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Bibbia: La donna pozzo e sorgente d’acqua

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· Simboli nella Bibbia ·
26 ottobre 2019

Le acque e le donne portano in sé speranza di vita (cfr. Genesi 2, 6-10; Giudici 1, 11-15).
Senza di loro la vita, così come la conosciamo sulla terra, non sarebbe possibile, e perciò la Bibbia le associa liricamente. L’acqua è uno dei simboli frequenti nella Scrittura. Appare molte volte, associata alla vita fisica e a quella simbolica: sia all’inizio (Genesi 1, 2), sia alla fine (Apocalisse 22, 21). In quattro libri biblici, l’acqua che sgorga dalla terra — sorgente/fonte, pozzo, cisterna, torrente, fiume — è associata alla donna; al contrario raramente le viene associata l’acqua che cade: quella che si perde e che si sparge.

Uno dei libri che utilizza l’immagine dell’acqua con maggiore frequenza è quello dei Proverbi, opera che custodisce un coacervo di sapienza rivolto ai giovani, la cui stesura finale probabilmente risale al iv secolo a.C. In una delle sue “istruzioni”(5, 1-23), incentrata sulla preoccupazione per la vita sessuale, il saggio consiglia al giovane: “Bevi l’acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo perché le tue sorgenti non scorrano al di fuori, i tuoi ruscelli nelle pubbliche piazze [...] Sia benedetta la tua sorgente; trova gioia nella donna della tua giovinezza” (5, 15-16.18). Le delicate immagini acquatiche e i loro usi generano una figura femminile diafana, piacevole, attraente. Le espressioni “bevi l’acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo” sono metafore del rapporto sessuale (cfr. 1 Pietro 3, 7) e invitano il giovane al diletto amoroso che porta stabilità, benessere e pace (cfr. Isaia 36, 16). La donna, simboleggiata come acqua che si beve, rappresenta la gioia più grande (cfr. Apocalisse 22, 2.17) per il marito, e bere acqua significa saziare la sete (cfr. Isaia 55, 1), di modo che, come l’assetato si rinvigorisce con l’acqua del pozzo, così l’uomo è chiamato a trovare soddisfazione in sua moglie. Il simbolo dell’acqua che trabocca di Proverbi 5, 16 suggerisce pienezza. Le formule “le tue sorgenti” e “i tuoi ruscelli” riprendono “la tua cisterna” e “il tuo pozzo” del versetto precedente. Il poeta evoca l’acqua in abbondanza, fino allo straripamento. Sono immagini al servizio della capacità femminile di offrire una gratificazione sessuale infinita allo sposo, e da qui l’invito all’esclusività (cfr. Proverbi 5, 17).

La donna rappresentata ora sotto il simbolo della sorgente benedetta, “sia benedetta la tua sorgente”, insinua l’idea della fecondità. Come l’acqua sgorga da una fonte, dalla donna proviene la posterità (cfr. Salmi 128, 3). Essere benedetta implica avere una discendenza (cfr. Genesi 26, 3-4), una prole che si rifugia nel pozzo/donna. In senso proprio, il pozzo è una perforazione verticale che si fa nella terra per rifornirsi di acqua sotterranea. Nella Scrittura il pozzo è un elemento naturale legato alla fecondità della terra (cfr. Genesi 26, 21-22). La vita dei popoli girava attorno ai pozzi e alle sorgenti e perciò si può capire che alcuni libri biblici li associno alla donna, speranza di vita. Ed essendo luogo d’incontro delle donne alla ricerca di acqua (cfr. 1 Samuele 9, 11), i pozzi erano nella Bibbia spazi d’innamoramento. Lì iniziavano i rapporti di amicizia e di amore. Accanto a una sorgente/pozzo d’acqua, il servo di Abramo attende ed incontra Rebecca, promessa sposa di Isacco (cfr. Genesi 24, 13.17). Dall’incontro accanto al pozzo nacquero i figli di Israele. Fu sempre vicino a un pozzo d’acqua che Giacobbe vide per la prima volta Rachele, s’innamorò di lei e la baciò (cfr. Genesi 29, 11). Allo stesso modo, accanto a un pozzo Mosè conobbe Sefora, la sua sposa (cfr. Esodo 2, 15-22). Donna e pozzo come fonti di vita sono vincolati, sono sorgenti da cui sgorga l’acqua riannodando fili della storia sempre feconda. L’acqua è un simbolo matriciale, il che ricorda l’esperienza fondamentale dell’esistenza umana. Le acque sono il primo ambito vitale di ogni essere umano, che rimane per nove mesi in un ambiente liquido finché la sacca d’acqua si rompe e lui vede la luce. L’immagine della fonte d’acqua come metafora della donna evoca l’espressione castigliana “rompere aguas/romper fuentes” che designa una fase vissuta dalle gestanti prima di partorire. È considerato il sintomo principale dell’imminenza del parto. In questa prospettiva il racconto di Esodo 2, 10 assume un significato interessante: «Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: “Io l’ho salvato dalle acque!”», spiegazione che non riprende il significato del nome egizio Mosè, ossia “figlio di”. Il testo racconta un’adozione filiale con l’immagine del parto? Il contesto sembra suggerirlo. La donna non lo ha estratto dalle acque della sua fonte, ma dalle acque del Nilo, fonte di vita per la nascita della cultura egizia.

La Bibbia, di conseguenza, simboleggiando la donna come pozzo e fonte di acqua, sottolinea da una parte l’elemento matriciale e dall’altra il diletto sessuale. La metafora del pozzo e della cisterna acquisisce in altri testi significati negativi. Proverbi 23, 27 consiglia di evitare rapporti con donne dal comportamento sessuale ambiguo attraverso le metafore “fossa profonda” e “pozzo stretto”. Simboli che rappresentano il potere di seduzione delle donne dalla cattiva reputazione. Parimenti, in Siracide 25, 25 il saggio ricorre all’immagine della cisterna, arguisce che per svolgere la sua funzione non deve avere fessure e l’associa all’abuso della libertà di parola da parte della donna malvagia. L’autore dei Proverbi si riferisce ai cattivi rapporti tra i coniugi con la metafora dell’acqua che gocciola costantemente. Rappresenta il continuo fastidio che presuppone per il marito la donna amante dei litigi (cfr. 19, 13; 27, 15). Dello stesso tenore è Proverbi 9, 13-18 nella versione greca, una traduzione eseguita attorno al 160 a.C. In Proverbi 9, 1-6, la sapienza personificata pronuncia un discorso a cui si contrappone la donna sciocca con un altro discorso (vv. 13-18) invitando all’amore proibito: «Le acque furtive sono dolci» (v. 17). L’idea viene ripresa dal traduttore greco nel versetto 18 creando quattro emistichi che parlano del rapporto con la donna sciocca attraverso il simbolo dell’acqua estranea circoscritto al piano sessuale.

L’altro libro biblico che parla della donna con il simbolo dell’acqua è il Cantico dei Cantici, una raccolta di poesie dedicate all’amore umano. Furono articolate in un unico libro, forse verso il III secolo a.C. Donna e uomo in perfetta armonia nella loro nudità originale cantano ognuno il corpo dell’altro, espressione della persona totale, in dialogo tra un io e un tu, unendo i motivi della natura (cfr. 1, 6), della storia e della geografia israelitica (cfr. 1, 14). In uno dei canti al corpo femminile (cfr. 4, 1-15), la donna è descritta in tono erotico. I versetti 12-15 ricorrono ai simboli in modo descrittivo ed evocativo, descrivono una zona del corpo della sposa come un tutto, ovvero la sua parte intima (cfr. Proverbi 5, 15-18; Siracide 26, 12). Dice l’amato: «Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata [...] Fontana che irrora i giardini, pozzo d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano». In modo analogo a Proverbi 5, 15-18, il simbolo “sorgente/fonte” presenta la donna dall’aspetto gradevole e bello. Per un semita la felicità più grande era stare in un luogo pieno di alberi e con acqua in abbondanza (cfr. Genesi 2, 4b-7). L’autore intende suscitare una reazione emotiva dinanzi all’incanto femminile, contemplare una sorgente stimola la sete e il desiderio di abbeverarsi alle sue acque. Ma fa capire che spetta alla donna decidere a chi aprire la sua fonte (Cantico 4, 15), metonimia dell’organo sessuale femminile (cfr. Levitico 20, 18; Matteo 5, 25). Il fatto che la fonte sia chiusa, che la sorgente sia sigillata, simboleggia qualcosa di profondamente occulto nella configurazione dell’essere donna; lei è acqua di sorgente per saziare la sete, ma è padrona del proprio destino. Indica la dignità femminile intesa come auto-dominio inviolabile interiormente, come espressione della facoltà di decidere liberamente di darsi all’altro, a colui che lei ama in modo esclusivo (cfr. 2, 16). L’idea della donna come proprietà dell’uomo (cfr. Esodo 20, 17) riceve una correzione; la decisione di donarsi è facoltà femminile, poiché nell’amore non ci può essere alcuna forzatura, l’amore non ha prezzo (cfr. 8, 7) e il desiderio è reciproco. L’amata di Cantico 7, 11, parlando del suo amato, afferma: «La sua brama è verso di me», mentre la voce divina rivolta a Eva in Genesi 3, 16a dice: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto». Completano il simbolo della fonte sigillata le metafore “fontana che irrora i giardini, pozzo d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano” (4, 15). Ora la donna/fonte è aperta, «fontana che irrora i giardini», conferendo al simbolo un’apertura a un’altra dimensione. Il verso ha una struttura circolare: semanticamente «fontana che irrora i giardini» corrisponde a «ruscelli sgorganti dal Libano», sono acque libere, mentre al centro spicca «pozzo d’acque vive», acque tranquille e salubri (cfr. Genesi 24, 11).

La metafora “sorgente di acqua viva” in Geremia 2, 13; 17, 13 è simbolo del Signore nel contesto di una relazione interrotta che era iniziata sotto il segno della tenerezza (cfr. 2, 2-3). Tale simbolo indica quindi un rapporto di amore e corrispondenza. Potrebbe quindi suggerire che l’amata è per l’amato simbolo della presenza tangibile di Dio, fonte primordiale dell’amore traboccante. L’idea si ritrova anche nelle aggiunte al testo greco del libro di Ester. Furono apportate probabilmente negli anni 80 a.C. In Ester 1, 11 leggiamo: «e gridarono a Dio. Ma dal loro grido sorse, come da una piccola fonte, un grande fiume, acque copiose», e in Ester 10, 3c la “piccola fonte” s’identifica allegoricamente con la regina Ester: «la piccola sorgente che divenne un fiume, la luce che spuntò, il sole e l’acqua copiosa. Questo fiume è Ester che il re ha sposata e costituita regina». L’immagine della “piccola fonte” trasformata in fiume con molta acqua suggerisce un cambiamento di situazione, la prosperità, la terra pacificata (cfr. Isaia 66, 12) o un luogo di sapienza. Così, per esempio, Ben Sira si descrive come un canale che riceve acqua da un fiume e, quando decide d’irrigare il suo giardino, il canale diventa un fiume (cfr. Siracide 24, 29). E nel Nuovo Testamento la fonte di acqua viva è associata a Gesù (cfr. Giovanni 4, 14; 19, 30), allo Spirito Santo (cfr. Giovanni 7, 38-39), ai sacramenti (cfr. Apocalisse 21, 6) e alla Chiesa (cfr. 22, 17), massime espressioni di fecondità, vita piena, pace e salvezza.

L’ultima metafora che chiude Cantico 4, 15 è «ruscelli sgorganti dal Libano». Per la maggior parte dell’anno le montagne del Libano sono parzialmente coperte di neve e perciò i ruscelli che vi scorrono non sono permanenti (cfr. Geremia 18, 14). Con questo simbolo il poeta vuole sottolineare il mistero vitale, esplosivo e costante che il corpo femminile custodisce. Un’altra immagine acquatica del libro aggiunge un tratto affascinante sulla donna. In Cantico 7, 1-10 l’amato elogia il corpo dell’amata. Nel versetto 5 si sofferma sul viso: “i tuoi occhi sono come i laghetti di Chesbòn, presso la porta di Bat-Rabbìm”. L’acqua di un laghetto è tranquilla, profonda e misteriosa; è un’immagine provocatrice. Mostra un carattere inquietante dell’amata che con un solo sguardo turba l’amato (cfr. 6, 5). Questo modo di parlare biblico potrebbe essere frutto dell’intuizione del cosmo come unità e dell’essere umano uomo/donna come modo di vivere differenziato in una profonda interrelazione. L’acqua era già presente nell’universo prima che questo fosse cosmo (cfr. Genesi 1, 2). Secondo Genesi 2,6-7.21-22, la polvere del suolo con cui fu plasmato Adamo venne irrigata con acqua perché il Creatore potesse darle forma umana; allo stesso modo modellò la donna. Perciò la Scrittura, riflesso prevalentemente della cosmovisione maschile, parla della donna ricorrendo alla metafora dell’acqua riferita soprattutto alla donna sposa o amata in senso positivo, e riserva le acque moleste alle donne dalla dubbia reputazione.

In sintesi, nella Scrittura c’è acqua all’inizio e fiumi di acqua alla fine, e la donna è sorgente/pozzo di acqua viva. È come se l’uomo biblico che vive in un ambiente con scarsità di acqua non possa prescindere da essa, la sorgente/donna, compagna di vita, affinché sulla terra si possano conservare la vita e la gioia.

di Wilma Mancuello González

L’autrice

Di nazionalità paraguayana, è missionaria dell’istituzione claretiana. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze ecclesiastiche nel Centre Teològic Salesià Matí-Codolar (Barcellona, 2002), ha proseguito gli studi in Sacra Scrittura nel Pontificio Istituto Biblico a Roma dove si è laureata nel 2006 e in antropologia sociale all’università cattolica Nuestra Señora de Asunción (Paraguay, 2011). Sempre nel Biblico di Roma ha poi conseguito un dottorato in Scienze Bibliche (2016). È docente di Sacra scrittura alla Facultad de la Sagrada Teología di Asunción e di Antropologia sociale presso l’Università Cattolica Nuestra Señora de Asunción.
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