Enzo Bianchi “Il Natale del Dio al contrario”
Il Natale del Dio al contrario
La Stampa 23 dicembre 2023
per gentile concessione dell'autore
Significativamente nel martirologio del 25 dicembre si legge: «Memoria della Natività del Signore
nostro Gesù Cristo». Natale è una memoria, anzi la memoria per eccellenza, perché ricorda la
nascita di Gesù da Maria a Betlemme, una nascita che significa molto più della nascita di un
bambino che viene nel mondo. Perché in verità noi possiamo proclamare che con quel parto Dio si è
fatto uomo come noi, che la Parola di Dio si è fatta carne (cf. Gv 1,14), che Dio è diventato
l'Immanu-El, il Dio-con-noi (cf. Mt 1,23; Is 7,14), solidale in tutto con noi, assumendo la nostra
precarietà dal concepimento fino alla morte. Questa è per noi la buona notizia, il Vangelo che
l'angelo annuncia come «grande gioia davvero per tutti».
Questo è il cuore della fede cristiana, una fede che non può entrare in concorrenza con le religioni e
i loro dèi, perché ciò che proclama è esattamente il contrario di ogni religione: un Dio-uomo, un
Dio nella carne mortale, un Dio che non si è limitato ad avere cura di noi ma ci ha amato fino a
voler essere uno di noi, nella condivisione radicale di ciò che noi siamo, poveri uomini e povere
donne gettati su questa terra.
Ma sostando su questo evento siamo soprattutto meravigliati dalla forma di questa venuta, da quello
che possiamo chiamare lo stile dell'incarnazione. Dio non è venuto tra di noi con la sua potenza, con
il suo splendore, con la sua gloria, in un'epifania, in una dimostrazione che si sarebbe imposta al
mondo; non è neppure venuto in quelle teofanie che nell'Antico Testamento destavano timore e
tremore. Il Dio cristiano si è manifestato nell'umiltà, nella semplicità di una vicenda i cui soggetti
sono uomini e donne poveri, che non emergono, che non hanno neanche grandi ruoli, uomini e
donne che non hanno mai cercato il riconoscimento ma che hanno voluto solo obbedire al loro
Signore. Così Dio è venuto tra di noi "svuotandosi", dimenticando le sue prerogative divine, e
possiamo dire che si è abbassato fino a prendere un posto tra di noi, un posto ultimo che nessuno di
noi gli potrà mai rubare (cf. Fil 2,5-8).
La forma e lo stile di questa venuta di Dio tra di noi erano inattesi, e anche per questo molti credenti
hanno finito per inciampare, perché hanno trovato occasione di scandalo nella nascita di Gesù, nella
sua vita, nel suo stile. Non la logica mondana, ma neppure la logica dei profeti dell'Antico
Testamento si intravedeva nella venuta messianica del Figlio di Dio. Potremmo dire che Natale
manifesta un "Dio al contrario" - ho pensato bene a questa espressione! -, perché non si rivela né
con potenza né con splendore ma in un "Messia al contrario"; il Messia è invocato come qualcuno
che sarà vincitore sui nemici, qualcuno che instaurerà un potere, seppur di pace, mentre questo
Messia nasce come un povero in una stalla, deposto in una mangiatoia, e quelle fasce che lo
avvolgono come bambino preannunciano le fasce con cui sarà avvolto nel sepolcro la sera della sua
morte in croce.
Il cristianesimo è tutto qui, in questa contemplazione di un Dio fatto povertà, di un Eterno fatto
mortale, di un Onnipotente fatto infante, di un tre volte Santo diventato terra come noi, mortale.
Nel racconto che l'evangelista Luca fa della nascita di Gesù è significativa la menzione di chi
regnava davvero, del dominatore, l'imperatore di Roma, Cesare Augusto: lui sì che comandava, lui
sì che aveva potere su tutta la terra, e con quel potere ordinava un censimento nella lontana
Palestina. Ed è proprio questo censimento che consente a Giuseppe e a Maria di spostarsi da
Nazaret di Galilea a Betlemme, e dunque consente la nascita del Messia nella sua città, la città di
David: in verità - ci dice il Vangelo - chi regge e disegna la storia non è Cesare Augusto, non sono i
governanti di questo mondo, in realtà resta Dio, anche se tutto questo avviene in un Dio nascosto…
Da quella notte di Natale non si può più dire Dio senza mettergli accanto la parola uomo, perché
Gesù è il Dio-uomo, perché la nostra mortalità, la nostra morte è entrata in Dio e la vita di Dio è
entrata in noi. Natale è la nascita di Gesù ma è anche il "congiungimento", le nozze tra Dio e
l'umanità. Questo è il Vangelo, la buona notizia, e non affatica, assolutamente, dirla e proclamarla
ogni anno a Natale. Per questo non dobbiamo aggiungere nulla al Vangelo, perché il Vangelo è
buona notizia e basta.
Certo, questa buona notizia per molti umanamente può essere difficile da accogliere, perché per loro
il Natale è faticoso, magari è un Natale di sofferenza, per molte ragioni: dalle guerra in Ucraina e
Palestina, dalla situazione economica che per molti è povertà e per alcuni è miseria; a situazioni di
malattia, di sofferenza e di separazione che affliggono nel loro cammino tante persone per le quali
la vita diventa grama; e c'è chi soffre a causa della menzogna che incontra, a causa dell'omertà, a
causa delle chiacchiere e della fuga dalla responsabilità. Ma in chi ha la fede, la buona notizia
sconfigge queste contraddizioni e dà uno sguardo puro e saldo, che sa leggere in profondità e sa
vedere in questa nascita una grande speranza e trovarvi una grande gioia.