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Bianchi "Il discernimento? È capire la volontà di Dio"

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Il discernimento? È capire la volontà di Dio

«Non ho mai tralasciato la meditazione su questo tema così decisivo». Lo scrive Enzo Bianchi nel libro “L’arte di scegliere. Il discernimento” oggi in uscita per le Edizioni San Paolo (pagine 162, 16 euro).
Un volume in cui il fondatore della comunità monastica di Bose riflette su un termine, un concetto, oggi caduto un po’ nell’oblio ma tornato di stretta attualità grazie al magistero di papa Francesco che l’ha voluto inserire anche nel titolo del Sinodo dei giovani. Una scelta quanto mai significativa perché – scrive Bianchi – «è indispensabile tornare a esercitarsi in quest’arte così essenziale per la vita cristiana e non, offrendo anche utili e preziosi consigli affinché la nostra esistenza, nonostante i limiti e le fragilità, giunga a compimento e sia un “amen” sincero e convinto alla volontà del Signore». Di seguito l’introduzione di Enzo Bianchi che apre il libro.

Agli orecchi dei più, e in particolare a quelli delle nuove generazioni cristiane, il termine “discernimento” risulta ermetico. E infatti una parola caduta nell’oblio, ma che recentemente appare spesso nell’insegnamento di papa Francesco. Proprio Francesco ha scelto come tema per il prossimo Sinodo ordinario dei vescovi (ottobre 2018) il discernimento, indicandolo come operazione urgente nella vita della Chiesa e soprattutto nel processo vocazionale, riguardante in modo particolare i cristiani che nella loro età giovanile approdano a una forma di presenza specifica nella chiesa e nel mondo. Lo stesso Francesco nella sua Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia (19 marzo 2016) ha riservato ampio spazio al tema del discernimento in relazione alla vita familiare, dedicando tra l’altro un intero capitolo, l’ottavo, al tema dell’accompagnare, discernere e integrare le fragilità. E significativa questa affermazione chiara e netta del Papa: «Oggi la chiesa ha bisogno di crescere nel discernimento, nella capacita di discernere».
In verità nella vita monastica e nella spiritualità loyoliana (da cui il Papa proviene) il termine “discernimento” è sempre stato presente e a esso sono stati dedicati studi e ricerche in vista di una sua comprensione e di un’attualizzazione di questo dono dello Spirito, di questo carisma che i padri del deserto giudicavano il più necessario per camminare nella sequela di Cristo verso il regno di Dio.
Un anziano disse: «Migliore di tutte le virtù è il discernimento». Fu chiesto a un anziano: «Qual è l’opera del monaco?». Rispose: «Il discernimento».
Io stesso nel 1975 dedicai al discernimento una prima riflessione, pubblicata dalla Federazione Italiana Esercizi Spirituali, e quattro anni dopo mi impegnai in uno studio più approfondito del tema. In seguito sono tornato sovente su tale argomento nelle catechesi monastiche rivolte alla mia comunità e si può dire che non ho mai tralasciato la meditazione su questo tema così decisivo.
Il discernimento è un dono tra i doni dello Spirito santo fatti al credente ma, in via preliminare, non si deve mai dimenticare che il dono per eccellenza, la cosa buona tra le cose buone (cf. Lc 11,13), è lo Spirito santo stesso. Non si confondano dunque i doni con il Dono e si faccia discernimento, si riconosca che in verità lo Spirito è «il dono settiforme» (inno Veni Creator Spiritus), la fonte di tutti i doni. Chiarito questo primum essenziale, occorre chiedersi: come si può definire il discernimento?
Quanto all’etimologia, “discernimento ” deriva dal verbo latino discernere, composto di cernere (vedere chiaro, distinguere) preceduto da dis (tra): dunque, discernere significa “vedere chiaro tra”, osservare con molta attenzione, scegliere separando. Il discernimento è un’operazione, un processo di conoscenza, che si attua attraverso un’osservazione vigilante e una sperimentazione attenta, al fine di orientarci nella nostra vita, sempre segnata dai limiti e dalla non conoscenza.
Come tale, è un’operazione che compete a ogni uomo e a ogni donna per vivere con consapevolezza, per essere responsabile, per esercitare la coscienza. Quando sperimentiamo la fatica della scelta, il dubbio, l’incertezza, oppure cerchiamo un orientamento nella vita quotidiana o nelle grandi decisioni da prendere, noi dobbiamo fare discernimento.
Nel cristiano, poi, radicandosi su questa dimensione prettamente umana, il discernimento si manifesta come sinergia tra il proprio spirito e lo Spirito santo, il Soffio della vita interiore spirituale e della vita comunitaria cristiana: «lo Spirito attesta al nostro spirito» (Rm 8,16)... Il discernimento cristiano non è riducibile a un metodo e a una tecnica di introspezione, di maggiore conoscenza di se, ma è un itinerario che richiede l’intervento di un dono dello Spirito, di un’azione della grazia. Si, ascoltare lo Spirito, ascoltare la voce di Dio che parla nel cuore umano, nella creazione e negli eventi della storia, richiede di riconoscere innanzitutto questa voce tra tante voci, nella consapevolezza che la voce di Dio non si impone, non comanda, ma suggerisce e propone, anche con un sottile silenzio (cf. 1Re 19,12).
All’interno della grande tradizione cristiana, una definizione del discernimento molto chiara e sintetica e, nel contempo, articolata, è quella di Giovanni Climaco (metto in evidenza i termini greci, che ci torneranno utili nel prosieguo): Il discernimento (diakrisis), nei principianti, è una sovraconoscenza (epignosis) autentica di se stessi; in coloro che sono a meta del cammino, è un senso spirituale che distingue (verbo diakrino) infallibilmente il bene autentico da quello naturale e dal suo contrario; nelle persone spiritualmente mature, è una scienza infusa per divina illuminazione, che è in grado di illuminare con il proprio lume anche ciò che negli altri rimane coperto dalle tenebre. Forse, più in generale, si definisce ed è discernimento (diakrisis) la comprensione sicura della volontà di Dio in ogni tempo, luogo e circostanza, che è presente solo in chi e puro nel cuore, nel corpo e nella parola... Il discernimento (diakrisis) è una coscienza immacolata e una sensibilità pura... Chi possiede il dono del discernimento (diakritikos) fa ritrovare la salute e distrugge la malattia.
E il teologo Giuseppe Angelini fa eco: Il discernimento può essere definito, in primissima approssimazione, come la qualità dell’animo che consente di riconoscere in ogni circostanza quello che conviene fare; e consente, prima ancora, di scorgere in ogni circostanza che conviene fare qualcosa, che si può e si deve prendere una decisione, che insomma le diverse situazioni in cui ci veniamo via via a trovare ci riguardano, ci interpellano, ci invitano a prendere parte, non ci respingono invece nella situazione troppo comoda (ma anche, sotto altro profilo, troppo scomoda) di coloro che sono sempre e soltanto spettatori.
Proseguendo il ragionamento di questi due autori, possiamo definire il discernimento come quel processo che ogni essere umano deve compiere nel duro mestiere di vivere, nelle diverse situazioni con cui si trova a confrontarsi, per fare una scelta, prendere una decisione, esprimere qui e ora un giudizio con consapevolezza. Il discernimento riguarda veramente ogni essere umano, nel suo specifico hic et nunc, ed è essenziale a ogni cristiano per vedere, conoscere, sentire, giudicare e operare in conformità alla parola di Dio.
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