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Luigi Berzano "Domande sui cattolici"

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Luigi Berzano
Rocca n° 8/2025

È possibile identificare oggi il mondo dei cattolici, dopo le grandi trasformazioni sociali e culturali che sono avvenute? A rendere difficile tale domanda è quanto è avvenuto dopo gli anni del ’68: la laicizzazione della società, la secolarizzazione degli stili di vita, la rivendicazione sui diritti civili, l’autonomia in campo politico. Sono tali trasformazioni ad aver scomposto e differenziato anche i cattolici. Difficile quindi dichiarare che la Chiesa cattolica da maggioranza stia diventando minoranza. Nella società civile, nella scuola, nei quartieri, nella politica, nell’amministrazione, nella cultura i cattolici possono ormai essere su posizioni diverse in quanto cittadini. E anche quando pensano di agire come cattolici non si tratta più di unanimità imposta dal Magistero. 
La constatazione è che non esiste più una unanimità cattolica, anche quando qualcuno pensa di agire in quanto cattolico: «Ciò è un bene, nella stessa misura in cui è stata un male l’ingannevole, irreligiosa unità dei cattolici predicata e imposta prima del Concilio. In questo vortice, se così si può dire, ne sono irretiti anche i “sacri pastori”, le cui opinioni a livello europeo se non proprio italiano in materie politiche e sociali, dimostrano che neppure essi possono ancora rappresentare una risposta cattolica a una sfida che interpella gli uomini, non i cattolici» (P. De Benedetti, Humanitas 8-9 (1976), p. 655, citato da F. Capretti). 
 Su questi temi sono i mass-media e le dichiarazioni di opinion leaders a creare gli immaginari collettivi del pessimismo o dell’ottimismo. Si considerino il caso francese e quello italiano relativamente ai cattolici. Nel 2024 la Francia pare riscoprirsi più cristiana di quella degli ultimi anni: moltiplicazione dei catecumeni e dei battesimi di adulti, con un aumento del 31% rispetto all’anno precedente. Crescita percentuale di catecumeni ex musulmani pronti a convertirsi, nonostante il clima poco favorevole a queste traiettorie di fede nelle famiglie e comunità islamiche. Molti ambienti culturali, universitari, professionali conoscono un ripensamento della fede. Anche la stampa della gauche francese ha parlato di questa “schiarita per la Chiesa” e del ritorno della spiritualità fra i giovani adulti. Quale la ragione di questa nuova e inattesa attenzione alla religione? Molti l’hanno indicata nella povertà delle società secolari nell’offrire idee forti per dire ai giovani cosa fanno in questo mondo e dove stanno andando. 
In Italia, al contrario, cresce nel mondo cattolico una lettura della Chiesa come se fosse ormai destinata a diventare una tra le varie minoranze religiose, nonostante che tale atteggiamento contrasti in primo luogo con i rapporti privilegiati che la Chiesa cattolica intrattiene ancora con la società civile: il Concordato con lo Stato italiano, l’Otto per mille, l’insegnamento della religione nelle scuole di ogni ordine, i cappellani presso le istituzioni militari e sanitarie, le scuole private cattoliche. 
Ovviamente le ragioni di questo declino verso la condizione di minoranza sarebbero di altro genere e riguarderebbero la disaffezione crescente dei fedeli alle celebrazioni, la caduta della domenica quale giorno festivo, il venir meno delle vocazioni, la chiusura dei seminari, delle case religiose e dei monasteri, la diminuzione dei volontari nelle attività parrocchiali. 
Rimane ancora forte la dimensione religiosa nei riti di passaggio, ma questi rappresenterebbero soltanto più una parentesi insignificante, una “provincia finita di significato” – come dicono i sociologi – un universo a parte, totalmente esterno ai criteri ordinativi della Chiesa e della sua teologia. 

SPIRITUALISTI LA DOMENICA E MATERIALISTI IL LUNEDÌ 

Per chi condivide la visione della Chiesa ormai in minoranza l’indicatore principale sarebbe la crescente irrilevanza della Chiesa nella società civile. Anche le esperienze religiose ancora presenti sarebbero vissute dai partecipanti solo più come isole di senso spirituale insignificanti nelle conseguenze per gli spazi pubblici; e i partecipanti rappresenterebbero i fedeli che Marcel Gauchet definisce “spiritualisti la domenica e materialisti il lunedì”, cioè nella vita quotidiana. 
Si pone qui la domanda sull’opportunità di definire questa situazione della Chiesa cattolica in Italia quale condizione di minoranza. Questa idea della Chiesa di minoranza, pur con la responsabilità di testimoniare ancora i propri valori e stili di vita nello spazio pubblico, accentua oggi le discussioni all’interno della Chiesa e rivela tensioni a tutti i livelli dell’istituzione. Tali tensioni, durante il periodo della pandemia Covid-19, si erano già manifestate, mettendo in luce opposte valutazioni non solo tra i fedeli, ma anche all’interno dell’episcopato. Oggi però si può rilevare una linea di divisione più forte tra chi si sforza di pensare che la fede cristiana si vive negli spazi pubblici in forme laiche e secolari – come richiede la società civile – e chi invece ritiene che la Chiesa non possa accettare questa situazione e debba interpretare la questione in termini di autodifesa e riconquista. 
Questa divisione in merito all’accettazione o al rifiuto della condizione di laicità come dato insormontabile del cristianesimo contemporaneo costituisce una linea di demarcazione che va oltre la contrapposizione tra cattolici conservatori e cattolici progressisti, ovvero tra cattolici di «apertura» e cattolici di «identità» – distinzione che inevitabilmente riduce il divario in questione a categorie di classificazione politica, con una «destra» e una «sinistra». In realtà c’è qualcosa di più in questa contrapposizione, non solo ideologica, ma teologica. La ragione del dissidio è il confronto tra una visione che associa la vitalità della Chiesa alla sua influenza geografica, culturale e politica sulla società, e la visione «diasporica», propria della fede cristiana, che accetta di essere in mezzo agli altri nella società civile, come scrive Michel de Certeau in La debolezza del credere

CRISTIANI DISSEMINATI 

La definizione di de Certeau della Chiesa che accetta di essere «tra gli altri» in una società che a essa non si rivolge più, non significa, però, che la Chiesa non abbia più nulla da dire. Questa «conversione dello sguardo» su se stessa e sul proprio ruolo implica però una rivisitazione della teologia. La separazione tra Chiesa e Stato, tra sfera spirituale e sfera secolare della vita è sempre stata presente nella cultura cristiana, a differenza di altri contesti, quale quello teocratico dell’Islam. Per tale ragione i Paesi cristiani non conoscono i danni provocati anche oggi dalle teocrazie. 
È questa singolarità evangelica dei cristiani disseminati nella società civile che può produrre in alcuni la sensazione di essere minoranza nella vita pubblica, insignificanti, uguali e diversi tra “gli altri”, cioè in diaspora (dià-spora). Non così pensavano i cristiani dei primi secoli descritti nella Lettera a Diogneto i quali, pur dispersi nel mondo pagano, dicevano: «Come l’anima è per il corpo, così i cristiani sono per la società». In Occidente le società si organizzano secondo i principi della laicità dello spazio pubblico, del pluralismo dei valori e degli stili di vita. Vi sono coinvolte pure le religioni, in tutte le loro forme collettive e individuali. Può succedere così che in tale condizione i cristiani appaiano minoranze attive, pur essendo la maggioranza della popolazione. 

LA SVOLTA SPIRITUALE 

Dal Concilio di Trento (1545-1563) la Chiesa cattolica ha scelto una struttura organizzativa territoriale rigida, adottando le forme corrispondenti a quelle del potere politico del tempo. Il papa, il vescovo, il parroco: a ognuno il proprio territorio da amministrare. Questa territorializzazione con cui si organizzò la Chiesa – quasi sconosciuta per i primi mille anni – non appartiene all’essenza immutabile della Chiesa, ma alla sua forma sociale, storicamente mutevole. E, alla mutevole forma sociale della Chiesa non appartengono solo le sue strutture organizzative, ma anche le forme del suo messaggio, del suo linguaggio e della sua liturgia. Quale quindi la Chiesa nella sua forma sociale futura? 
Oggi, con il Sinodo e il Giubileo la Chiesa sta cercando la propria strada. Molti la definiscono una svolta spirituale per ritrovare la singolarità evangelica della Chiesa, privata della sua influenza politica e del potere sociale. Centrali in ogni svolta spirituale sono il linguaggio e le piccole comunità che la compongono. 

LINGUAGGIO E LITURGIA 

Nella Chiesa il linguaggio per comunicare è la liturgia. Anche nel linguaggio liturgico è essenziale che chi parla e chi ascolta abbiano la stessa cultura: giovani, professionisti, studenti, operai, ricercatori, artisti, poeti, stranieri. È necessario fare parte della cultura dell’individuo 2025 coinvolto nel mondo digitale, nel pluralismo religioso, nella laicità, nella fisica quantistica, nell’arte-moderna, nella post-modernità. Nella liturgia (parole, simboli, formule, preghiere, vestiti, musiche) si richiede di “dire Dio”, “dire Gesù”, “dire resurrezione”, “dire il Credo”, “pregare”, “cantare”, in modo che ogni cosa non assomigli solo ad un copione recitato da tutti e ormai privo di sapore. Lo stesso parlare del celebrante non trova più ascolto senza la sua identificazione nella cultura di chi ascolta. 
Forse, il problema del linguaggio, essenziale per la sopravvivenza del cristianesimo, va risolto più indietro, a livello dell’ecclesiologia. Di che cosa possono parlare le comunità cristiane al cospetto di Dio? E sono cristiane di qualsiasi cosa parlino? E quando parlano, hanno già ascoltato? O sono invece prigioniere di una cultura che le costringe ad ascoltare solo se stesse? Anche queste domande impongono di imparare a parlare e ancor prima a tacere ascoltando le voci del mondo, perché la Chiesa non è altra cosa dal mondo e quando essa pensa di essere altra cosa è semplicemente il mondo di ieri. 

COMUNITÀ DI RICONOSCIMENTO 

La forma elementare e “di base” della Chiesa futura – simile alla parrocchia territoriale – non potrà che essere un sistema aperto di comunità relazionali, ambienti, luoghi, infrastrutture collettive e altre forme sociali concrete che favoriscono rapporti, esperienze di fraternità, legami, consapevolezza di un’unica fede, forme di interazione e divergenze attorno al messaggio evangelico. La Chiesa accetterà anche il rischio di qualche indeterminatezza, sapendo che sono le forme innovative ad incoraggiare la maggiore consapevolezza collettiva. Solo modelli simili potranno ospitare nuove esperienze e accettare l’indeterminatezza che permetta molteplici possibilità e il continuo adattamento a forme future. Lasciare la possibilità allo Spirito promesso da Gesù di fornire sempre nuovi elementi ed esperienze. 
Nelle comunità di riconoscimento troveranno risposta i bisogni di appartenere a una Chiesa accogliente, affidabile, credibile, come erano un tempo le piccole comunità parrocchiali. Questa è la riscoperta, dopo il concilio Vaticano II, della Chiesa comunità in cui si è riconosciuti e “a casa”. Questa comunità in cui ci si «sente bene» è quella che accoglie il più radicale bisogno dell’epoca contemporanea: il bisogno di riconoscimento. Un bisogno ricco, complesso, a volte contraddittorio poiché nel suo significato e nell’uso nella vita quotidiana indica una reciproca dipendenza dall’apprezzamento e dalla considerazione da parte di un altro e dei rispettivi altri (A. Honneth, 2018). 
Bisogno di riconoscimento fino alla forma dell’amore di cui scrive il teologo greco ortodosso Christos Yannaras leggendo il Cantico dei cantici. Riconoscimento come amore che trasforma e trasfigura tutto ciò che il giorno prima non aveva sapore, colore, profumo. È l’amore tensione vitale verso l’infinito. «Se esci dal tuo Io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri dietro a Lui». Poiché in ogni amore genuino c’è lo slancio verso l’Amore infinito, totale, assoluto. 
È per questo che l’amore è grazia ed è definizione di Dio (G. Ravasi). 


Luigi Berzano è un sociologo, presbitero e professore ordinario dell’Università di Torino. Tra i suoi campi di ricerca: i comportamenti collettivi, gli stili di vita, le trasformazioni delle religioni nella modernità avanzata e le nuove forme religiose.










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