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Jean Louis Ska "Le nozze di Cana: chi è lo sposo"

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Jean Louis Ska

Piano di lavoro 2018/19


1 - Le nozze di Cana: chi è lo sposo?
Giovanni 2,1-11
1. Per leggere e comprendere

Questo passo si colloca alla fine di una settimana intera che inizia con la predicazione di Giovanni Battista e continua con l’appello dei discepoli (Giovanni 1,19; 1,29; 1,35; 1,39; 1,43; 2,1). Vi sono altre due settimane nel vangelo di Giovanni, una che precede la passione e risurrezione, iniziando con l’unzione di Betania e finendo un sabato con la sepoltura di Gesù (Gv 12,1; 13,1; 19,31; 20,1.19.26). In 20,1 inizia una seconda settimana, quella della risurrezione, con alcune apparizioni, settimana che si conclude con l’apparizione a Tommaso, “otto giorni dopo” (20,26). Il riferimento alla prima settimana della creazione (cf. Gn 1,1 e Gv 1,1) è innegabile. La vita di Gesù Cristo, nel quarto vangelo, inizia una nuova fase della creazione o, meglio, è l’inizio di una nuova creazione.

Il terzo giorno

Il “terzo giorno” è probabilmente un riferimento al giorno della risurrezione. Il vangelo di Giovanni, tuttavia, usa l’espressione solo qui. In ogni modo, abbiamo diversi accenni alla passione/risurrezione in questo brano, ad esempio nella menzione dell’ora nel v. 4, che è l’ora della passione di Gesù o della sua glorificazione.
Inoltre, la madre di Gesù è presente solo in due scene nel vangelo di Giovanni, nelle nozze di Cana e ai piedi della croce (Gv 2,1-5; 19,25-27). In entrambi i casi, il quarto vangelo la chiama “la madre di Gesù e non “Maria” e Gesù si rivolge a lei chiamandola “donna” (2,4; 19,26). Vi sono diverse spiegazioni di questo fatto. In ogni caso, sembra che il quarto vangelo voglia andare oltre la semplice maternità di Maria e suggerire una maternità più ampia. Maria è chiamata “donna” come Eva, la prima “donna” del genere umano (Gn 2,23). Maria, secondo questa interpretazione, avrà un ruolo speciale nella nuova creazione e nell’umanità salvata da Gesù Cristo.
Il “terzo giorno” accenna con ogni probabilità al giorno della risurrezione. Le nozze di Cana annunziano, in qualche modo, l’“ora” della passione e risurrezione (v. 4) e la “gloria” che sarà quella di Gesù Cristo in quel momento (v. 11).

“Donna, che vuoi da me?” (2,4) 

Letteralmente, si deve tradurre questa espressione tipicamente semitica con “Che cosa c’è a me e a te?” 
In realtà, può avere più di un significato, andando dalla semplice sorpresa sino a un rifiuto di stabilire un vero rapporto. Nel contesto delle nozze di Cana, un elemento essenziale delle usanze del tempo permette di capire la reazione di Gesù. Nel mondo biblico, così come ancora oggi nel mondo musulmano e non solo, donne e uomini non si siedono mai insieme in occasioni pubbliche. In altre parole, durante le nozze, donne e uomini erano in due sale separate. Anche la sposa e lo sposo erano separati. Solo così si capisce la vicenda di Giacobbe ingannato da suo suocero Labano in Gn 29,23.25. Anche all’inizio del libro di Ester, vi sono due banchetti, uno organizzato dal re con tutti i suoi officiali e uno organizzato dalla regina con tutte le donne della reggia. I banchetti sono separati e quando il re Assuero chiede alla regina Vasti di presentarsi, ella rifiuta e, secondo molti interpreti, doveva rifiutare perché era contro tutte le usanze del tempo (Est 1,10-12). Era contro il costume e significava solo indecenza e sconcezza.
Perciò, Gesù dice a sua madre: “Ma che cosa viene a fare qua, nella sala ove sto con tutti gli uomini?”. Tutto ciò per dire due cose essenziali. Primo, Maria aveva visto che il vino veniva a mancare. Aveva un occhio su ciò che succedeva in cucina, quindi. Secondo, la situazione doveva essere grave e Maria doveva avere motivi molto seri per infrangere le regole del buon comportamento.

Gli invitati

Il racconto delle nozze di Cana inizia in un modo sorprendente sebbene siamo forse troppo abituati a sentirlo. Vi sono nozze e le prime persone menzionate sono gli invitati. In genere, un resoconto di questo tipo inizia con la menzione degli sposi, non quella degli invitati. Non sapremo mai come si chiamavano gli sposi di Cana, però. Abbiamo buoni motivi di pensare che vi sia una ragione particolare in questa scelta. In secondo luogo, la prima persona menzionata non è Gesù di Nazaret, bensì sua madre. Anche in questo caso, la cosa può sorprendere, innanzitutto sapendo quale fosse la situazione della donna nella società tradizionale d’Israele. Anche in questo caso possiamo pensare che la cosa sia intenzionale.
Quanti invitati c’erano? Non possiamo saperlo, certo, però dovevano essere abbastanza numerosi. In effetti, la madre di Gesù è stata invitata, forse perché era una parente dello sposo o della sposa. È venuta con suo figlio e suo figlio è venuto con tutti i suoi amici. Se ciascuno degli invitati ha potuto agire nello stesso modo, possiamo immaginare quanta gente si è ritrovata in Cana per le famose nozze.
Sappiamo inoltre che le nozze duravano in genere sette giorni (nozze di Giacobbe con Lea Gn 29,27-28). Abbiamo quindi elementi sufficienti per capire perché il vino è potuto venire a mancare.

Le sei giare o anfore di acqua

Il testo dice che vi erano sei giare che contenevano ciascuna due o tre misure, ottanta e centoventi litri. Moltiplicate per sei e avrete la quantità totale: fra un minimo di quattrocentottanta e un massimo di ottocento dieci litri. Non dimentichiamo però che Gesù chiede prima ai servi di riempire le giare di acqua. Quanto tempo ci hanno messo? Occorreva andare ad attingere l’acqua a un pozzo o a un fontanile, poi trasportarla e travasarla nelle giare. Una persona trasporta in genere una decina di litri. Tutto ciò sapendo che manca il vino, non l’acqua.
Ultimo dettaglio: le giare erano sei. Ora, il numero perfetto è sette, non sei. Il particolare avrà la sua importanza, altrimenti non sarebbe stato menzionato. Le giare sono previste per le purificazioni (rituali) dei Giudei. È vero che i Giudei erano molto puliti e si lavavano spesso le mani, ad esempio prima dei pasti. Il testo di Gv 2,6 suggerisce, penso, che abbiamo qui un’economia imperfetta, quella delle purificazioni dei Giudei e della loro religione. Essa aspetta un complemento: le giare sono sei e non sette; vi è bisogno di vino e non di acqua.

Il vino e lo sposo

Per quale tempo era annunziata un’abbondanza di vino? Leggere, ad esempio Amos 9,13-15; Gioele 4,18; Isaia25,6; cf. Isaia 62,8-9. In genere, si parla dell’abbondanza di vino per la fine dei tempi o per i tempi messianici. È abbastanza chiaro, quindi, che il vino di Cana abbia a che fare con l’inizio dell’era messianica. Sarà confermato dal v. 11. La questione, come vedremo, è di sapere chi si è accorto del fatto.
Il maggiordomo, in genere l’amico dello sposo (cf. Gv 3,29), era spesso incaricato di badare al buon funzionamento delle nozze. Esprime la sua sorpresa quando gli fanno gustare il vino e riferisce il fatto allo sposo (2,9-10). Impariamo una cosa importante: che lo sposo era – come di solito, infatti – la persona incaricata di fornire il vino delle nozze. Sappiamo, noi lettori, con la madre di Gesù e i servitori, che il vino è venuto a mancare. Sappiamo anche chi ha fornito il vino. Non certamente lo sposo. Tutto si chiarisce a questo punto: chi ha fornito il vino, l’eccellente vino di Cana? E chi è il “vero” sposo in questo racconto? È senza dubbio chi ha procurato il vino, e l’ha procurato in abbondanza.
Il vero sposo, tuttavia, rimane nascosto e incognito. Capiamo meglio, penso, perché gli invitati sono menzionati e gli sposini invece no. Chi, però, ha scoperto l’identità dello sposo? Vale la pena rileggere i vv. 9-10:

“Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora»”.

I servitori sapevano, lo sposo e il maggiordomo invece no. I servitori sanno perché hanno sudato abbastanza per attingere e trasportare l’acqua. E l’hanno fatto senza recriminare poiché le anfore erano “piene fino all’orlo” (v. 7). Possiamo trarre una conseguenza da quest’osservazione: chi rimane seduto nella sala di nozze non si accorge di niente. Chi sta vicino alle cucine o alla cantina e si preoccupa del buono svolgimento della festa, come Maria, o chi contribuisce a salvare la festa come i servitori ne ricava un grande vantaggio, quello di “sapere” chi è il vero sposo che dà il vino dell’età messianica. Il “sapere” è condizionato dalla partecipazione attiva al successo delle nozze.

Chi potrebbe essere la sposa?

È una domanda difficile. È un fatto ben noto che in tutti i racconti del Nuovo Testamento che parlano di nozze, in particolare le parabole evangeliche, la sposa non è menzionata. Unica eccezione in un altro tipo di letteratura, è Apocalisse 21,2, ove la Nuova Gerusalemme è paragonata a una giovane sposa.
Esiste però una possibilità di interpretazione interessante. Nell’Antico Testamento, lo sposo è il Dio d’Israele e la sposa è il popolo (cf. Ger 2,2-3; 11,15; Ez 16,1-63; Osea 2,16-17) oppure la città di Gerusalemme (Is 54,1-8; 62,1-5). Se torniamo al racconto di Gv 2,1-12, possiamo intravedere un elemento di risposta negli ultimi versetti ove si dice:

“Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo questo fatto scese a Cafarnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni” (2,11-12).

Un gruppo di discepoli “crede” come i servitori dei vv. 7-9 “sanno” e sta per formare il popolo della nuova alleanza. Il racconto, purtroppo, non fornisce altri elementi. La sposa, in questo caso, sarebbe il gruppo di discepoli che accompagna Gesù di Nazaret a Cafarnao e che impersona il futuro popolo di Dio. La parola di Giovanni Battista in Gv 3,29: “Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena”

Va probabilmente nello stesso senso: lo sposo è Gesù di Nazaret e la sposa sarebbero i discepoli che seguono Gesù. La discussione, in questo passo, verte, in effetti, sul successo di Gesù di Nazaret:  "Tutti lo seguono” (Gv 3,26).

2. Per meditare e attualizzare

• Possiamo ancora oggi usare l’immagine delle nozze per l’incontro con la buona notizia del vangelo? Perché?

• A che cosa può corrispondere il vino di Cana nella vita cristiana odierna? Notiamo bene che Gesù ha procurato vino e non aceto! Inoltre, era un vino di alta qualità e molto abbondante. Infine, Gerolamo, il padre della Chiesa, si chiedeva: “Ma che cosa hanno fatto di tutto questo vino?” e rispose: “Ne beviamo ancora oggi”. Possiamo essere d’accordo con Gerolamo? Perché?

• Cosa può significare andare ad attingere acqua quando c’è bisogno di vino? Qual sarebbe l’acqua che possiamo attingere?

• Quale sarebbe il metodo proposto da questo racconto per riconoscere i segni della presenza di Gesù Cristo nel nostro mondo?

• Gesù manifestò la sua “gloria” (Gv 2,11). La “gloria” è, nell’Antico Testamento, la manifestazione della presenza e dell’efficacia divina in questo mondo. Dove Gesù Cristo può manifestare la sua gloria nel mondo di oggi?

Le sette meditazioni proposte da padre Jean Louis Ska:
  1. Le nozze di Cana: chi è lo sposo?
  2. Una abbagliante tenebra
  3. Gesù e la Samaritana
  4. La miseria e la misericordia
  5. Il cieco nato
  6. L’entrata di Gesù a Gerusalemme
  7. L’apparizione a Maria di Magdala
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