Enzo Bianchi "Quando la nostra preghiera è falsa"
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Se non è animata dal desiderio di seguire la volontà di Dio, l’invocazione a lui è fatta di vuote parole.
Famiglia Cristiana - 21 Settembre 2025
di Enzo Bianchi
Il cristiano che pratica una preghiera anche solo in parte ispirata dai salmi in certe situazioni sente che la mente concorda con la voce, che ciò che legge con consapevolezza si accorda a ciò che prega in uno slancio di gioia, forse anche di passione. Arriva infatti a dire a quel “tu” invisibile al quale si rivolge: “Io ti amo Signore, mia forza! ... Signore ho sete di te, sospira per te la mia carne, ti aspetto fin dall’aurora! Quando vedrò il tuo volto? Fammi vedere il tuo volto!”. Sono desideri ardenti, espressioni del linguaggio amoroso che osiamo indirizzare al Signore. È lecito, è possibile? E che contenuto reale, concreto, devono avere questo amore e questa passione che vengono indirizzati non a un soggetto umano ma al Signore invisibile, l’Indicibile di cui non è possibile vedere il volto?
Certamente per il credente occorre un serio discernimento: l’amore come desiderio, come slancio nei confronti del Signore è molto attestato ma non rischia forse di essere amore per un idolo da noi fabbricato, immaginato, un Signore che ha un volto da noi delineato? In questo caso sarebbe idolatria la nostra. La Scrittura ci mette in guardia, soprattutto l’apostolo Giovanni: amare il Signore significa realizzare i suoi comandi, le sue parole! Amare il Signore significa ogni giorno fare la sua volontà! Non bastano slanci di desiderio verso il Signore per garantire un legame e una preghiera cristiana. Quando dico: “Signore, ti amo!”, in quel momento devo realizzare la sua volontà il suo comando che è l’amore vicendevole.
Se vivo tanti slanci di amore per Gesù ma non sono accompagnati dal fare ciò che lui desidera io non mi esercito alla comunione con il Signore ma all’idolatria.