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Giovedì santo (Luciano Manicardi)

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Anno A
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15
Memoria della liberazione pasquale dall’Egitto, la prima lettura è anche profezia della Pasqua messianica, della salvezza che Cristo otterrà per l’umanità con il suo sangue; è durante un banchetto pasquale che Gesù compie il segno del dono della sua vita anticipando gli eventi della sua passione e morte, e Paolo, nella seconda lettura, riporta la tradizione delle parole e dei gesti eucaristici che anch’egli ha ricevuto e che i cristiani celebreranno “finché il Signore venga” (1Cor 11,26); il gesto con cui Gesù, secondo il quarto vangelo, depone le sue vesti e si china per lavare i piedi ai discepoli, è annuncio e prefigurazione della deposizione della vita che Gesù attuerà sulla croce.
Tutto il brano della lavanda dei piedi è posto da Giovanni sotto il segno dell’amore di Gesù per i suoi (cf. Gv 13,1) che narra il grande amore di Dio per l’umanità. L’Eucaristia, di cui la lavanda dei piedi è realizzazione esistenziale, è sacramento dell’agape, dell’amore, e questo amore assume la forma molto concreta del farsi servi degli altri. Il gesto di Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli ha valore magisteriale per la chiesa: “Vi ho dato l’esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15). Dal Cristo-Servo si passa alla chiesa-serva. L’Eucaristia rende partecipe la chiesa della missione di Cristo, sicché ogni logica individualistica, ogni egoismo e ogni spirito di divisione è una smentita della fraternità e della condivisione che caratterizza l’Eucaristia (cf. 1Cor 11,17 ss.). In riferimento alla narrazione paolina del pasto del Signore contenuta in 1Cor 11, scrisse a suo tempo il Card. Joseph Ratzinger: “Si celebra l’Eucaristia con l’unico Cristo e pertanto con tutta la chiesa, o non la si celebra affatto. Chi nell’Eucaristia cerca solo il proprio gruppo, chi in essa e attraverso di essa non si inserisce in tutta quanta la chiesa e non oltrepassa il suo punto di vista particolare, fa esattamente ciò che viene rimproverato ai cristiani di Corinto. Egli si siede per così dire con la schiena rivolta contro gli altri e distrugge così l’Eucaristia per lui stesso e la disturba per gli altri. Egli fa allora soltanto la sua cena e disprezza la chiesa di Dio (cf. 1Cor 11,21-22)”.
Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli, anche a Giuda, mostra un’accoglienza incondizionata nei confronti di “tutti”: non molti, non qualcuno, ma tutti, anche i suoi nemici, come quel Giuda Iscariota che albergava nel proprio cuore il proposito diabolico di tradirlo (cf. Gv 13,2). L’Eucaristia è sacramento dell’accoglienza di Dio nei confronti di tutti gli uomini. Pertanto le celebrazioni eucaristiche dovrebbero esprimere quell’umanità che le fa essere segni eloquenti di accoglienza sulle tracce del Gesù che nella sua vita terrena ha incontrato tutti, farisei e pubblicani, giusti e peccatori, sani e malati, e a tutti ha espresso le esigenze del Regno e narrato la misericordia di Dio.
Tra le parole che Gesù pronuncia durante la lavanda dei piedi ve ne sono anche con valenza giudiziale: “Non tutti siete mondi” (Gv 13,11). L’impurità di cui si tratta non è di tipo rituale o morale, ma si situa in riferimento all’amore. L’impurità è il non-amore, è il tradire l’amore, l’uscire dall’amore: ma anche nei confronti di chi entra nel non-amore, Gesù mantiene il suo amore fedele. Gesù ama anche il suo nemico. Le nostre eucaristie, se vogliono essere fedeli alla forma data loro dal Signore, devono essere scuole di amore, in cui si impara ad amare anche il nemico, o meglio si impara a non crearsi dei nemici e a mostrare un volto di mitezza anche nei confronti di chi si fa nostro nemico.
L’Eucaristia è sacramentum unitatis in quanto celebrazione della nuova alleanza nel sangue di Cristo: legge di questa alleanza è il comandamento nuovo dell’amore lasciato da Gesù dopo la lavanda dei piedi (cf. Gv 13,34). La forma della celebrazione, il rito, non può che essere a servizio di questa verità veramente costitutiva del mistero eucaristico. Sarebbe smentita l’Eucaristia come cena del Signore, come sacramento di amore e di unità, se il modo di celebrarla arrivasse a rivestire un’importanza maggiore del suo contenuto producendo contese e divisioni nel corpo comunitario.
LUCIANO MANICARDI
Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
© 2010 Vita e Pensiero

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