Enzo Bianchi "Vegliamo nell’attesa del Signore che viene"
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Il tempo di Avvento ci richiama a una pratica spirituale faticosa, ma estremamente fruttuosa.
In ogni tempo liturgico la preghiera cristiana muta accentuando un aspetto. In Avvento si prega soprattutto vigilando, vegliando.
Purtroppo questa postura della preghiera cristiana oggi è poco praticata perché si rifugge dalla fatica in generale e di conseguenza anche dalla fatica di una pratica orante. Eppure tutte le Scritture, e in particolar modo i Vangeli, testimoniano che Gesù “vegliava”, la sera, nella notte, al mattino presto! Vegliare significa sottrarre ore al sonno per stare desti, stare in attesa, attenti alla presenza e alla voce del Signore. Nei tempi antichi c’erano monaci che restavano a pregare addirittura tutta la notte vietandosi di dormire, appoggiando la testa su un bastone. Si chiamavano “vigilanti”, ma ancora adesso molti monaci si alzano nel cuor della notte a pregare, alle tre del mattino, e altri prima dell’alba. Vegliare è preghiera seria, che impegna il corpo che sperimenta la fatica di combattere contro il sonno e resta in attesa del Signore: bisogna farla questa esperienza per sentire come inebria di forza e come irrobustisce la speranza, che è attesa delle cose invisibili!
Chi è il cristiano, si chiedeva san Basilio? È colui che attende il Signore! Un’attesa umile, un’attesa amorosa, un’attesa impegnata, un’attesa che è epiclesi: Signore vieni! Come la sentinella attende l’aurora, tanti cristiani attendono la venuta del Signore: sono ai confini della chiesa, non sempre compresi, uomini di frontiera tra cielo e terra, tra incarnazione e parusia. D’altronde tutti sanno che dove c’è amore c’è attesa della persona amata: questo è un segno inequivocabile dell’amore. Il cristiano perciò in questo tempo di Avvento si interroghi: attende il Signore? Veglia nella notte per aspettarlo? Cerca di farsi trovare pronto? Dalla risposta potrà conoscere se in lui c’è la fede, la vera fede che è adesione al Signore.





