in inter-essere, la brama in cura. E fiorisce l’amore vero.
La quinta cosa che ho imparato sull’amore è che esso è sempre di qualcosa di irresistibile, di più grande di noi. Per questo i greci ne parlavano come di una divinità, come di una realtà che può soggiogare e che di fatto soggioga le nostre vite. Che difesa ha chi è innamorato? È totalmente in balìa dell’amato. Un padre e una madre che difesa hanno di fronte ai figli? È chiaro che un conto è l’innamoramento, un altro la piena maturità del matrimonio, ma si tratta in ogni caso di dimensioni che, se si vogliono vivere autenticamente, dominano chi le vive. L’amore è sempre più forte. Per questo è così terribile, fascinans et tremendum, può salvare ma può anche perdere. Pensiamo di essere i padroni del nostro amore, così come pensiamo di essere i padroni della nostra vita, ma non è così: l’amore e la vita sono più grandi e più potenti di noi. E questo perché tutte le cose più importanti della vita avvengono al passivo, sono un dono e al contempo un’incombenza. E credo sia questa la lezione più profonda che ho ricevuto dall’amore.
Vito Mancuso, La Stampa 22 settembre 2025