Serena Noceti "Catechista: ministero (laicale) istituito"
Come ricorda il titolo, il ministero del catechista è antico e segna la vita ecclesiale fin dai primi secoli, ma nel corso del XX secolo, soprattutto dopo il concilio Vaticano II, l’apporto offerto da laici e religiosi, uomini e donne è cresciuto enormemente in quantità e qualità, e in tutti i continenti la diffusione degli studi biblici, teologici, di scienze religiose vede la presenza di responsabili della catechesi, a livello locale o nazionale, che non sono più solo ministri ordinati, con un impegno anche a tempo pieno.
Vengono differenziati i percorsi formativi, che non riguardano più solo la preparazione ai sacramenti di iniziazione cristiana o al matrimonio, né la sola formazione morale o dottrinale degli adulti da parte dei parroci: nascono gruppi biblici, corsi di formazione teologica di base, animati da catechisti laici e laiche; si sviluppano movimenti in cui la figura del catechista è centrale (pensiamo al Cammino neocatecumenale). Le parrocchie si riarticolano al loro interno con Comunità ecclesiali di base (a partire dall’America Latina) o Small christian communities (Africa, Asia), guidate e coordinate da christifideles laici: al cuore di queste esperienze sta l’ascolto adulto della Parola di Dio, una ricomprensione incarnata del Vangelo a confronto con la vita quotidiana e una significativa presenza di servizio sul territorio. E la figura del catechista assume tratti inediti, responsabilità nuove, autonomia maggiore.
Molti ministeri, una logica gerarchica da superare
L’idea di Antiquum ministerium si colloca, indubbiamente, in questo scenario: a fronte di centinaia di migliaia di cristiani che esercitano il “ministero di fatto” (solo in Italia si pensa che siano poco meno di 300.000) si può e si deve pensare a persone, uomini e donne, che – per il carisma specifico che viene in loro riconosciuto e per la preparazione di cui godono – siano costituiti con uno specifico Rito di istituzione per un ministero stabile e continuativo nella Chiesa locale a servizio dell’annuncio e della catechesi.
Nuove figure che contribuiscono a disegnare una nuova “coreografia ministeriale” nelle parrocchie e nelle Chiese locali: ministri ordinati (presbiteri e diaconi), ministri istituiti (lettori/lettrici, accoliti/e, catechisti/e), “ministri di fatto”, innumerevoli figure che rispondono ai diversi bisogni e attività delle comunità cristiane, dalla carità all’animazione dei giovani, dalla catechesi ai diversi servizi liturgici, dalle comunicazioni all’assistenza agli anziani, etc.
I “ministeri istituiti”, creati da Paolo VI in Ministeria quaedam (1972) e rimodellati da Francesco con questo motu proprio e con il precedente Spiritus Domini, sono ministeri che christifideles assumono sul fondamento del battesimo e della cresima e che esercitano secondo la specifica soggettualità, di parola e di azione, che è quella di laici e laiche, custodi della estroversione della Chiesa e promotori della sua secolarità.
Si tratta di un passaggio importante per l’autocoscienza ecclesiale, che può interrompere quella logica clericale e sacrale, gerarchizzante, che segna la comprensione del ministero da quasi 1500 anni, da quando si delineò il cursus honorum e la strutturazione di ordini minori e maggiori, orientati al sacerdozio e alla sua potestas sacra.
Antiquum ministerium contribuisce quindi in modo significativo alla maturazione di una pluriministerialità costitutiva nella Chiesa e alla ri-articolazione in un sistema complesso di figure ministeriali (di ordinati e laici/laiche), perché porta oltre il contesto liturgico primario del lettorato e dell’accolitato e perché pone in primo piano un agire pastorale – quello della catechesi – che è oggi esercitato in massima parte da donne.
Una questione di genere
La Chiesa è, come ogni altra organizzazione umana, strutturata e orientata da relazioni di genere: cioè la differenza sessuale è interpretata e vissuta in forme culturalmente, linguisticamente, ritualmente, simbolicamente definite. La soggettualità di parola, l’organizzazione delle relazioni ecclesiali, l’annuncio della fede, le dinamiche simboliche nelle celebrazioni liturgiche, l’esercizio del potere e dell’autorità sono sempre segnate da dinamiche di genere. E ogni ministero – sia esso ordinato o istituito o di fatto – porta con sé un tratto di autorevolezza e forme specifiche di potere (simbolico, orientativo), che deve essere riconosciuto e venire a parola, per essere esercitato con coscienza libera e senso di responsabilità, senza cedere a tentazioni di clericalismo o dominio sugli altri (magari inconscio).
Nonostante le donne siano oggi in Italia più del 75% dei catechisti (ma più del 90% per la catechesi di bambini e ragazzi), poche sono coloro che hanno ruoli orientativi e decisionali ad esempio a livello diocesano (14 donne su 226 diocesi: 6,19%): il nuovo ministero istituito potrà favorire una diversa organizzazione a livello di zone pastorali e di diocesi, con un maggior riconoscimento dell’apporto delle donne alla catechesi, e permetterà di affrontare con lucidità il problema, a oggi sottovalutato, della femminilizzazione della catechesi e delle implicazioni che vengono dall’assenza di figure maschili (con l’eccezione di preti e diaconi).
Domande aperte, prospettive future
Leggendo il motu proprio rimangono però alcune domande aperte.
- Il documento non definisce con chiarezza la specificità della figura del “ministro istituito catechista”, rispetto al catechista che esercita un “ministero di fatto”, con un mandato annuale da parte del vescovo o del parroco.
Saranno uomini e donne che, impegnati nella catechesi da anni, assumono ruoli di coordinamento e promozione a livello parrocchiale, vicariale, diocesano o nazionale? Oppure dobbiamo pensarli nella forma dei bakambi del Congo o di quei catechisti che in tante chiese locali dell’Africa coordinano comunità locali in assenza di presbitero?
Il documento allude a figure analoghe a quelle dei coordinatori di “Comunità ecclesiali di base” come quelle che operano in America Latina o di altre comunità locali lontane da centri parrocchiali o diocesani? Ma in questo caso si tratta di animatori, leader, “dirigenti di comunità” che non sempre hanno in modo esclusivo funzioni di tipo formativo o catechetico: spesso coordinano équipe che vedono più figure ministeriali, impegnate nella liturgia, nella carità, nella catechesi.
È lasciato alle Conferenze episcopali il compito cogliere il profilo specifico; questo molto probabilmente porterà a figure differenziate di “ministri istituiti catechisti” nei diversi contesti ecclesiali.
- In secondo luogo: perché il testo ricorre all’aggettivo “laicale” per definire questo nuovo ministero? Uomini e donne lo eserciteranno da laici/laiche quali sono, apportando nell’annuncio, nella formazione, nello stile educativo la loro specifica parola, esperienza, competenza, radicati sul fondamento della loro identità battesimale: perché si è sentita la necessità di porre un aggettivo che appare non scevro di ambiguità, sia per le molteplici interpretazioni date a “laico”, sia in rapporto alla natura dell’opus catechistico?
Le domande aperte potranno aiutare l’approfondimento teologico e gli orientamenti pastorali necessari per dare concretezza all’intuizione.
Possiamo essere grati a papa Francesco per questo ulteriore passo in ordine a una “coreografia ecclesiale” più ricca e adeguata alle sfide nuove della missione: altri ministeri istituiti appaiono ora “logicamente possibili” e necessari in risposta a prassi ecclesiali consolidate o a bisogni pastorali esistenti. Sarà la molteplicità di ministeri di laici/laiche competenti a mutare il volto della Chiesa e a preservarla dalla logica “gerarchica” clericale che ritroviamo spesso in preti e vescovi. «La pluriministerialità è un fatto innegabile, irreversibile, impegnativo» (A. Borras, G. Routhier).