Jean Louis Ska "La miseria e la misericordia"
Jean Louis Ska
Piano di lavoro 2018/19
4 - La miseria e la misericordia
Giovanni 8,1-11
1. Per leggere e comprendere
L’episodio della donna adultera che leggiamo nel nostro Nuovo Testamento all’inizio dell’ottavo capitolo del quarto vangelo ha un sapore ben diverso del resto di questo vangelo. Il racconto è denso, conciso, i dialoghi sono brevi, fatti di poche battute essenziali, e il racconto termina in modo assai brusco con una frase finale che lascia molte domande aperte. Lo stile è molto più vicino a quello di Luca che non a quello di Giovanni. Si potrebbe paragonare il nostro brano, ad esempio, con il racconto della peccatrice perdonata in Luca 7,36-50 per ritrovare alcuni tratti comuni: in entrambi i casi, Gesù si trova di fronte a una donna, considerata come peccatrice da scribi e farisei, e Gesù coglie l’occasione per perdonare e dare una lezione sulla misericordia. In entrambi i casi, inoltre, il racconto finisce senza dire molto sulla reazione degli astanti. In Giovanni 8, gli scribi e i farisei se ne vanno in silenzio e, in Luca 7, non sappiamo quale fu la risposta di Simone, il fariseo e l’ospite di Gesù. Non sappiamo neanche come la peccatrice di Luca 7 e l’adultera di Giovanni 8 reagiscono al perdono e, in seguito, come furono accolte dai familiari quando tornarono a casa. Tutto è centrato sulla reazione e il messaggio di Gesù di Nazaret. Il resto conta molto meno ed è lasciato all’immaginazione dei lettori.
In realtà, questo brano non è presente nei più antichi manoscritti e i primi Padri della Chiesa non ne hanno alcuna conoscenza. In alcuni manoscritti più recenti appare nel vangelo di Luca, dopo Lc 21,38 o 24,53 (alla fine del terzo vangelo). Altri manoscritti lo inseriscono dopo Gv 7,36 oppure Gv 21,25 (alla fine del quarto vangelo). Il posto attuale nel quarto vangelo è quello ove si trova soprattutto nella tradizione manoscritta latina. Si tratta ovviamente di un brano indipendente che ha cercato a lungo un suo posto nei vangeli canonici delle prime comunità cristiane.
Non si può dubitare, tuttavia, dell’autenticità di questa tradizione perché la figura di Gesù di Nazaret che appare in questo passo concorda perfettamente con quello che possiamo scoprire, ad esempio, nel vangelo di Luca.
Il racconto
Abbiamo due parti nel racconto, dopo la breve introduzione sulle circostanze nei vv. 1-2.
Gesù scende dal monte degli ulivi e si reca nel tempio al mattino. Il mattino, nel Vicino Oriente Antico, è il momento della giustizia. La luce prende il posto delle tenebre, e i giudici si rendono di buon mattino alla corte per risolvere i casi a loro sottomessi (cf. 2Sam 15,2; Ger 21,12; Sal 101,8). In effetti, Gesù di Nazaret è presentato in questo passo come “giudice” ed è lui che risolve il caso in questione.
La prima scena (vv. 3-9), più lunga, si svolge in due tappe. I vv. 3-6a descrivono l’antefatto, il caso dell’adultera, con la sentenza prevista per tale caso: la lapidazione. Da lì la domanda rivolta a Gesù: lui approva o non approva la sentenza. Se approva la sentenza di morte, si allinea all’interpretazione letterale della legge preconizzata dagli scribi e farisei e abbandona la sua linea “liberale”. Se disapprova la sentenza, si dichiara nemico della Legge di Mosè e rischia egli stesso una severa condanna. Come uscire dal dilemma? Così come in altri casi, Gesù non reagisce immediatamente e obbliga i suoi interlocutori a pronunciarsi sul caso (6b-8). Egli chiede ai giudici di pronunciare un giudizio su sé stessi, pronunciando ed eseguendo la sentenza di morte: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. In effetti, secondo la legge di Dt 17,6-7, il testimone è il primo che deve eseguire la sentenza di morte in caso di pena capitale: “Colui che dovrà morire sarà messo a morte sulla deposizione di due o di tre testimoni. Non potrà essere messo a morte sulla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima contro di lui per farlo morire. Poi sarà la mano di tutto il popolo. Così estirperai il male in mezzo a te”.
Aggiungo un dettaglio che può avere una certa importanza. Gesù, in questo brano, “traccia segni” nella sabbia. È l’unico passo dei vangeli che parla di una sua attività simile. Perché questi tratti nella sabbia? Che cosa scriveva Gesù? Il testo non lo dice. Alcuni esegeti citano in merito un testo del profeta Geremia: (17,13): “O speranza d’Israele, Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi; quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva”. In questo contesto, scrivere nomi nella polvere significa destinarli ad essere portati via dal vento e quindi a scomparire per sempre. È possibile che il richiamo al testo di Geremia abbia condotto ad inserire il brano dopo Gv 7,38 ove Gesù parla di fiumi di acqua viva.
Torniamo però al nostro racconto. La reazione degli scribi e farisei è ben conosciuta: per evitare di auto-condannarsi, se ne vanno in silenzio (v. 9). La mossa di Gesù ha trasformato i giudici in potenziali imputati. La ritirata è preferibile alla vergogna.
Nell’ultima parte del racconto (vv. 10-11), Gesù di Nazaret si ritrova solo con la donna. Notiamo che Gesù è il primo personaggio in questa scena che rivolge la parola alla donna. Gli altri personaggi hanno parlato della donna, ma non alla donna che, in ogni modo, rimane anonima. Inoltre, Gesù si rivolge a lei con l’appellativo “donna”, segno di una certa cortesia. Potremmo dire che la donna non è più un caso da giudicare, è una persona da stimare.
La donna risponde con l’appellativo “signore” che può avere due significati. Il primo, il più semplice, è l’equivalente del nostro “signore”. Il secondo, che vale soprattutto per i lettori del vangelo, si scrive piuttosto con una maiuscola, e allude al titolo di Cristo “Signore”, come, ad esempio, in Rom 10,9; 1 Co 12,3; Fil 2,11 (“e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre”).
Come dice bene sant’Agostino nel suo commento a questa scena, alla fine la miseria si ritrova sola davanti alla misericordia. La donna è entrata sul palcoscenico condannata a morte e se ne va, viva, e perdonata. Aveva come solo futuro la morte, e Gesù le riapre le porte della vita.
• Possiamo immaginare il ritorno della donna a casa sua. Possiamo anche provare a immaginare il suo stato d’animo durante le settimane seguenti.
• Se i farisei avessero condotto a Gesù di Nazaret l’adultero piuttosto che l’adultera, quale sarebbe stata la sua reazione?
• Perché l’evangelista racconta questa storia? Che cosa vuol illustrare? La misericordia di Gesù? La sua intelligenza nel modo di rispondere ai Farisei? La libertà di Gesù davanti alla legge? Il comportamento di Gesù di fronte alle donne? La poca simpatia dei Farisei nei confronti di Gesù?
• Qual è l’esperienza che il brano ci invita a condividere? Quale sarebbe il comportamento normale del lettore in questa situazione? A quale comportamento ci invita il racconto? Quale “percorso” deve effettuare il lettore?
• Altra domanda: il brano descrive diversi atteggiamenti: quello dei Farisei, quello della donna, quello di Gesù e, potremmo aggiungere, quello di uno spettatore non coinvolto. In quale situazione vi ritrovate spontaneamente? Perché?
• Il brano interpella il nostro modo di pensare e di giudicare? Come giudicare delitti gravi che mettono a repentaglio le basi della società?
Le sette meditazioni proposte da padre Jean Louis Ska:In realtà, questo brano non è presente nei più antichi manoscritti e i primi Padri della Chiesa non ne hanno alcuna conoscenza. In alcuni manoscritti più recenti appare nel vangelo di Luca, dopo Lc 21,38 o 24,53 (alla fine del terzo vangelo). Altri manoscritti lo inseriscono dopo Gv 7,36 oppure Gv 21,25 (alla fine del quarto vangelo). Il posto attuale nel quarto vangelo è quello ove si trova soprattutto nella tradizione manoscritta latina. Si tratta ovviamente di un brano indipendente che ha cercato a lungo un suo posto nei vangeli canonici delle prime comunità cristiane.
Non si può dubitare, tuttavia, dell’autenticità di questa tradizione perché la figura di Gesù di Nazaret che appare in questo passo concorda perfettamente con quello che possiamo scoprire, ad esempio, nel vangelo di Luca.
Il racconto
Abbiamo due parti nel racconto, dopo la breve introduzione sulle circostanze nei vv. 1-2.
Gesù scende dal monte degli ulivi e si reca nel tempio al mattino. Il mattino, nel Vicino Oriente Antico, è il momento della giustizia. La luce prende il posto delle tenebre, e i giudici si rendono di buon mattino alla corte per risolvere i casi a loro sottomessi (cf. 2Sam 15,2; Ger 21,12; Sal 101,8). In effetti, Gesù di Nazaret è presentato in questo passo come “giudice” ed è lui che risolve il caso in questione.
La prima scena (vv. 3-9), più lunga, si svolge in due tappe. I vv. 3-6a descrivono l’antefatto, il caso dell’adultera, con la sentenza prevista per tale caso: la lapidazione. Da lì la domanda rivolta a Gesù: lui approva o non approva la sentenza. Se approva la sentenza di morte, si allinea all’interpretazione letterale della legge preconizzata dagli scribi e farisei e abbandona la sua linea “liberale”. Se disapprova la sentenza, si dichiara nemico della Legge di Mosè e rischia egli stesso una severa condanna. Come uscire dal dilemma? Così come in altri casi, Gesù non reagisce immediatamente e obbliga i suoi interlocutori a pronunciarsi sul caso (6b-8). Egli chiede ai giudici di pronunciare un giudizio su sé stessi, pronunciando ed eseguendo la sentenza di morte: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. In effetti, secondo la legge di Dt 17,6-7, il testimone è il primo che deve eseguire la sentenza di morte in caso di pena capitale: “Colui che dovrà morire sarà messo a morte sulla deposizione di due o di tre testimoni. Non potrà essere messo a morte sulla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima contro di lui per farlo morire. Poi sarà la mano di tutto il popolo. Così estirperai il male in mezzo a te”.
Aggiungo un dettaglio che può avere una certa importanza. Gesù, in questo brano, “traccia segni” nella sabbia. È l’unico passo dei vangeli che parla di una sua attività simile. Perché questi tratti nella sabbia? Che cosa scriveva Gesù? Il testo non lo dice. Alcuni esegeti citano in merito un testo del profeta Geremia: (17,13): “O speranza d’Israele, Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi; quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva”. In questo contesto, scrivere nomi nella polvere significa destinarli ad essere portati via dal vento e quindi a scomparire per sempre. È possibile che il richiamo al testo di Geremia abbia condotto ad inserire il brano dopo Gv 7,38 ove Gesù parla di fiumi di acqua viva.
Torniamo però al nostro racconto. La reazione degli scribi e farisei è ben conosciuta: per evitare di auto-condannarsi, se ne vanno in silenzio (v. 9). La mossa di Gesù ha trasformato i giudici in potenziali imputati. La ritirata è preferibile alla vergogna.
Nell’ultima parte del racconto (vv. 10-11), Gesù di Nazaret si ritrova solo con la donna. Notiamo che Gesù è il primo personaggio in questa scena che rivolge la parola alla donna. Gli altri personaggi hanno parlato della donna, ma non alla donna che, in ogni modo, rimane anonima. Inoltre, Gesù si rivolge a lei con l’appellativo “donna”, segno di una certa cortesia. Potremmo dire che la donna non è più un caso da giudicare, è una persona da stimare.
La donna risponde con l’appellativo “signore” che può avere due significati. Il primo, il più semplice, è l’equivalente del nostro “signore”. Il secondo, che vale soprattutto per i lettori del vangelo, si scrive piuttosto con una maiuscola, e allude al titolo di Cristo “Signore”, come, ad esempio, in Rom 10,9; 1 Co 12,3; Fil 2,11 (“e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre”).
Come dice bene sant’Agostino nel suo commento a questa scena, alla fine la miseria si ritrova sola davanti alla misericordia. La donna è entrata sul palcoscenico condannata a morte e se ne va, viva, e perdonata. Aveva come solo futuro la morte, e Gesù le riapre le porte della vita.
2. Per meditare e attualizzare
• Possiamo immaginare il ritorno della donna a casa sua. Possiamo anche provare a immaginare il suo stato d’animo durante le settimane seguenti.
• Se i farisei avessero condotto a Gesù di Nazaret l’adultero piuttosto che l’adultera, quale sarebbe stata la sua reazione?
• Perché l’evangelista racconta questa storia? Che cosa vuol illustrare? La misericordia di Gesù? La sua intelligenza nel modo di rispondere ai Farisei? La libertà di Gesù davanti alla legge? Il comportamento di Gesù di fronte alle donne? La poca simpatia dei Farisei nei confronti di Gesù?
• Qual è l’esperienza che il brano ci invita a condividere? Quale sarebbe il comportamento normale del lettore in questa situazione? A quale comportamento ci invita il racconto? Quale “percorso” deve effettuare il lettore?
• Altra domanda: il brano descrive diversi atteggiamenti: quello dei Farisei, quello della donna, quello di Gesù e, potremmo aggiungere, quello di uno spettatore non coinvolto. In quale situazione vi ritrovate spontaneamente? Perché?
• Il brano interpella il nostro modo di pensare e di giudicare? Come giudicare delitti gravi che mettono a repentaglio le basi della società?
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