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R. Mancini Luciano Manicardi Nascere di nuovo

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Questi sono tempi di parole condivise e narrazioni comuni per ridare anima al territorio. Sono luoghi di incontri e scontri con l’altro, una fabbrica di legami. Bisogna usare e condividere la parola, far camminare la società per ritrovare la propria umanità”. Bisogna avere il coraggio di condividere, di stare insieme e farsi attraversare dalla speranza”.


Con queste parole è iniziata la serata conclusiva dei Circoli R-esistenza, nella chiesa di Ponte san Pietro, presso la quale tutti i gruppi che hanno partecipato all’iniziativa “Nascere di nuovo”, hanno incontrato gli autori dei saggi: Luciano Manicardi e Roberto Mancini.



Gli autori infatti, hanno risposto a diverse domande, che alcuni gruppi hanno proposto per chiarire i due saggi. Le prime domande sono state rivolte a Roberto Mancini, il quale ha risposto con il seguente discorso: “dobbiamo diventare degli esseri umani! non ci viene chiesto di salvare il mondo ma di fare passi che ci possono portare nella direzione giusta.

Quando attraversiamo una situazione di difficoltà tendiamo ad aggredire anche le persone che ci stanno accanto: quando ci troviamo di fronte alla parola amore preferiamo credere di più al potere, perché molte volte viene confusa come una forza fondamentale della vita. L’amore invece, e’ lo scultore della vita: l’amore è l’unica luce che dà risposta alla sofferenza stessa; è l’unica forza da cui attingiamo per superare le difficoltà. Si è felici quando c’è una comunione, quando condividiamo la nostra sofferenza con l’altro. Nei momenti più bui della nostra vita, che ci provocano angoscia, ci troviamo di fronte a un bivio: la sofferenza diventa rassegnazione oppure diventa compassione. Non ci si deve far abbattere dalla rassegnazione, ma continuare la vita con gesti di solidarietà. Per solidarietà si intende imparare a ricevere, ad aprirsi con l’altro. Il verbo esistere non deve essere inteso come nascere per andare alla morte: il capolinea. Dobbiamo ribaltare la prospettiva: esistere nascendo, combattendo e attingere dall’amore.

Manicardi invece, riflette sul tema dell’etica delle parole: “molte volte proviamo sdegno per l’uso violento e aggressivo della parola. Soprattutto oggi, c’è il desiderio di una parola sincera, chiara. La parola deve essere frutto di un lavoro intelligente, di fronte alle parole dobbiamo riscoprire il silenzio. Nell’ipertrofia della comunicazione di oggi, il silenzio è il granello che inceppa il meccanismo, silenzia la parola, pone dei limiti e toglie i toni forti. Il fatto stesso che la parola diventi argomentazione, richiede tempo: tempo che oggi non abbiamo, perciò usiamo degli slogan che impoveriscono la parola. E’ sempre importante pensare prima di scrivere, perchè solo la parola pensata porta alla conoscenza, quindi alla sapienza. Possiamo ricreare il mondo reinventandolo, senza manipolare la realtà, senza manipolare la parola: abbiamo bisogno del coraggio della parola”.

Manicardi, invece, cambia discorso: “il non credente ha nel suo DNA i duemila anni di storia delle cristianesimo. Ma anche i credenti sono passati attraverso un processo di secolarizzazione che comprende l’Illuminismo della “ratio” e tutta la cultura greca. Siamo tutti abitati dall’umano, l’unico lavoro che abbiamo di fronte è di divenire umani. L’essere umano è un essere vulnerabile, incompleto, abitato da un vuoto. Questo vuoto molte volte viene riempito da mille idoli, altre volte dalla persona vicina, dalla nostra solidarietà e dalla condivisione con l’altro”.libr

Mancini continua rispondendo alle domande: “Sopravvivere significa ripartire dalle coordinate vita-morte, che non sono separabili. La nascita e la morte non sono solo biologiche. Ci sono delle persone che non nascono mai, perché non trovano la loro umanità e non ripartono da essa. Sopravvivere non è ritardare la morte, gli uomini non si devono sentire come dei “malati terminali”. Primo Levi ci racconta che nei campi di concentramento, non stavano facendo sopravvivere il loro corpo, ma la loro dignità. L’occidente è la società del mercato e l’abbiamo trasmesso ai nostri figli: si sta insegnando a sopravvivere tramite la competizione. Il senso della vita fiorisce quando diventa servizio: non deve essere fatto con spirito di sacrifico, né per dovere; ma perché si sente come spinta interiore che può portare alla felicità. Bisogna purificarsi dalla distruttività come fece Gandhi, attraverso la non violenza. Bisogna rinascere trovando quella sorgente che ci da la vita: la verità che purifica il cuore, la speranza che diventa una fonte di vita per tutti”.

Entrambi gli autori concludono il discorso dicendo: “la rigenerazione consiste nel mettere in ordine le parole. La paressia ci deve servire per parlare chiaro alle persone che ci circondano, diventando costruttivi e solidali. Condividere significa rendere immortali le nostre nozioni, le nostre proprietà e le qualità individuali. Grazie a questo spirito di condivisione, il nostro essere potrà vivere per sempre, per quello che abbiamo lasciato in eredità alle generazioni future. Dobbiamo usare il nostro tempo, non riducendoci a degli schiavi del tempo stesso, ma dobbiamo compiere delle azioni che possano rendere giustizia a noi stessi e al nostro prossimo“.
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