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Sabino Chialà "L’abuso di coscienza"

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Muovendo da questa storia, vorrei almeno accennare a un tema doloroso e di grande attualità, cui il magistero di papa Francesco è particolarmente attento: l’abuso di coscienza (1), di cui sono espressione gli abusi sessuali, ma che ha propaggini ben più ampie. Un abuso possibile in virtù di un’obbedienza senza coscienza, chiesta o prestata.
Da una parte vi può essere infatti chi si presta e vive un’obbedienza senza coscienza, per ragioni molto diverse: per incapacità, come nel caso di minori o di persone non pienamente in grado di intendere e di volere; per la seduzione esercitata da un’autorità carismatica perversa, come nel caso di abusi in ambito religioso, soprattutto su donne; per un qualche piccolo tornaconto, quando l’abusatore di coscienza remunera con le briciole del suo potere chi vi si sottomette in modo irriflesso e incondizionato; o infine per banale comodità, poiché obbedire senza pensare può risultare meno oneroso.
Dall’altra parte dell’abuso di coscienza vi è l’autorità perversa che viola e distrugge le coscienze, per poter assoggettare in modo pieno le proprie vittime. Non a caso la coscienza e la sua distruzione sono il primo obiettivo di tutte le autorità degenerate. Come afferma Dalmazio Mongillo:

Il potere è interessato a che l’uomo non si renda conto della propria dignità e responsabilità. Sulle coscienze addormentate o anestetizzate si agisce meglio che su quelle sveglie. 
Non può mai prevedere la posizione che assumerà una coscienza cosciente e libera, e poiché il potere ha bisogno di prevedere tutto, vuol controllare e moderare le fasi e i contenuti dello sviluppo della coscienza. Per il potere non sono pericolose le idee finché può controllarle, è pericoloso che l’uomo abbia personalità, sappia valutare e decidere. Di uomini in grado di autodeterminarsi il potere non può più disporre (2).

L’autorità perversa teme la libertà della coscienza, perché teme l’autonomia delle persone. 
Infatti per essa le più pericolose, e dunque da eliminare il prima possibile o almeno da allontanare, sono le personalità che mostrano un certo grado di autonomia. È quanto si osserva nei regimi autoritari, come anche in alcune realtà religiose con chiare derive settarie, dove un’autorità carismatica perversa tenta di immobilizzare le coscienze per usare delle persone a proprio piacimento.
Normalmente questo genere di autorità agisce mettendo in atto due strategie, con cui essa tenta di bloccare quelli che ho definito i due “dialoghi” che alimentano e coltivano la coscienza: quello interiore e quello esteriore. Il primo, tramite la seduzione, il secondo con la manipolazione della verità, cioè facendo ricorso alla menzogna. L’autorità perversa agisce innanzitutto con la seduzione: tenta di conquistare l’altro, di abbagliarlo, per potergli impedire appunto il dialogo interiore. Come l’idolo, sprigiona un bagliore che acceca e paralizza, che toglie la possibilità di pensare in autonomia. In tal caso, per elaborare il proprio pensiero, basterà quello che dice il leader, il quale cattura con il proprio sguardo e incanta con le sue parole. La persona sedotta non avverte più il bisogno di pensare in proprio, di confrontarsi con quanto lo abita e che ha appreso, gli basta ciò che gli viene detto.
L’altra via per la quale l’autorità perversa agisce con il fine di anestetizzare la coscienza è quella della menzogna manipolatoria. Così facendo egli manomette l’altro dialogo che alimenta la coscienza, quello esteriore, che tiene cioè in contatto con quanto è al di fuori del soggetto manipolato. L’abusatore agisce in particolare offrendo una sua valutazione dei fatti e delle persone. Non ascolta né legge la realtà, ma la crea e la imprime nella mente di coloro che attorno a lui gli accordano piena e incondizionata fiducia. Attraverso queste due vie, l’autorità abusante si assicura il controllo sia dell’intimo delle sue vittime, assoggettandole all’influsso della sua seduzione, sia delle loro relazioni, essendo lui a determinare, cioè a costruire, la realtà in cui l’altro vive, e dunque le valutazioni che questi esprime su fatti e persone. In tal modo provoca un completo isolamento nel quale ogni abuso è dunque possibile.

1 La materia è complessa e qui non posso che accennarvi. 
Anche la letteratura relativa si fa sempre più ricca. 
Mi limito a qualche segnalazione tra le più recenti: 
A. Deodato, Vorrei risorgere dalle mie ferite. Donne consacrate e abusi sessuali, Edb, Bologna 2016; 
B. de Dinechin, X. Léger, Abus spirituels et dérives sectaires dans l’Église. Comment s’en prémunir?, Médiaspaul, Paris-Montréal 2019; 
D. de Lassus, Risques et dérives de la vie religieuse, Cerf, Paris 2020.
2 D. Mongillo, s.v. “Coscienza”, p. 145.

tratto da "Pensare e Dire" Edizioni Qiqajon

Pensare e dire… coscienza e parresia: due dimensioni essenziali dell’essere e del relazionarsi. Con un taglio esperienziale e pratico si indicano qui percorsi che aiutino a rivisitare il proprio vissuto: i pensieri che lasciamo abitare in noi e le parole che transitano per le nostre labbra. 

AUTORE Sabino Chialà (Locorotondo 1968) è monaco e priore di Bose dal 2022 a oggi. Studioso di ebraico e siriaco, si è dedicato in particolare allo studio della figura e dell’opera di Isacco di Ninive, di cui ha recentemente pubblicato la prima traduzione italiana completa della prima collezione dei suoi scritti.


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