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3° domenica di avvento (Paola Radif - Il Cittadino)

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Is 35,1-6; 8-10

La forma verbale più frequente nel profeta Isaia è senza dubbio il futuro: i suoi occhi in qualche modo già vedono i grandi segni  che accompagnano la venuta del Messia. Anche il brano che oggi meditiamo come prima lettura ha queste caratteristiche e, come in tanti passi biblici, anche in esso compaiono scenari naturali. Si ha l’impressione che tutto il creato partecipi della gioia e del rinnovamento che il salvatore d’Israele porterà con sé. Sembra quasi di poter riconoscere nel risveglio degli elementi naturali, nella loro catarsi alla venuta del Messia, un’anticipazione delle parole di S.Paolo ai Romani: “”La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio…e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rom 8, 19-21).
Il deserto fiorisce con la bellezza di una distesa di narcisi, il Carmelo verdeggia col folto della sua vegetazione, quel monte da cui proprio in questi giorni giungono a noi immagini di fuoco e distruzione. Quando verrà quel misterioso re tanto atteso, la natura si trasformerà diventando quasi irriconoscibile, e non sarà che un segno dei grandi prodigi che si verificheranno nel popolo d’Israele.
Ciechi che vedono, sordi che odono si mescoleranno alle acque zampillanti tra le aride rocce del deserto e in mezzo alla stentata vegetazione della steppa. Un unico inno di lode salirà da una creazione che sarà ri-creata, perché redenta in Cristo e in lui resa nuova.

Paola Radif

Fonte: Il Cittadino
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