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Casati - 10 febbraio 2013 V Tempo Ordinario

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Is 6,1-2a.3-8
1 Cor 15,1-11
Lc 5, 1-11

Sono tante, forse troppe le emozioni che un brano come questo lascia nel cuore, e mi è difficile riordinarle. Cerco maldestramente- di accennarle. Vado per accenni.
Mi colpiva -mi inteneriva!- l'attenzione di Gesù: non ha la testa nei suoi discorsi, che dopo tutto non sono chiacchiere vuote, sono parola di Dio. Non ha la testa nei suoi discorsi. Tant'è che pur appassionato a ciò che sta dicendo, pur pressato da ogni parte dalla folla, si accorge delle due barche che intanto sono giunte a riva: i pescatori sono scesi e lavano Gesù immagina da lontano i loro volti- sconsolati le reti. È un osservatore attento il Signore Gesù. Non ha la testa nei discorsi, tant'è che, anche dopo aver parlato dalla barca alle folle, non se ne va soddisfatto, come uno che ha concluso un bel discorso. Forse aveva letto, salendo sulla barca, negli occhi di Simone la delusione per una notte di fatica sul lago, notte senza successo, senza risultati. E vuole dargli una possibilità nuova. Così lontano Gesù da certi nostri comportamenti -lasciatemelo dire- disumani -avvengono anche nella chiesa-, una sorta di sfruttamento delle persone a cui chiediamo la barca e, ottenuta quella, ce ne andiamo, senza cogliere, senza intuire delusioni e stanchezze. Sale su una delle barche, quella di Simone, e gli chiede di scostarsi da terra. Ora è seduto e parla dalla barca. È descritta una situazione reale, che potrebbe però anche diventare un simbolo, simbolo bellissimo: Gesù ti chiede, lo chiede a ciascuno di noi, di salire sulla tua barca, sulla barca della tua vita, ti chiede di mettergli a disposizione la tua vita per raccontare Dio, per dire la notizia buona del Vangelo. Vuoi mettergli a disposizione la barca, la barca della tua vita? E ancora mi colpiva in Gesù l'invito ad andare oltre. Oltre un freddo e spietato pragmatismo, oltre un freddo e spietato razionalismo. E beato Simone, che va oltre e crede a quella parola che ha dell'incredibile: "Scostati verso il largo e calate le reti per la pesca". E Simone, uomo del realismo, ma non solo del realismo, dice: "È vero, Maestro, abbiamo faticato tutta la notte, non abbiamo preso niente. Ma sulla tua parola calerò le reti". Vado oltre, vado al di là delle probabilità umane, vado oltre la mia esperienza di pescatore, vado al largo, non mi lascio chiudere nei miei insuccessi, in tutto ciò che mi restringe. Non mi arrendo. E do fiducia alla tua parola. Vedete, la Parola di Dio, la Parola di Gesù porta al largo e ti dice che c'è una possibilità nuova. C'è da diffidare, c'è sempre da diffidare -credetemi- delle parole passate per parola di Dio, che sono parole che non portano al largo, ma portano al chiuso, al restringimento del cuore, delle parole che ti inchiodano ai tuoi insuccessi e magari li appesantiscono, sbandierando chissà quale sanzione divina: "Ti sta bene. È il castigo di Dio". No. Dio ha parlato in Gesù ed è un Dio che invita a non arrenderci, a non arrenderci mai, ad andare al largo dei profeti di sventura, al largo dei pensieri di sfiducia, al largo di tutto ciò che deprime. È affidandoti, è abbandonandoti, abbandonandoti all'incredibile, all'irrazionale, all'inconsueto che la barca si riempie. E allora ti chiedi: Ma chi è passato sulla barca, chi mi ha dato questo coraggio, questa forza? Chi è passato sulla barca? E tu dici: È passato Dio, è passato Gesù. Quante volte è passato sulle nostre povere barche, barche fragili, legni oscillanti, barche vuote. E ci ha portato al largo. Ha fatto un miracolo, previo -vedete- previo a quello dei pesci. Sbaglierò, ma più importante di quello dei pesci: è il miracolo di non abbandonare la barca, la barca e il mestiere di vivere, il miracolo del ritentare, il miracolo di credere. E quando ti accorgi che è passato Dio, -ma non chissà dove, sulle nostre barche quotidiane!- ti prende un senso di timore, come Simone, come i suoi compagni di ventura. Timore di Dio, che non è per la Bibbia terrore, terrore di un Dio che castiga, ma senso della nostra inadeguatezza, della nostra piccolezza e della nostra fragilità, del nostro peccato: "Allontanati da me, perché sono un uomo peccatore, Signore". E Gesù a Simone: "Non temere. D'ora in poi sarai pescatore di uomini". Cercherai uomini. Vedete com'è Dio. Quando uno di noi, preso dal senso del mistero, si trova a fissare sgomento la sua condizione di peccato, Dio lo distoglie, lo distoglie da quell'immagine che lo deprime. Dice: "Non temere. D'ora in poi sarai cercatore di uomini". È bellissimo: Dio non si fissa su ciò che è stato, dice: "D'ora in poi". C'è un poi. C'è per noi tutti. C'è un poi da riempire! "D'ora in poi...", un poi da riempire con la tua responsabilità verso gli altri, con la tua custodia dell'altro, con la tua passione per l'altro.
Fonte:sullasoglia
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