Vittorino Andreoli «Lettera sull'amore»
Lo psichiatra e scrittore pubblica «Lettera sull'amore» e avverte: «I più giovani vivono l'eros come una performance, è un rischio. Fare l'amore con la stessa persona per tutta la vita? Certo che si può, ecco come».
Professor Andreoli, nel suo ultimo libro «Lettera sull'amore», pubblicato da Solferino, lei scrive che «stiamo rompendo anche l'amore». Perché?
«Perché abbiamo sempre più fretta, non riusciamo a immaginare i sentimenti come una costruzione e, soprattutto, qualcosa da vivere, qualcosa di cui fare esperienza. Tutto è automatico, basti pensare a come viviamo il lavoro: nella maggior parte dei casi ci rapportiamo con macchine e non con esseri umani. Credo che anche in amore stiamo facendo lo stesso passaggio, cioè pensiamo che sia qualcosa di programmabile».
E invece...
«E invece l'amore è una danza, una danza a due, imprevedibile. Dove c'è spazio anche per il conflitto. Non mi fido delle coppie che non litigano mai, quelle dove tutto è perfetto. La qualità dell'amore è così vasta e spaziosa che accoglie anche la contrapposizione e la risolve con la vita stessa. Quando vedo una coppia dove tutto va troppo bene, penso sempre che sia da curare».
Vede insomma in loro dei potenziali pazienti?
«Proprio così!».
Oggi tendiamo a farci vendere un po' di tutto, compreso il sogno della famiglia felice, pensiamo a tanti influencer.
«Abbiamo purtroppo bisogno di modelli e non riusciamo a comprendere del tutto la magia di questa esperienza. Che per sua natura rifiuta le categorie e ci chiede solo apertura verso l'altro o l'altra, il passaggio dall'io al noi. Ma quello che vedo intorno a noi è una sempre più marcata riduzione dell'amore a sessualità fisica e questo è dannoso. Ridotta la sessualità al significato fisico, ha messo in evidenza difficoltà o quantomeno un’ansia da prestazione, che finisce per rendere il gioco tra i corpi una prova difficile e spesso un fallimento, che non si riduce solo al mancato soddisfacimento del piacere, ma influisce pesantemente sul desiderio. Il segnale più evidente di questa condizione è nel grande uso di stimolanti e facilitanti l’azione erettile negli adolescenti maschi, mentre nelle femmine sono aumentate le richieste di terapie antifrigidità».
Lei sta dicendo che anche gli adolescenti ricorrono alle pasticche per migliorare la prestazione?
«Tantissimo. Perché vivono il sesso non come un magnifico scambio di piacere e di vita, ma come una delle tante performance che il mondo oggi ci impone. Non solo. Una corsa troppo veloce della scoperta delle liturgie erotiche ha anche impedito di conoscere e sperimentare la ricchezza di pratiche preparatorie, stupende perché sono all’insegna della dolcezza, della gradualità e dell’apprendimento del piacere proprio e dell’altro».
Lei dice che bisognerebbe essere prudenti quando si afferma che l'amore può finire. Eppure, considerando la quantità di separazioni e divorzi verrebbe da pensare il contrario.
«Ogni volta che mi trovo di fronte a una coppia che dichiara l'amore è finito penso o che non sia mai iniziato oppure che ci si trovi di fronte a uno dei tanti ostacoli che si possono incontrare nel suo percorso. Perché facciamo l'errore di non pensare che l'amore abbia anche una intensità e una qualità diversa dall'attrazione. L'amore vuol dire, per esempio, riconoscere la propria fragilità e quella dell'altro o dell'altra e prendersene cura. L’aspetto più frequente, cercando oggi le motivazioni di una fine dell’amore, sono proprio le nuove storie: si pretende allora che sia impossibile continuare con quella persona quando si è presi dalla nuova. Come entrasse in gioco il destino e non fosse una questione di responsabilità. E i segni dominanti riconducono all’Eros, non a condizioni che riportano al bisogno dell’altro o dell'altra».
Qualche volta, però, ci sono situazioni difficili da superare, come un tradimento inatteso.
«Sarò franco: non penso che questa consapevolezza, sebbene molto spiacevole, abbia la forza di distruggere una storia d’amore. Credo non si debba accettare il tradimento, ma che possa rientrare tra quelle crisi che un legame d’amore sa affrontare, elaborare e risolvere insieme, una di quelle conflittualità alle quali accennavamo all'inizio di questa intervista. Credo, invece, che a far finire un amore possa essere un cambiamento di personalità di uno dei due».
Vuole spiegarsi meglio?
«Il cambiamento di personalità fa sì che uno dei due componenti della coppia cambi al punto di diventare irriconoscibile all'altro, quasi un estraneo, e che, in un certo senso, muoia, lasciando il vuoto. Penso a un arresto, a un'ascesa di notorietà tale da trasformare irrimediabilmente qualcuno, oppure a una malattia improvvisa. L'amore finisce quando finisce uno dei due protagonisti della storia, mai in altri casi, secondo il mio parere».
Lei nei suoi scritti parla anche di violenza e osserva: La frase «se non rimani legata a me, mi uccido», contiene una violenza sia pure verbale, gravissima.
«È la violenza del ricatto, dell'impossibilità di vivere pienamente l'amore perché questo non annulla le singole individualità ma, al contrario, le arricchisce e le fa crescere in un percorso a due. E, purtroppo, spesso finisce in modo diverso perché la cronaca mostra come la violenza porti a uccidere l’altra, mentre colui che esprimeva una mancanza intollerabile, continua a vivere».
Professore si può fare l'amore con la stessa persona per tutta la vita?
«Certo».
Come?
«L’amore è un legame esclusivo e, a caratterizzarlo non è un principio né filosofico né religioso, ma è la biologia stessa, la costituzione dell’umano che vuole proiettare sulla persona la propria fragilità, in una combinazione che non è separabile. Nella relazione d’amore diventa difficile riconoscersi senza l’altro e da quel momento, la propria storia è anche quella dell’altro. Ritorna il grande pronome che caratterizza l’amore, il «noi».
intervista a Vittorino Andreoli a cura di Roberta Scorranese
Corriere della sera 15 giugno 2024