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Enzo Bianchi Commento Vangelo Natale del Signore

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dal sito del Monastero di Bose 
Commento al Vangelo
di ENZO BIANCHI
Anno B
Lc 2,1-14

Dopo le domeniche dell’Avvento, vissute nell’attesa della Venuta gloriosa del Signore, la nostra attesa continua, anzi si rinnova grazie alla celebrazione del Natale, memoria della prima venuta del Signore, venuta nella carne fragile di un uomo e nell’umiltà della nascita a Betlemme.
 Il Vangelo proclamato nella notte si apre con una cronaca che colloca l’evento della nascita di Gesù nel contesto della storia mondiale: l’imperatore in carica è Cesare Augusto, Quirinio è il governatore della terra in cui avviene questo parto, mentre Giuseppe e Maria sono dei poveri sudditi dell’impero che devono sottomettersi ai potenti e piegarsi ai loro voleri. L’imperatore ordina “un censimento di tutta la terra”, specifica Luca, ponendo volutamente in contrasto la volontà grandiosa di Cesare e ciò che accade per volontà di Dio a Betlemme. L’evangelista ci fornisce dunque il quadro di una storia fatta dai grandi e dai potenti di turno, una storia traversata dall’oppressione e dal peccato del censimento: come dimenticare, infatti, che nell’Antico Testamento il censimento è considerato un’orgogliosa pretesa che attenta alla signoria di Dio sui suoi figli (cf. 2Sam 24). Eppure proprio in questa storia si compie la promessa di Dio
 Ma Dio per fare la “sua” storia non sceglie i potenti, bensì gli umili, i poveri: Maria, Giuseppe, i pastori dell’insignificante borgata di Betlemme. Nell’evento della nascita di Gesù si registra una marginalità, un decentramento rispetto ai centri del potere politico e religioso; per Giuseppe e Maria, giunti a Betlemme per farsi registrare quali discendenti della stirpe di David, non c’è posto nel caravanserraglio. Ebbene, proprio allora si compiono per Maria i mesi di quella gravidanza iniziata grazie a un’azione decisa e voluta da Dio: essa dà alla luce il figlio primogenito ed è costretta a deporlo in una mangiatoia, in un giaciglio di paglia. E così il Figlio di Dio, venuto ad abitare tra gli uomini, trova posto proprio tra coloro per i quali non c’era posto: Gesù viene alla luce come un figlio di persone escluse dall’ospitalità, di poveri pellegrini in cerca di una dimora. Ma un figlio così, nato nella povertà, nell’umiltà, nella marginalità, chi poteva riconoscerlo? Solo i poveri e gli umili: l’angelo che annuncia questa nascita a un pugno di pastori che vegliano nella notte accanto al gregge ci ricorda che ormai la povertà e l’umiltà sono i criteri essenziali per discernere la presenza di Dio!.
 Ma il “decentramento” di questo evento si verifica anche nei confronti delle attese messianiche di molti, delusi e scandalizzati di fronte a tanta insignificanza, di fronte a una nascita che non si impone: è questa la realizzazione delle promesse messianiche? La lunga attesa della storia si riduce a questo? Certo, Gesù nasce a Betlemme, il villaggio di David (cf. 1Sam 17,12; Mi 5,1), ma la profezia che sembra adempiersi è piuttosto quella contenuta in un’oscura pagina di Geremia: “O Signore, speranza di Israele, suo salvatore nel tempo dell’angoscia, perché sei come un forestiero sulla terra, come un viandante che va in giro cercando dove pernottare? Perché appari come un uomo senza forza, incapace di salvare? Eppure tu sei in mezzo a noi, Signore!” (Ger 14,8-9). La presenza di Dio in mezzo a noi riveste i panni della debolezza, della piccolezza e persino dell’impotenza di un bambino, di un infante che non sa neppure parlare! E così scandalizza e delude le nostre ricerche di segni e prodigi, le nostre ansie di vedere Dio nella potenza, nel prodigioso.
Dov’è Dio, ci chiediamo? Sì, Dio si è fatto vedere nel legno di una mangiatoia per nascere, e si farà vedere sul legno di una croce per morire: ma per noi questa è buona notizia o scandalo?
ENZO BIANCHI

Ascoltate il figlio amato!
Il vangelo festivo Anno B
© 2008 San Paolo i


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