Enzo Bianchi "Le domande e la vita interiore"
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell’autore.
Siamo scossi ed esterrefatti, perché in questi giorni siamo stati raggiunti da notizie riguardo a
persone scoperte in comportamenti poco coerenti con la propria funzione, comportamenti da loro
condannati severamente, senza pietà, con linguaggi e atteggiamenti barbari. Mi ritorna in mente una
semplice domanda: ma queste persone hanno una vita interiore?
Per una vita interiore non occorre percorrere cammini ardui e straordinari, ma pensare, riflettere e
farsi delle domande. Sì, credo che per una autentica vita interiore sia innanzitutto necessario sapersi
interrogare e interrogare gli altri.
Antichi testi gnostici, purtroppo guardati con sospetto dalla grande tradizione cristiana a causa della
loro provenienza "eretica", contengono le domande essenziali ed eterne.
Teodoto (metà del II secolo d.C.), citato da Clemente Alessandrino, si chiedeva: "Chi siamo? Da
dove veniamo? Dove andiamo? Cosa diventiamo? Da cosa siamo salvati?".
E Immanuel Kant ha posto le tre famose domande: "Che cosa posso sapere?", "Che cosa devo
fare?", "Che cosa mi è lecito sperare?". Sono domande che dovranno sempre e di nuovo essere
poste, nelle diverse fasi della vita, sapendo che non troveremo mai la risposta, bensì solo risposte
parziali e provvisorie. Le domande che ci poniamo ci spingono ad andare a fondo, a conoscere di
più noi stessi e cosa veramente ci brucia nel cuore, ad ascoltare gli altri, a confrontarci e a dialogare
con loro.
Rainer Maria Rilke in una lettera a un giovane lo invitava ad "aver care le domande per se stesse".
Chi non si fa domande vive alla superficie di se stesso: fatica, emozioni, reazioni, gioie e
sofferenze, tutto succede, tutto annega l’io profondo, tutto appare con poco senso.
Grazie alle domande si intraprende il cammino fondamentale della conoscenza di sé, che
nell’Occidente ha trovato una formulazione sintetica nel precetto gnôthi sautón, "Conosci te stesso".
Tale conoscenza non è mai piena: ciascuno resta un mistero anche a se stesso e a volte può apparire
addirittura un enigma con ombre e lati oscuri. E tuttavia è assolutamente necessario sforzarsi di
conoscere se stessi, per sapere ciò di cui si è capaci, i propri limiti e le proprie forze. Avviene così la
"ricerca di senso", questo vero e proprio télos della vita di ogni uomo, anche se oggi c’è chi
asserisce che nella società della tecnica si possa fare a meno di tale ricerca. Ricerca di senso è
ricerca del bene, della felicità che consiste nella cura e nella realizzazione di sé, ma che non può
realizzarsi senza gli altri, senza il confronto e il tentativo di comunione con gli altri: "mai senza
l’altro"!
Non ci può dunque essere vita "altra" senza questa vita interiore che procuri soggettività, capacità di
scelte e di assunzione di compiti. Solo chi si è esercitato a pensare e a custodire una ricca vita
interiore può sfuggire alla massificazione, alla cattura del consenso, all’omologazione regnante. E
può essere capace di generare pensieri che inoculano diastasi nel tessuto della società, diastasi che
sono sempre nello stesso tempo di edificazione e di resistenza, di contestazione e di rinnovamento.