La parola della domenica 18 Dicembre 2011 (Casati)
2 Sam 7, 1-5.8b-12.14a.16
Rm 16, 25-27
Lc 1, 26-38
Rm 16, 25-27
Lc 1, 26-38
C'è un sogno in Dio. Ed è più di un sogno. Perché i nostri sogni possono anche rimanere tali, rimanere sogni, e non accadere. Invece i sogni di Dio accadono.
Il sogno attraversa il Primo e il Secondo Testamento. Ed è come dire che attraversa tutta la storia. Noi abbiamo scoperto questa continuità -la continuità del sogno di Dio - leggendo oggi la pagina del libro di Samuele e, subito dopo, quella del vangelo di Luca. Bibbia ebraica e Bibbia cristiana insieme.
E il sogno di Dio va in direzioni diverse. Diverse anche da quelle che abitano i sogni delle persone religiose, diverse a volte dai sogni stessi dei profeti.
Perché i profeti, a volte, diventano profeti di corte, danno ragione al re, a quello che fa il re, e gli dicono: "Va, fa' quello che hai in mente di fare, perché il Signore è con te". Che cosa aveva in mente il re Davide, per di più benedetto, nel progetto, dal profeta, il profeta Natan? Aveva in mente di costruire un tempio a Dio: non sopportava che l'Arca dell'Alleanza fosse sotto una tenda. E Dio dice che no, questo non è il suo sogno. "Ti ho preso" -dice a Davide - "mentre seguivi il gregge, sono stato con te dovunque sei andato". Sono il Dio della tenda e tu mi vuoi ridurre al Dio del tempio? Guardate che questo rischio -di cambiare i connotati a Dio, di trasformarlo da un Dio pastore e quindi in cammino a un Dio re e quindi fermo sul trono - non è un rischio superato. Ed è un rischio delle società sedentarie, dove tutto è organizzato, tutto è programmato, tutto è sistemato. Costruiamo un tempio e così è sistemato anche Dio. L'abbiamo proprio "sistemato". Non dico che non dobbiamo edificare le chiese, ma, attenzione, che Dio non diventi il Dio delle chiese, e noi a far guerre, in nome di Dio, per le chiese, che non diventi il Dio delle chiese, che non perda i suoi connotati di un Dio della tenda, un Dio della strada. Vi dicevo che il pericolo non è superato. Vorrei farvi una domanda: quando oggi si parla di chiesa, che cosa viene prevalentemente in mente, il tempio o la strada? un Dio da adorare nelle chiese o un Dio da sorprendere nelle strade? i cristiani legati a un blocco istituzionale o i cristiani compagni di viaggio delle donne, degli uomini di oggi, delle loro notti e delle loro albe, delle loro angosce e delle loro attese? i cristiani che sognano la "cittadella cristiana" o i cristiani convinti che Dio è il Dio della tenda, il Dio nel succedersi delle generazioni, dentro l'atto del generare, il Dio dei volti? Le madri ebree ogni volta che generavano un figlio, ogni volta che ancora oggi generano un figlio, hanno come un sussulto: che quel figlio sia il Messia? La sorpresa di Dio è nella vita. Voi senz'altro mi capite: è una rivoluzione. Ritorniamo al sogno di Dio: dall'immobilità del tempio al cammino inquieto dell'umanità cui apparteniamo. E sogno, nostro sogno, il massimo dei sogni, poter dire, come Dio: sono stato con te, dovunque tu sei andato. Perché Dio entra nella vita. È bello leggere in questa luce il racconto dell'annunciazione. L'annunciazione non è nel tempio, è nella vita. È un'annunciazione in una regione e c'è il nome della regione, Galilea, in una città e c'è il nome, Nazaret, e c'è il nome della donna, Maria, e del suo sposo adorato, Giuseppe, ed anche della sua cugina, Elisabetta, quella che tutti dicevano sterile, e adesso è al sesto mese. È la vita, capite! È l'annunciazione, è la nascita di Dio, ma nella vita. Nella vita, la nostra, fatta di sensi di inadeguatezza: ("...ma com'è possibile? Non ci sono le premesse"), la vita fatta dei nostri turbamenti: ("Non temere, Maria"). Non temere.
Fonte: sullasoglia
Perché i profeti, a volte, diventano profeti di corte, danno ragione al re, a quello che fa il re, e gli dicono: "Va, fa' quello che hai in mente di fare, perché il Signore è con te". Che cosa aveva in mente il re Davide, per di più benedetto, nel progetto, dal profeta, il profeta Natan? Aveva in mente di costruire un tempio a Dio: non sopportava che l'Arca dell'Alleanza fosse sotto una tenda. E Dio dice che no, questo non è il suo sogno. "Ti ho preso" -dice a Davide - "mentre seguivi il gregge, sono stato con te dovunque sei andato". Sono il Dio della tenda e tu mi vuoi ridurre al Dio del tempio? Guardate che questo rischio -di cambiare i connotati a Dio, di trasformarlo da un Dio pastore e quindi in cammino a un Dio re e quindi fermo sul trono - non è un rischio superato. Ed è un rischio delle società sedentarie, dove tutto è organizzato, tutto è programmato, tutto è sistemato. Costruiamo un tempio e così è sistemato anche Dio. L'abbiamo proprio "sistemato". Non dico che non dobbiamo edificare le chiese, ma, attenzione, che Dio non diventi il Dio delle chiese, e noi a far guerre, in nome di Dio, per le chiese, che non diventi il Dio delle chiese, che non perda i suoi connotati di un Dio della tenda, un Dio della strada. Vi dicevo che il pericolo non è superato. Vorrei farvi una domanda: quando oggi si parla di chiesa, che cosa viene prevalentemente in mente, il tempio o la strada? un Dio da adorare nelle chiese o un Dio da sorprendere nelle strade? i cristiani legati a un blocco istituzionale o i cristiani compagni di viaggio delle donne, degli uomini di oggi, delle loro notti e delle loro albe, delle loro angosce e delle loro attese? i cristiani che sognano la "cittadella cristiana" o i cristiani convinti che Dio è il Dio della tenda, il Dio nel succedersi delle generazioni, dentro l'atto del generare, il Dio dei volti? Le madri ebree ogni volta che generavano un figlio, ogni volta che ancora oggi generano un figlio, hanno come un sussulto: che quel figlio sia il Messia? La sorpresa di Dio è nella vita. Voi senz'altro mi capite: è una rivoluzione. Ritorniamo al sogno di Dio: dall'immobilità del tempio al cammino inquieto dell'umanità cui apparteniamo. E sogno, nostro sogno, il massimo dei sogni, poter dire, come Dio: sono stato con te, dovunque tu sei andato. Perché Dio entra nella vita. È bello leggere in questa luce il racconto dell'annunciazione. L'annunciazione non è nel tempio, è nella vita. È un'annunciazione in una regione e c'è il nome della regione, Galilea, in una città e c'è il nome, Nazaret, e c'è il nome della donna, Maria, e del suo sposo adorato, Giuseppe, ed anche della sua cugina, Elisabetta, quella che tutti dicevano sterile, e adesso è al sesto mese. È la vita, capite! È l'annunciazione, è la nascita di Dio, ma nella vita. Nella vita, la nostra, fatta di sensi di inadeguatezza: ("...ma com'è possibile? Non ci sono le premesse"), la vita fatta dei nostri turbamenti: ("Non temere, Maria"). Non temere.
Fonte: sullasoglia