Papa Francesco «Non c’è peccato che non possa essere perdonato»
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19 gennaio 2025
di Salvatore Cernuzio
Papa Francesco intervistato da Fabio Fazio nella trasmissione televisiva “Che Tempo Che Fa”.
«Non c’è peccato che non possa essere perdonato; non c’è. Perché Dio vuole avere tutti con sé, come figli, come fratelli fra noi. Questo dobbiamo impararlo bene». Il Papa usa gli schermi della tv italiana e il celebre programma “Che Tempo Che Fa” per rilanciare ancora una volta il messaggio — centrale nel Giubileo — di quella speranza che il mondo sembra aver smarrito. «La speranza che mai delude», dice più volte durante il colloquio da Santa Marta con il giornalista Fabio Fazio.
È la terza volta che il Papa appare tra gli ospiti della trasmissione, in onda prima sulla Rai e ora sul canale Nove: nel febbraio 2022 aveva concesso la prima intervista, poi una seconda nel gennaio 2024; ieri sera un nuovo colloquio di circa un’ora, occasione anche per presentare l’autobiografia dal titolo Spera, a cura del giornalista Carlo Musso, edita da Mondadori e pubblicata in oltre cento Paesi del mondo: un lavoro «molto delicato», afferma, menzionando anche l’altra autobiografia Life, del giornalista Fabio Marchese Ragona, uscita in primavera, che «prende alcuni momenti della mia vita». Quella di Musso è «classica», spiega il Pontefice, «prende dall’inizio alla fine i racconti della vita, anche alcuni più piccoli, ma che danno il senso di come sono io».
E questi «racconti» — tra aneddoti (i pomeriggi passati con mamma e fratelli ad ascoltare l’opera alla radio e i film al cinema di Fellini e De Sica o con Anna Magnani o, ancora, le risse a scuola), curiosità (il «primo inciampo» a un gradino in Sistina subito dopo l’elezione) e foto-ricordo (il piccolo Jorge Mario vestito da tirolese) — fanno da filo conduttore a tutta l’intervista, intrecciandosi alle tematiche legate all’attualità, alle sfide del mondo, della Chiesa e del pontificato.
Il Papa risponde ad ogni quesito, non nasconde il dolore per una eventuale deportazione di massa di immigrati negli Usa che sarebbe «una disgrazia», condivide la gioia per la tregua a Gaza al via ieri, ribadisce il valore dei negoziati e l’auspicio della soluzione dei due Stati, «possibilità» concreta.
Poi parla del Giubileo e del senso profondo di questo Anno Santo, spiega il motivo di aver voluto aprire una Porta Santa in carcere, invita alla vicinanza ai giovani in preda a varie crisi, assicura la lotta agli abusi e punta il dito contro «l’angelicità» con cui si guarda a certi peccati.
Infine, en passant, parlando delle donne e di una loro maggiore presenza nella Chiesa, annuncia una novità non di poco conto: da marzo, a capo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, ci sarà una donna, l’attuale «numero due», il segretario suor Raffaella Petrini, in successione al cardinale Fernando Vergéz Alzaga. Un’altra donna, quindi, alla guida di un’importante istituzione vaticana, dopo la nomina del 6 gennaio di suor Simona Brambilla come prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica. «Il lavoro delle donne nelle curie è una cosa che è andata lentamente e si è compresa bene. Adesso ne abbiamo tante», commenta il Papa nell’intervista. Ed elencando gli incarichi affidati a figure femminili in Vaticano, ricordando che «al Governatorato, la vice-governatrice, che diventerà governatrice a marzo, è una suora...», chiosa: «Le donne sanno fare meglio di noi».
Come già in altre occasioni, anche davanti al pubblico di “Che Tempo Che Fa” il Papa ricorda lo scambio di battute con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, mamma di sette figli: «Io le ho detto: “Ma signora, come ha fatto a risolvere questo problema, il problema del tempo?”. E lei: “Come fanno le mamme”. Le donne sanno gestire meglio di noi».
Papa Francesco risponde poi a una domanda sugli Stati Uniti, alla luce delle indiscrezioni circolate sui media Usa nella giornata di ieri, vigilia dell’Inauguration Day, su un possibile piano di deportazione di massa di immigrati dopo il giuramento del presidente Donald Trump. Un’eventualità che il Papa definisce «una disgrazia», perché «fa pagare ai poveri disgraziati che non hanno nulla, il conto dello squilibrio».
A lungo il Papa si sofferma sul tema a lui caro delle migrazioni. Cita don Mattia Ferrari, cappellano della ong Mediterranea Saving Humans (è un «bravo ragazzo» e «lavora bene») che raccontava la storia di Naima Jamal, una ragazza etiope torturata in Libia e tenuta come schiava dagli aguzzini che mandavano i video a casa della famiglia di questa ragazza e hanno chiesto 6 mila dollari per liberarla. Don Mattia «è già riuscito — credo, l’ho sentito al telefono — a pagare e a liberare quella signora. È già quasi sicuro», annuncia il Pontefice.
Ancora una volta ripropone i «quattro verbi» per affrontare l’emergenza migratoria: «Il migrante va accolto, accompagnato, promosso e integrato». La questione apre un altro tema, quello pure spesso citato dal Papa della denatalità. Lo sguardo è all’Italia dove l’età media è «di 46 anni». «Pensa, 46! Non fa figli. Faccia entrare i migranti! Deve risolvere questo problema... Se non fa i figli, fa entrare i migranti. Questa è una cosa che va risolta. Va risolta soprattutto al Sud».
Non manca nell’intervista una domanda sulla guerra in Medio Oriente con l’inizio ieri della tregua a Gaza e la liberazione di tre donne ostaggio di Hamas. Come all’Angelus, il Papa esprime gratitudine ai mediatori: «Sono bravi», poi si sofferma sull’ipotesi dei due Stati: «Credo che sia l’unica soluzione. La disponibilità alcuni ce l’hanno, altri no».
«La pace — aggiunge il Pontefice — è superiore alla guerra», ma ci vuole «coraggio» per farla; perché «non è comoda» e perché «tante volte si perde qualcosa, ma si guadagna di più». La guerra, invece, sempre «è una sconfitta», insiste il Papa, ribadendo il valore dei negoziati e la denuncia al «grande» reddito delle fabbriche di armi: «Ma dove ti porta tutto questo? Alla distruzione».
In questo scenario drammatico, Francesco parla tuttavia di speranza, al centro del Giubileo aperto lo scorso 24 dicembre. Immagini della cerimonia vengono proiettati sui maxischermi dello studio prima dell’intervista. Il Papa ribadisce il senso di questo momento di grazia per la Chiesa e il mondo: «Se vieni a Roma e vai alla Porta Santa come un turista senza un senso religioso non serve a nulla». Ripete poi che la speranza «non delude mai, è l’ancora sulla spiaggia e noi aggrappati alla corda». Un’immagine, quest’ultima, dell’omelia all’apertura della Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia del 26 dicembre. Proprio quel momento, senza precedenti, viene richiamato nel colloquio; Francesco spiega di aver voluto compiere tale gesto «perché io porto nel cuore sempre i carcerati», sin dai tempi dell’Argentina quando il Giovedì Santo si recava nei penitenziari a lavare i piedi. I detenuti «mi fanno tenerezza», dice: «Non dimenticatevi dei carcerati... tanti che sono fuori sono più colpevoli di loro».
A pochi giorni dalla Giornata della Memoria del 27 gennaio, il Papa dice di provare «un sentimento di pietà e di vergogna» per quel dramma che ha potuto toccare con mano durante la visita ad Auschwitz del 2016, e che ha approfondito attraverso racconti, filmati, testimonianze ma soprattutto grazie al rapporto con una «grande signora», Edith Bruck, la poetessa ungherese 92enne sopravvissuta alla Shoah, divenuta sua amica in questi anni: «Brava, brava! È una brava signora che ci può dire tante cose, tante cose».
Spazio nell’intervista anche al tema degli abusi, «un male molto grande» per cui bisogna «lottare tanto». Fazio elenca pure le emergenze dei giovani — bullismo, problemi di salute mentale, dipendenze, suicidi — e il Papa ribadisce l’invito ad «accompagnare» questi ragazzi, ad essere loro vicini. La stessa vicinanza che il Vescovo di Roma invoca per «tutti, tutti, tutti», senza alcun tipo di «angelicalità» nel guardare i peccati. E senza «mettere tutto nei peccati della carne. A me fa schifo quando alcuni nella Confessione cercano sempre quello», esclama il Pontefice. Che si congeda dal grande pubblico con un augurio per l’Anno Santo: «Non lasciare passare questa opportunità. Avanti e coraggio. E non perdere il senso dell’umorismo».
Sì, l’umorismo, quasi sacrosanto perché «avere quella capacità di ridere di se stesso e degli altri» fa «il cuore largo, grande». E il primo a ridere di sé stesso è Francesco che rivela dettagli sul suo debutto in Cappella Sistina come Papa neo-eletto, e cioè quel «primo inciampo» su un gradino per andare a salutare un cardinale in sedia a rotelle: «Il Papa infallibile ha cominciato con una cosa fallita: ha inciampato! È curioso questo».