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Monastero di Bose "La gloria della croce"

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Qui, própria morte prænuntiáta discípulis,
in monte sancto suam eis apéruit claritátem,
ut per passiónem, étiam Lege Prophetísque testántibus,
ad glóriam resurrectiónis perveníri constáret.

Il Cristo, dopo aver dato ai discepoli l’annuncio della sua morte,
sul santo monte manifestò la sua gloria
e chiamando a testimoni la Legge e i Profeti
indicò agli apostoli che solo attraverso la passione
possiamo giungere al trionfo della resurrezione.

Messale romano, Prefazio della II Domenica di Quaresima

Il prefazio della I domenica di Quaresima orientava l’impegno richiesto in questo tempo verso il mistero pasquale e il raggiungimento della Pasqua eterna: ogni sforzo ascetico, infatti, ogni lotta contro il male possono essere intrapresi solo se si è sostenuti dalla speranza.

Anche il prefazio di questa II domenica volge i nostri sguardi verso la resurrezione (ad glóriam resurrectiónis, dice il testo latino): nella trasfigurazione infatti è svelata la gloria della croce e, secondo una tradizione antica, è data la promessa delle “vesti degli ultimi giorni” riservate all’umanità redenta (Apocalisse di Pietro 15). Nell’esegesi dei racconti evangelici questi due aspetti sono meno sottolineati rispetto al tema dell’unità delle Scritture e della riflessione cristologica sull’umanità e la divinità di Cristo, che hanno focalizzato l’interesse dei commentatori antichi. Queste tematiche si ritrovano nel discorso sulla trasfigurazione di Leone Magno, che ha probabilmente ispirato i redattori del prefazio.

Il legame fra trasfigurazione e croce è esplicito già nei vangeli. In tutti i sinottici la trasfigurazione segue il primo annuncio della passione e l’invito di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24; Mc 8,34; Lc 9,27): la manifestazione della gloria è data a chi è associato alla sequela del Signore. Inoltre, poco dopo l’evento sul monte, Luca annota che, “mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto”, Gesù rese il suo volto duro, saldo, nel dirigersi verso la passione (Lc 9,51): la croce è, dunque, il contesto della trasfigurazione. “L’intento principale di questa trasfigurazione era di rimuovere dal cuore degli apostoli lo scandalo della croce e far sì che il volontario abbassamento della passione non recasse turbamento alla loro fede”, dice Leone Magno (Ser. 38,3.2). Altrove egli usa le espressioni “croce gloriosa” (39,4.3) e “gloriosa passione” (41,4.2), facendosi eco della fede della chiesa antica che identificava la passione con la Pasqua.

Nell’omelia sulla trasfigurazione Giovanni Crisostomo, interrogandosi sul motivo della presenza di Mosè ed Elia, attestando una variante di Luca 9,31, dice che Mosè ed Elia sono presenti “per mostrare la gloria della croce, confortare Pietro e quelli che avevano paura della passione e risollevare il loro animo. Difatti, arrivati là, Mosè ed Elia non tacevano, ma parlavano della gloria che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme, vale a dire la passione e la croce, perché la chiamano sempre così” (Hom. 56,2 su Mt 17,3).

Leone Magno fa dire a Dio Padre nella voce dalla nube: “Ascoltatelo! Mi sono manifestato attraverso la sua predicazione. Mi sono glorificato nella sua umiltà. Egli è la mia forza e la mia sapienza. Ascoltate colui che con il suo sangue ha redento il mondo, che lega il diavolo e sequestra i suoi arredi. Ascoltate colui che apre la via al cielo e con il dolore della croce prepara per voi i gradini dell’ascesa al suo regno” (38,7). Parlando dell’intento principale della trasfigurazione, papa Leone aveva affermato: “Con disegno non meno provvidenziale veniva dato fondamento alla speranza della santa chiesa, in modo che l’intero corpo di Cristo potesse conoscere quale trasformazione gli sarebbe stata donata, e le membra ricevessero la promessa di avere parte alla gloria che era rifulsa nel capo” (Ser. 38,3.3).

Il legame tra trasfigurazione e croce è sottolineato anche dalla tradizione ortodossa. Non a caso, la data del 6 agosto anticipa di quaranta giorni quella dell’Esaltazione della Croce (14 settembre). Nel grande vespro della festa è dato risalto al poema del monaco Cosma, i cui versetti sono ripetuti due volte:

“Prima della tua croce, Signore, un monte raffigurò il cielo e una nube lo sovrastava come tenda; mentre ti trasfiguravi e ricevevi la testimonianza del Padre, erano con te Pietro, Giacomo e Giovanni, perché, dovendo esser con te anche nell’ora del tradimento, grazie alla contemplazione delle tue meraviglie non temessero di fronte ai tuoi patimenti: quei patimenti che noi ti preghiamo di poter adorare nella pace, per la tua grande misericordia.

Prima della tua croce, Signore, prendendo con te i discepoli su un alto monte, davanti a loro ti trasfigurasti, illuminandoli con bagliori di potenza, volendo mostrare loro, sia per amore degli uomini, sia per la tua signoria, lo splendore della risurrezione: di essa rendi anche noi degni nella pace, perché sei misericordioso e amico degli uomini” (stichirà idiòmela al Kyrie ekekraxa).

Fonte: Monastero di Bose
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