Commenti Vangelo 21 marzo 2021 V Domenica di Quaresima
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Vangelo:
Gv 12, 20-33
Siamo sul finire del percorso terreno di Gesù, quando il progetto di Dio sulla storia dell'uomo sta per rivelarsi. A chi vuole conoscerlo, anche a chi, proveniente da fuori Gerusalemme, chiede di incontrarlo, Gesù non si presenta più in veste di maestro ma in quella che meglio ora lo definisce: quella di salvatore. Gli apostoli riferiscono della richiesta di alcuni greci, giunti al tempio per la Pasqua, desiderosi di vederlo per riconoscere tra la folla quel nuovo messia di cui tanto si parla. Gesù accetta ma non fa molti preamboli: va al dunque. Colloca il suo immediato futuro in un'atmosfera drammatica, quale in effetti sarà: solo la sua morte, con ciò che ne consegue, mostrerà il senso della sua vita di Dio fatto uomo. Morire, e poi risorgere, per dare la vita a chi, altrimenti, non potrebbe più averla in eterno. La strada per salvarsi è la stessa che percorre Gesù e richiede tuttavia la disponibilità al totale annullamento di sé. La spiegazione di ciò che attende Cristo e con lui tutti i credenti diventerà più chiara, via via che gli eventi precipiteranno. Ora Gesù rivela più esplicitamente la sua missione e lo fa con un'immagine. Si paragona a quanto di più piccolo e anonimo si può immaginare: un chicco di grano, che si getta nel solco e poi, quando germoglia e fiorisce in mille spighe, si macina. Tutto sembra finito, ma è lì che si manifesta la sua fecondità. Nel campo il passaggio attraverso la morte è necessario. Chi ha seminato lo sa ed è certo di quello che ne deriverà: perciò aspetta. In uno scenario del genere possiamo intuire le varie reazioni alle parole di Gesù, così difficili da capire, ma ecco l'intervento del Padre, quella voce che nei momenti più solenni si fa sentire e non da pochi privilegiati, bensì da tutti i presenti. Come il seminatore getta apparentemente “a caso” la semente, così Dio ama raggiungere chi vuole, oggi come allora. E in quella circostanza sottolinea e sottoscrive l'operato del Figlio. Così ha fatto al battesimo nel Giordano, così sul Tabor.
A
Gesù è ormai chiaro l'ultimo tratto del suo cammino: è già tracciato e non
chiederà oggi al Padre di esentarlo dal tragico epilogo che gli sta davanti, se
consapevolmente ne ha accettato fin dall'inizio ogni passaggio. Nel Getsemani
farà un estremo tentativo, ma il calice amaro è lì davanti a Lui e lo berrà.
“Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” Le parole con cui si
conclude oggi il vangelo si riannodano al brano della scorsa domenica. Anche a
Nicodemo Gesù aveva preannunciato proprio la necessità di quel suo innalzamento
da terra sulla croce, preludio di salvezza.
Un flash da conservare
All'infuori
dei contemporanei di Gesù, nessuno ha potuto incontrarlo quotidianamente.
Parlargli, chiedergli consigli, confidarsi, piangere sulla sua spalla: a volte
sarebbe bello poter vivere anche noi questa esperienza. Ci sentiremmo meno soli
e fragili. In modo diverso e tutto spirituale la preghiera ci aiuta a creare un
collegamento con Dio, ma perchè l'incontro sia tale occorre un presupposto.La
nostra anima è come uno specchio: solo se è libera da opacità e polvere di
peccato può svolgere il suo compito di riflettere Dio dentro di noi ponendoci
in relazione con Lui. Se ci proponiamo di spolverarla ogni giorno sarà
possibile trattenere dentro di noi fino all'indomani e progressivamente sempre
di più la luce della grazia che conforta e fortifica. La preghiera, come il
seme, porta frutti copiosi se trova un terreno predisposto all'ascolto.
Paola Radif