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Quei 46 anni del tempio di Gerusalemme (Sangalli)

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Il Vangelo di Giovanni è fortemente storico ed abbonda di dettagli non facilmente riducibili a mere interpretazioni simboliche, alle quali preferisce indulgere una certa esegesi che considera questo scritto neotestamentario posteriore agli altri e considera in chiave teologica perfino la cronaca nuda e cruda dei fatti. L’episodio che qui approfondiremo, dal capitolo 2 del quarto Vangelo, riferisce di un tempo preciso, 46 anni, ed accadde qualche tempo prima di una pasqua ebraica: lungi dal ricercare recondite valenze in quel numero quarantasei, possiamo stabilire con estrema precisione l’anno che ne risulta.
In base agli anni di regno di Tiberio ai quali Luca riferisce l’inizio dell’attività di Giovanni il battista, si desume che Gesù fu battezzato nel 30 d.C, verosimilmente dopo pasqua (a parte la tempistica già illustrata in un precedente mio articolo sul battesimo, doversi immergere in un fiume nei mesi più freddi non avrebbe certamente attratto le folle). Dalla cronologia paolina ricaviamo che la Pasqua di Gesù fu anteriore al 34 d.C. e dal Vangelo di Giovanni sappiamo che prima della pasqua decisiva, quella di morte e resurrezione, Gesù visse lontano da Gerusalemme un’altra pasqua, a ridosso della quale compì il primo dei due miracoli dei pani e dei pesci.
Nei tre anni che rimangono a disposizione (tra il 31 ed il 34 d.C. con tre pasque da sistemare) ci resta disponibile unicamente l’anno 31 d.C., e la scelta è corroborata nella sua logicità dall’appunto che Giovanni il battista era ancora in libertà (cosa che non sarebbe stata nel 32 d.C., essendo già stato fatto uccidere da Erode Antipa). Se nel nisan del nostro 31 d.C. Gesù si sente dire dagli interlocutori che il tempio era stato costruito da 46 anni, possiamo determinare la data di inizio di tale computo: non esistendo l’anno zero, andiamo come minimo alla pasqua del 16 a.C.. In realtà abbiamo ancora un margine da 1 a 11 mesi prima che l’affermazione potesse diventare di un 47° anno: stando in mezzo, ci prendiamo sei mesi e siamo nell’autunno del 17 a.C., 46 e 6 mesi dalla pasqua del 31 d.C.

L’anno 31 del nostro attuale calendario, 3791 del calendario ebraico, XVII di Tiberio, probabilmente aveva anche altri motivi di interesse che qui non trattiamo. E’ possibile irrobustire di conoscenze storiche extra-evangeliche questa ipotesi? Certamente sì, una volta di più, a supporto della storicità dei vangeli. Gesù è a Gerusalemme e scaccia una prima volta i mercanti dal tempio (la cosa si ripeterà a ridosso della pasqua del 33 d.C.). Le rimostranze di chi critica questo atteggiamento molto provocatorio di Gesù è l’occasione per innescare lo scambio di battute sul quale stiamo ragionando. Lo troviamo in Gv 2,19-23. Disse Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli risposero: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”.
Intanto dobbiamo distinguere le parole in greco usate da Giovanni, che quando scaccia i mercanti usa “ieron”, ma quando parla del tempio in senso religioso usa “naos”. Infatti lo ieron era l’area annessa a quella propriamente religiosa e cultuale, il naos, che si trovava sopraelevato di circa quattro metri permettendo di giungere alla porta d’accesso del tempio vero e proprio, inaccessibile ai Gentili, con un doppio ordine di gradini. La cosa è logica, sapendo che il tempio era sorto sulla sommità dell’altura del Moria. Sappiamo che Erode decise di costruire il tempio nel suo XVIII anno di regno. E che questa decisione fu presa dopo che Augusto era tornato a Roma: la decisione di Erode fu dunque nella prima metà del 19 a.C., essendo certa la data del rientro in Italia dell’imperatore romano.
Lungi dal suscitare immediati entusiasmi, la risoluzione di Erode fu accolta da molto scetticismo. Giuseppe Flavio afferma che le spese furono tali da lasciare esterrefatti. Erode sapeva che molti non erano d’accordo e tenne un articolato discorso per tranquillizzare gli animi. In realtà molti temevano che alla certa distruzione dell’esistente non certamente avrebbe fatto seguito la ricostruzione. Erode rassicurò i più riluttanti promettendo che non avrebbe abbattuto nulla finchè non fosse pronto il necessario per costruire (Antichità Giudaiche, libro XV capitolo 11, paragrafo 2). Furono assoldati diecimila lavoratori, scegliendoli tra i più capaci. Seguirono imponenti lavori di livellamento dell’area. Finalmente si mise mano al tempio.
Giuseppe Flavio per descrivere questa specifica opera di ricostruzione si riferisce al tempio in se stesso, inaccessibile ad Erode stesso e che costrinse i sacerdoti a trasformarsi in muratori e carpentieri. Questa prima fase di lavori si completò in 18 mesi, terminando in corrispondenza con l’anniversario della presa di potere da parte di Erode, alla fine dell’estate. Aggiungo un particolare che non va mai trascurato quando si leggono le “Antichità Giudaiche” di Giuseppe Flavio: l’autore, molto opportunamente, inizia ogni libro puntualizzando l’intervallo di anni a cui si riferisce. In questo caso, dalla morte di Antigono alla fine della costruzione del tempio, sono indicati 18 anni.
Questo rafforza l’ipotesi espressa di un periodo di circa tre anni tra l’idea dei lavori (prima metà del 19 a.C.) ed il completamento del tempio in senso “naos” (seconda metà del 17 a.C.), visto che Erode ideò l’impresa nel suo diciottesimo anno e che la morte di Antigono non corrisponde all’inizio del regno secondo il computo utilizzato in Antichità Giudaiche, bensì secondo il computo utilizzato in Guerre Giudaiche che è ritardato rispetto all’altro di meno di tre anni. I conti sono presto fatti: se i lavori presero avvio dopo che Augusto fece ritorno a Roma nel 19 a.C. e terminarono a fine estate durando 18 mesi, l’unica possibilità è che siano stati eseguiti dall’inizio del 18 a.C. a poco oltre la metà del 17 a.C., dopo una stasi iniziale di circa sei mesi, utile a convincere i riluttanti ed a mostrare credibile il progetto. Quarantasei anni dopo siamo nel 31 d.C.: gli interlocutori di Gesù parlano proprio del tempio “naos”, che a quel punto era stato terminato, pur venendo in seguito continuamente abbellito. L’area “ieron”, circostante imponente cantiere, vide i lavori terminare nel 64 d.C.
Il greco usato da Giovanni sarebbe meglio tradotto scrivendo: “Questo tempio fu costruito 46 anni fa”. Nella grammatica greca il dativo per 46 anni si presta a puntualizzare un tempo definito e il verbo nel tempo aoristo rimanda ad un’azione compiuta, mentre per un’azione in divenire sarebbe più appropriato un imperfetto. Quest’altro tassello cronologico si aggiunge assai logicamente ai precedenti offerti con questi articoli, deponendo sempre di più a favore dell’estrema razionalità storica dei vangeli, in buona armonia tra i quattro evangelisti. E promette altre sorprese… 
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