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Foglietto del 23 Ottobre 2011 XXX T.O.

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Matteo 22,34-40
1) Un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: il testo di questa domenica è all’interno della sezione del Vangelo di Matteo, che segue l’ingresso messianico di Gesù in Gerusalemme prima della sua passione ed è caratterizzata dalla ostilità manifesta dai Giudei all’insegnamento di Gesù. Le parabole dei vignaioli omicidi e del banchetto nuziale hanno sottolineato nelle domeniche passate il dramma del rifiuto del Messia da parte di Israele, da cui però scaturisce la chiamata alla salvezza per tutte le genti. Domenica scorsa la domanda sul tributo a Cesare aveva permesso a Gesù di dare un insegnamento anti-idolatrico nel solco della fede di Israele.
2) Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento: nei brani paralleli di Mc e Lc a questa domanda e alla risposta di Gesù segue un dialogo tranquillo tra Gesù e i suoi interlocutori sul modello di quanto avveniva nelle scuole rabbiniche. Qui non ci sarà alcun dialogo, perché il contesto è di ostilità verso Gesù. Di riflesso la risposta di Gesù assume un rilievo ancora più forte.
3) Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente: la citazione di Dt 6,5 fa parte dello Shemà recitato ogni giorno da ogni pio israelita; può sembrare quasi una risposta dovuta. Questo amare Dio con cuore indiviso, con un cuore sgombro da ogni idolatria diventa qui il suggello di tutti gli insegnamenti dati da Gesù dopo il suo ingresso a Gerusalemme.
4) Il secondo poi è simile a quello: Gesù cita un versetto da Lv 19,18 (Amerai il tuo prossimo come te stesso), un comandamento che non aveva sicuramente la rilevanza di quello del Deuteronomio. Gesù li mette allo stesso livello di importanza.(cfr. Mt 7,12: tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti).
5) Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti (lett.: a questi due comandamenti tutta la Legge è appesa e i Profeti): questa frase non è presente nei paralleli di Mc e Lc. Gesù è venuto a rivelare in modo definitivo il senso delle scritture. Il Signore Gesù appeso alla croce (è una espressione presente in At 5,30 e in At 10,39 con lo stesso verbo usato qui), il sacrifico della sua vita in obbedienza al Padre per la salvezza di tutta l’umanità sono il culmine di tutta la rivelazione delle scritture. Allo stesso modo tutta la Legge e i Profeti dipendono, sono appesi ai due comandamenti, in qualche modo si consumano, muoiono per risorgere nel grande comandamento dell’amore.
Esodo 22,20-26
1) Così dice il Signore: il brano riporta alcune norme dettate da Dio al suo popolo nel deserto, poco dopo l’uscita dall’Egitto. Tra le norme che precedono questo brano si trovano i “10 comandamenti” (Es 20,1-17).
2) Non molesterai il forestiero né lo opprimerai,… Non maltratterai la vedova o l’orfano: il forestiero, la vedova e l’orfano erano le categorie sociali più deboli e indifese. Per questo il Signore si prende cura di loro: rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito (Dt 10,18). Cfr. Is 56,6-7: «Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo… li condurrò sul mio monte santo… perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».
3) Perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto: il «benefattore», cioè chi fa il bene, non è una figura tipicamente “cristiana”. Certamente “fare del bene” è una buona cosa ma per il cristiano esiste una motivazione più profonda che lo coinvolge personalmente. Cioè non dobbiamo molestare il forestiero perché anche noi fummo forestieri in terra d’Egitto. Per i cristiani l’incontro con l’Altro avviene solo come reciprocità, come restituzione. Ma come può essere? Tanti cristiani potrebbero dire: «Io non sono mai stato in Egitto!». Il significato da ricercare è “spirituale”. Infatti per la Scrittura l’Egitto è la “casa di schiavitù” e noi tutti eravamo schiavi del peccato. Ma nel Battesimo siamo stati salvati.
4) Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, Cfr. il brano della vocazione di Mosè (Es 3,7), quando il Signore gli dice: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
5) Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: il divieto di fare usura è stato ribadito nel Nuovo Testamento: e se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla (Cfr Lc 6,34s).
6) Perché io sono pietoso: il termine “pietoso” è una caratteristica di Dio. Per questo nella Messa diciamo: «Signore pietà, Cristo pietà, Signore pietà».
7) In tutto il brano emerge la figura del piccolo e del povero nel quale misteriosamente è presente il Signore come Lui stesso dice nel Vangelo Matteo: «Venite, benedetti del Padre mio, … perché … ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,34ss). L’atteggiamento che ci viene raccomandato non è quello della beneficienza ma quello dell’amore e della condivisione, a partire dalla nostra stessa povertà.
1Tessalonicesi 1,5c-10
1) Ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene: nella lettera Paolo ricorda ai Tessalonicesi che il Vangelo non è giunto a loro soltanto a parole, ma è stato portato insieme, dallo Spirito Santo e dall’offerta di tutta la sua vita, spesa nella ricerca del loro bene. Egli a Timoteo dirà infatti: «Sii di esempio ai fedele nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede , nella purezza» (1Tm 4,12).
2) voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore: le parole di Gesù nell’ultima cena: «…Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Lc 22,19) danno inizio ad una catena di imitazione del gesto compiuto da Gesù che arriva fino a noi nella preghiera Eucaristica. Quello che Gesù ha fatto lo si riconosce nella vita offerta di Paolo e lo si riconosce negli stessi Tessalonicesi che sono modello per tutti i credenti. Diventate miei imitatori come a mia volta io lo sono di Cristo (1Cor 11,1).
3) …avendo accolto la parola in mezzo a grandi prove… così da diventare modello per tutti i credenti: la parola è ascoltata e accolta anche al sopraggiungere delle tribolazioni e delle prove della vita da chi è “terreno buono” e porta così molto frutto. Voi infatti fratelli siete diventati imitatori delle chiese di Dio… perché anche voi avete sofferto le stesse cose da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei (1Cor 2,14). Anche nelle grandi prove i Tessalonicesi portano a Paolo buone notizie: infatti per mezzo vostro la Parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia… la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto (1Ts 1,8)
4) Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio: la notizia della conversione dei Tessalonicesi e della nuova vita che hanno iniziato al servizio di Dio e nell’attesa del suo Figlio si è molto diffusa, tanto che Paolo riferisce del racconto che altri gli hanno fatto. Il duro lavoro di Paolo dell’annuncio del Vangelo ha portato proprio molti frutti!
SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE
Il messaggio di Gesù raccoglie tutta la tradizione della rivelazione ebraica e la porta a pienezza. In lui si coglie il senso profondo e ultimo di tutta la storia che Dio tesse con l’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Ma chi è Dio? Che cosa si intende parlando di Dio? La parola che caratterizza questa domenica mi pare si possa considerare la sintesi suprema di ogni discorso su Dio e la risposta che a questo interrogativo si dà la tradizione ebraico cristiana: Dio è Amore. Queste parole indicano innanzi tutto una ”relazione”. La verità suprema, contraria a quella che si può considerare l’esperienza drammaticamente più reale della vita umana, e cioè la solitudine, è il mistero di una relazione d’amore che si affaccia alla vita umana e la cambia radicalmente. Israele si è sempre considerato un popolo del tutto diverso dagli altri appunto per questa relazione. La parola è la grande via di tale relazione.
Il testo dell’Esodo che oggi viene proclamato nella Liturgia porta un’affermazione che conviene sottolineare. Chiedendo di non maltrattare il forestiero, il testo dice: “…perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto”. Il senso profondo di queste parole è l’esperienza che Israele ha fatto dell’amore di Dio in quel dramma. Allora non ha conosciuto Dio, ma ha scoperto la sua non-solitudine. Ha scoperto la realtà di una relazione che “qualcuno” stabiliva con lui. Una relazione d’amore. Poi ha scoperto Dio come fonte di questa relazione d’amore. Ha scoperto di essere amato. Ha scoperto di essere amato da Dio. La fede è sempre questa esperienza di non-solitudine e di una relazione d’amore che visita la povertà della nostra vita.
In questo senso anche il testo di 1Tessalonicesi è molto eloquente! Ma la relazione tra Dio e la sua creatura amata è diversa da quella che Dio intrattiene con tutto il creato! Questa creatura, infatti, ha il potere non solo di ricevere l’amore, ma anche di divenirne una fonte. Ha il privilegio di poter “rispondere” e “corrispondere”: può ricevere la potenza di amare. Una potenza che di per sé è solo di Dio, e che Dio dona all’umanità che è stata creata a sua immagine e somiglianza. Con Gesù, come dicevamo, questo si rivela si attua in pienezza. Tutta la Legge e i Profeti vengono da Gesù svelati come le grandi vie e le grandi profezie dell’amore. Tutti i comandamenti sono ormai solo vie e norme dell’amore. Senza l’amore i comandamenti possono essere persino pericolosi! Quanto male si è fatto in nome di Dio! E quanto bene si può fare con l’amore anche se non si conosce il nome di Dio! Il grande dono di Dio è il porre tutta la nostra vita dentro il comandamento dell’amore.
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