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Casati - 13 gennaio 2013 Battesimo del Signore

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Is 40,1-5.9-11
Tt 2,11-14; 3,4-7
Lc 3,15-16.21-22

Questa che celebriamo oggi è l'epifania nelle acque, la manifestazione di Gesù nelle acque del Giordano. Acqua e cielo, cieli aperti: "… e mentre pregava, si aprì il cielo", è scritto.
Come pesano i cieli chiusi! pesano su tutti noi: dopo giorni di nubi portiamo i cieli chiusi anche negli occhi. Poi si lacerano i cieli e si liberano pure gli occhi, ci viene incontro il cielo. È scritto anche: "E scese lo Spirito Santo, in forma corporea, come colomba, su di lui e venne una voce dal cielo: "Tu sei il mio Figlio, il diletto, in te mi sono compiaciuto"". Forse non è un giorno solo quello in cui Dio dice: "Tu sei mio Figlio…". Come per un padre, come per una madre -così mi sembra di capire-, ci sono giorni in cui ti vengono alle labbra come una necessità, quelle parole: "Tu sei mio figlio". È un'esclamazione del cuore. Io vorrei oggi sottolineare tre giorni in cui Dio dice: "Tu sei mio Figlio". So che, così facendo, opero un'indebita riduzione, ma voi mi perdonerete. Che Gesù fosse suo Figlio stava scritto -molti e molti anni prima del Battesimo- nella carne stessa di quel neonato, anzi prima quando ancora era nel grembo. Anche qui lo Spirito Santo che scende: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra" -come le ali di un uccello- "la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio". Nasce e Dio lo chiama Figlio. Così come quando mettono un cucciolo d'uomo appena nato sulle ginocchia di una madre e di un padre. E ti vengono al cuore le parole: tu sei mio figlio. Così Dio! Non so se sbaglio, ma io penso che come uno nasce, uomo o donna che sia, per Dio è un figlio, è scritto nella sua carne. E con il Battesimo dei bambini noi lo diciamo, noi lo celebriamo. Diciamo che tu sei un figlio, un figlio amato, prima ancora che tu possa dire "amen", prima ancora che tu possa fare un passo nel bene o nel male. Tu, figlio amato, tu sulle ginocchia, il cielo è aperto. Primo giorno. Ma vorrei venire al secondo giorno, un secondo giorno in cui a Dio, sull'uomo venuto da Nazaret, vien fatto di esclamare: "Tu sei mio Figlio". Succede come a un padre o a una madre quando il figlio è cresciuto e ti sembra arrivato là dove era il suo destino, o meglio là dove era la sua vocazione, là dove era chiamato per quella chiamata scritta nella carne, al suo posto -diremmo- se la parola "posto" non avesse qualche significato ambiguo: ha preso il suo posto. E qui sta lo sconcerto: che la voce dal cielo dica "Tu sei mio Figlio", sei al posto giusto, proprio su un Figlio d'uomo, che si è immerso nelle acque nella fila dei peccatori, nel battesimo di tutti -"quando tutto il popolo fu battezzato, essendo stato battezzato anche lui"-, in questo atto di solidarietà, di condivisione con la vicenda del suo popolo. Non nella distinzione, ma nell'immersione, non nella potenza o nella superiorità, ma nella mitezza e nell'umiltà. Davvero c'è da vedere aprirsi i cieli. Perché, se il Messia è questo, i cieli non fanno più paura. E su quel figlio d'uomo immerso Dio dice: "Tu sei mio Figlio". Quando noi diciamo, quasi con orgoglio a uno che abbiamo generato: tu sei mio figlio? Quando ha fatto carriera o quando lo vediamo immerso nella solidarietà, nella condivisione? E vengo a un terzo giorno. So che trascuro altri giorni in cui Dio dice: tu sei mio figlio, il giorno della Trasfigurazione, per esempio. Un terzo giorno è quello della risurrezione. Il riferimento è in un passo degli Atti, dove si ricorda che in un giorno di sabato Paolo entrò nella sinagoga di Antiochia di Pisidia. Paolo prende la parola, ricorda la discendenza dei padri e in quella discendenza Gesù, Gesù come il compimento della promessa fatta ai padri. E Paolo dice: "Dio l'ha attuata, la promessa, per noi risuscitando Gesù, come sta scritto nel salmo secondo: "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato". Bellissimo! È come se Dio, risuscitando quel figlio d'uomo, crocifisso, dicesse: sei mio Figlio, io oggi ti rigenero. Ebbene oggi -sono sincero- mi commuovo al pensiero che, il giorno in cui morirò e arriverò a lui, Dio, egli mi guarderà: sarò un pover'uomo, pieno di dubbi e di fragilità, ma lui mi guarderà e mi dirà: mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.
Fonte:sullasoglia
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