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Mariapia Veladiano "Il piccolo vescovo e la Chiesa del futuro"

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15 luglio 2025 
Il piccolo vescovo e la Chiesa del futuro

Roland Breitenbach pubblicò Il piccolo vescovo. Un romanzo sulla Chiesa del futuro nel 1990 (qui edizioni Neri Pozza 1995, traduzione di Maria Grazia Donella, disegni di Jules Stauber). A 35 anni di distanza, i temi che lo attraversano sono esattamente quelli che possiamo trovare nella rassegna stampa dell’ultima settimana. Impressionante.

Soprattutto il fatto che il punto in cui ci si trova è sostanzialmente lo stesso. Non perché la teologia, intanto, non abbia considerato e riconsiderato le questioni facendo importanti passi verso la loro rilettura alla luce degli studi biblici e storici. Scrivendo intere biblioteche di trattati. Ma perché questo lavoro teologico, come dire, non diventa patrimonio comune. Né a livello di alta dirigenza, come si direbbe in burocratese scolastico, né a livello di popolo di Dio. 

Quali sono i temi? Celibato, omosessualità, sessualità adulta, i divorziati che si sentono esclusi, i risposati che non sanno dove sentirsi accolti. Niente pedofilia, lo scandalo universale della pedofilia del clero non era ancora esploso. 

Il romanzo nasce a puntate, pubblicato sul giornale parrocchiale della congregazione di St. Michael a Schweinfurt, Baviera, dove l’autore era parroco. E già qui c’è da fermarsi a pensare, perché scrivere in modo così aperto di questi temi era possibile sono in ambiente tedesco, dove il confronto con il protestantesimo ha sempre permesso, e ancora permette, una libertà di discussione, in luoghi ufficiali come una pubblicazione parrocchiale, da noi impensata. 

E chi qui lo dice lo fa con cognizione dal momento che nel 1992, e quindi due anni dopo la pubblicazione, era redattrice nel settimanale diocesano di una media città di provincia, e temi e toni come questi li abbiamo nemmeno immaginati. 

Il romanzo è ambientato nell’anno 2000 e immagina che il parroco Oliver Maß sia stato, a sorpresa, nominato vescovo di Würzburg. A Roma c’è un nuovo papa, spagnolo, molto conservatore. Si chiama Giovanni Paolo III e i rapporti con la Chiesa tedesca sono difficilissimi. Solo che il parroco e ora vescovo Oliver Maß è un candido e però acuto uomo libero pieno di una fede che si è sempre lasciata interrogare dal mondo. 

L’autore è abilissimo nel farci intuire le dinamiche chiesastiche: la sua nomina passa piuttosto inosservata perché né i conservatori né i progressisti possono appropriarsene e quindi restano solo un po’ di chiacchiere intorno a indizi che lo vogliono da questa o da quella parte. Comincia a interessare al mondo quando lascia il palazzo vescovile e va a vivere in affitto, portandosi appresso un segretario che non è un prete e quindi non gli deve alcuna obbedienza in senso stretto, e una suora amica di gioventù da poco rientrata da una missione in Tanzania. 

Al giornalista corso a intervistarlo per sondarne il pensiero, il vescovo Maß argomenta subito contro il traffico d’armi «molto più immorale di una sessualità liberamente vissuta» e ciò resta vero sempre perché «il diavolo non si lascia battezzare» neppure quando sembra che ci siano delle motivazioni a sostenerne l’azione (19). Quanto ai temi della morale sessuale in generale non si possono «dare a problemi di oggi risposte dell’altro giorno» e qualsiasi risposta deve tenere presente che «il cristianesimo è anzitutto vita e non dottrina o morale» e «chi ama gli uomini ama Dio; chi ama Dio non può ignorare gli uomini e neppure ferirli o annientarli» (20s). 

Fra i primi problemi che gli si presenteranno c’è un giovane bravo prete che ama una donna, e la cosa è nota in parrocchia. La questione del celibato era viva allora come ora e l’autore fa dire al vescovo Maß parole senza ombre: le vocazioni al celibato ci sono sempre state e sono cosa buona ma «il celibato obbligatorio, quindi il nesso forzato di sacerdozio e celibato, è una grossa calamità per i cristiani e per la Chiesa» (26). Nel corso del romanzo più volte sosterrà questa tesi con argomentazioni storiche e con i fatti del presente, ricordando che in molte parti del mondo cattolico esistono sacerdoti sposati in situazione del tutto regolare sul piano del diritto canonico. 

Ogni incontro è occasione per un approfondimento teologico, offerto in forma semplice, mai ingenua, sempre colta e narrativa. Chi ha l’età giusta riconosce temi e scandali che hanno segnato la Chiesa della fine del secolo scorso: le grandi speranze della teologia della liberazione, la guerra al Concilio da parte di Lefebvre, la rete dei Bambini di Dio, l’Opus Dei. 

L’opposizione intorno al vescovo Maß cresce e viene indotto alle dimissioni. Che accetta di dare attraverso una procedura che non crei scandalo. Ma la finta malattia che dovrebbe coprire questo passaggio si manifesta vera e violentissima nella forma di una depressione che sembra espropriarlo della sua stessa fede. Queste pagine ci sorprendono sia perché non ce l’aspettiamo, di sicuro l’uomo è sincero e la sua fede è grande. Sia perché sono pagine di una precisione rara. 

È difficile descrivere così bene la deriva di sé che una depressione comporta. Si salverà, il vescovo, grazie a un viaggio in Terra santa, dove incontrerà Gesù nelle forme di un bambino ferito nel corpo eppure nel suo modo sereno. L’ultima tentazione sarà quella d’impossessarsene, ma qualcuno vicino a lui lo salva anche da questo. 

Quando tornerà a Würzburg, un piccolo verosimile e confortante colpo di scena lo restituirà a se stesso in una dimensione meno solitaria. In Appendice il romanzo ha 13 lettere che sono realmente arrivate dai lettori al vescovo Maß e sono estremamente interessanti per il clima del tempo. 

Tanta tanta umanità.


Mariapia Veladiano

Mariapia Veladiano, scrittrice, laureata in filosofia e teologia, ha lavorato per più di trent’anni nella scuola, come insegnante e poi come preside. Collabora con la Repubblica e con la rivista Il Regno.


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