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“Adamo non è mai sfuggito alle mani di Dio”
Ireneo di Lione

Ireneo nacque con ogni probabilità a Smirne verso il 135; fu discepolo del vescovo Policarpo, che era stato discepolo di Ignazio di Antiochia.
L’ambiente ecclesiale in cui vive è fortemente segnato dall’influenza di san Paolo e di san Giovanni. È il primo teologo che ricorre sistematicamente alle lettere paoline come fonte teologica e ha contribuito alla diffusione degli scritti di Giovanni in occidente. Non sappiamo quando si trasferì dall’Asia minore in Gallia; lo troviamo ricordato nel 177 tra i presbiteri di Potino, vescovo di Lione. In quell’anno fu eletto vescovo della città dopo che Potino era morto martire. Secondo Girolamo e Gregorio di Tours morì martire; la data della sua morte va collocata tra il 202 e il 203.
Il nome Ireneo proviene dal greco eiréne, che significa “pace” ed Ireneo fu un uomo di pace. Conosciamo, in particolare, due occasioni nelle quali egli fece opera di pace. A Lione vi erano dei discepoli di Montano, fondatore di un movimento carismatico in Asia minore ma diffusosi poi anche in occidente, che contestava la chiesa istituzionale accusandola di sottovalutare l’opera dello Spirito santo. Ireneo li difese a Roma presso papa Eleutero. Ireneo cercò la riconciliazione tra parti opposte anche a proposito della questione della data di Pasqua. L’oriente celebrava la Pasqua il 14 del mese di nisan, cioè nel momento in cui venivano sacrificati gli agnelli nel tempio di Gerusalemme; l’occidente la celebrava la domenica successiva secondo una tradizione che si faceva risalire a Pietro e Paolo. Papa Vittore avrebbe voluto imporre a tutta la chiesa la tradizione occidentale, ma Ireneo lo convince ad accettare un pluralismo di usanze liturgiche e a rispettare la tradizione orientale.
Ireneo fu innanzitutto un pastore, non fu un intellettuale né un teologo. Scrisse con intento pastorale alcune opere di cui ce ne sono pervenute integralmente due: lo Smascheramento e confutazione della falsa gnosi, più nota sotto il titolo di Contro le eresie, e l’Esposizione della predicazione apostolica. In questi scritti difende il cristianesimo da tutti quelli che volevano ridurlo a ideologia, a sistema intellettuale, a gnosi. Lo gnosticismo è un fenomeno molto vasto che si fonda sulla pretesa esistenza di una conoscenza perfetta, posseduta e trasmessa da iniziati, che pretenderebbe di spiegare il mondo e l’esistenza umana su una base dualista – opposizione tra un mondo del bene e un mondo del male – e aprire con ciò alla via della salvezza. Chi conosce è salvo. Questo movimento inquietante e affascinante conobbe un’esplosione nel ii secolo. In esso convergono diverse dottrine: alcuni elementi del cristianesimo, dei miti orientali, delle nozioni platoniche. Il sistema dottrinale gnostico introduceva un insieme di opposizioni distruttrici: tra l’uomo e il suo universo, tra il corpo e l’anima, tra l’Antico Testamento e il Nuovo ... Ireneo risponde mostrando grande severità nei confronti dello gnosticismo, grande misericordia nei confronti delle persone, gli gnostici. All’opposizione gnostica risponde mostrando l’unità della creazione ed del disegno di Dio. Secondo gli gnostici, l’uomo è stato creato da un Creatore, un Demiurgo malvagio e la materia è qualcosa di negativo; per Ireneo Dio ha creato nella libertà e per amore, per avere un amico al quale offrire i suoi doni. “Così all’inizio Dio non plasmò Adamo perché avesse bisogno dell’uomo, ma per avere uno nel quale deporre i suoi benefici” (Contro le eresie IV,14,1); e ancora Dio “preparava i profeti per abituare l’uomo sulla terra a portare il suo Spirito e possedere la comunione con Dio. Egli che non ha bisogno di nulla offriva la sua comunione a quelli che avevano bisogno di lui” (Ibid. IV,14,2). Ireneo vuole sottolineare l’affetto, l’amore con il quale Dio ha creato l’uomo ed esprime questo attraverso due temi: Dio crea l’uomo con le sue mani e lo plasma a propria immagine e somiglianza.
Secondo la gnosi c’è una distanza infinita tra Dio e l’uomo e, inoltre, la materia è una realtà negativa. Ireneo, invece afferma che Dio stesso lavora alla creazione dell’uomo con le sue mani, che sono il Verbo e lo Spirito. “Dio non aveva bisogno di loro [gli angeli] per creare ciò che aveva deciso di creare. Come se non avesse le sue Mani! Da sempre, infatti, gli sono accanto il Verbo e la Sapienza, il Figlio e lo Spirito. Mediante loro e in loro ha creato tutte le cose, liberamente e spontaneamente, e a loro appunto parla dicendo: ‘Creiamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza’ (Gen 1,26)” (Ibid. IV, 20,1). Le mani di Dio sono all’opera anche nella redenzione dell’uomo; sono le mani di Dio che liberano i tre giovinetti dalla fornace, che trasportano Enoch ed Elia nei cieli, che nel corso della storia intervengono per sostenere, soccorrere, incoraggiare. Queste mani si sono “abituate” a custodire e condurre la loro creatura. Conclude Ireneo: “Adamo non è mai sfuggito alle Mani di Dio”; Dio veglia sempre su di lui “affinché Adamo diventi secondo l’immagine e somiglianza di Dio” (Ibid. V,1,3). Come diventare fedeli discepoli del Signore? Restando sotto le Mani di Dio! “Non sei tu che fai Dio è Dio che fa te. Se dunque sei l’opera di Dio, aspetta la mano del tuo Artefice, che fa tutte le cose al tempo opportuno ... Presentagli il tuo cuore morbido e malleabile e conserva la forma che ti ha dato l’Artista, avendo in te l’acqua che viene da lui per non rifiutare, indurendoti, l’impronta delle sue dita ... Se gli affiderai ciò che è tuo, cioè la fede in lui e la sottomissione, riceverai la sua arte e sarai l’opera perfetta di Dio” (Ibid. IV,39,2). Ireneo ha una visione ottimista della storia di salvezza. Adamo ha peccato perché era come un bambino che non sapeva quello che faceva. Dio è un artista che vuole fare di Adamo, dell’essere umano, un’opera d’arte, ma Adamo si sottrae alla mani di Dio, vuole seguire le proprie vie. Convertirsi è ritornare sotto le mani di Dio, mani che oggi noi troviamo nella liturgia, nell’ascolto della Parola, nella preghiera. E queste mani di Dio ci correggono, limano ciò che è di troppo, consolidano ciò che è fragile, confortano, guidano, raddrizzano ...
L’Antico Testamento proibisce di produrre immagini di Dio perché l’immagine di Dio c’è già: l’uomo. Ma l’unica e sola perfetta immagine è Gesù Cristo (cf. Col 1,15). Diventa cristiano chi segue Cristo e si lascia trasformare da lui. Scrive Ireneo: “Per questo appunto il Verbo si fece uomo e il Figlio di Dio si fece Figlio dell’uomo, affinché l’uomo, mescolandosi a Dio e ricevendo l’adozione filiale, diventi figlio di Dio” (Ibid. III,19,1).

Per gli scritti di Ireneo rinviamo a: Ireneo di Lione, Contro le eresie e gli altri scritti, a cura di E. Bellini, Jaca Book, Milano 1997.

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